
«Oggi la Svizzera ha perso un’occasione per imporre regole efficaci per la protezione dei diritti umani e dell’ambiente alle numerose grandi imprese internazionali che operano a partire dal nostro paese. Il Sì popolare è un risultato storico, ed è di fatto un appello al Consiglio federale e al Parlamento: le violazioni dei diritti umani commesse dalle multinazionali non devono più essere tollerate!»
Così commentava Dick Marty – politico e membro del direttivo “Coalizione per Multinazionali responsabili” – l’esito delle votazioni del 29 novembre 2020 quando il popolo svizzero fu chiamato a pronunciarsi sull’Iniziativa per multinazionali responsabili: il 50,7% dei votanti votò a favore dell’iniziativa, ma il testo non ottenne purtoppo l’approvazione della maggioranza dei Cantoni! L’Iniziativa popolare avrebbe obbligato le multinazionali con sede in Svizzera al rispetto dei diritti umani e delle norme ambientali anche nelle proprie operazioni all’estero.
Forti di detto risultato, i promotori non si persero d’animo e – costituita un’ampia coalizione di politici, ex-politici e rappresentanti di organizzazioni – rilanciarono l’iniziativa popolare, sostenuta per altro anche da alcune associazioni italiane in Svizzera, in particolare dalle Acli.
Svizzera, uno dei pochi Paesi senza una legge sulla responsabilità d’impresa
Il dibattito acceso e l’esito del voto della campagna elettorale nel 2020 indusse il Consiglio Federale a promettere passi avanti per adottare un metodo «armonizzato a livello internazionale» e per creare «pari condizioni» per le aziende in Svizzera e nell’UE.
Ma le promesse sono rimaste tali nonostante, nel frattempo, Paesi importanti come la Germania e la Norvegia abbiano introdotto leggi sulla responsabilità d’impresa e l’Unione Europea abbia adottato una impegnativa Direttiva nella primavera del 2024. La tabella riportata in seguito, che confronta la normativa Svizzera con quella dell’Unione europea, è illuminante più di tante parole al riguardo.
La nuova iniziativa, un segnale di grande forza
A fronte della “inattività” del Governo Federale, il 20 agosto 2022 il comitato promorore – sostenuto da una vasta alleanza di politici appartenenti a tutti i partiti politici, da imprese svizzere che operano correttamente e oltre 90 organizzazioni della società civile, hanno lanciato una petizione rivolta al Parlamento e al Consiglio federale per evitare che la Svizzera diventi presto l’unico Paese europeo senza responsabilità delle multinazionali. I promotori pensavano ad un segnale politico forte da inviare alla Confederazione, raccogliendo 100’000 firme in soli 100 giorni. Ma il risultato ha superato anche la più rosea previsione: l’impegno straordinario profuso da migliaia di volontari ha consentito di raccogliere 100 mila firme in soli 14 giorni e di depositare il 1° dicembre 2022, a Berna, ben 217’509 firme, un risultato clamoroso per la storia della democrazia diretta che vige in Svizzera.
Un successo stimolato anche dai fatti drammatici che vedono coinvolte multinaziomnali svizzere o con sede in Svizzera, che per mancanza di spazio possiamo riassumere con alcuni titoli: “Syngenta, la multinazionale agrochimica svizzera, commercializza caffè proveniente da aziende agricole con condizioni di lavoro simili alla schiavitù”; “Le multinazionali svizzere Allseas e Glencore minacciano i fondali marini”; “Pesanti violenze per espandere la miniera d’oro di North-Mara in Tanzania: l’oro finiva in una raffineria svizzera”.
Certamente i promotori che chiedono una legge sulla responsabilità d’impresa armonizzata a livello internazionale hanno ben presente l’importanza dell’economia svizzera, ma anche la dignità e i diritti delle popolazioni spesso inermi di fronte alle multinazionali e, non da ultimo, le condizioni di parità e concorrenzialità che devono essere garantite alla stragrande maggioranza delle aziende svizzere che operano correttamente.
Franco Narducci, Zurigo



