Il cibo, atto agricolo per eccellenza, sta per trasformarsi in atto dell’intelligenza artificiale, ottenuto in laboratorio e non più coltivato. Un cambiamento, iniziato a piccoli passi, che è già una vera e propria rivoluzione, con protagoniste una cinquantina di multinazionali e, visti gli ingenti investimenti in atto, la finanza nel suo insieme. Un mercato, quello degli alimenti alternativi, che già vale 800 miliardi di euro se si riesce a bloccare la zootecnia. Tutto, in pratica, nel segno del neoliberismo, il sistema che da oltre cinquant’anni depreda e distrugge a suo piacimento pur di accumulare denaro e ad esso rendere omaggio dopo averlo trasformato in un dio. Cioè non più un mezzo che anima gli scambi e, con essi, il mercato, ma un fine. Proprio un novello dio – assoluto, onnipresente e onnipotente, vorace, insaziabile – che si abbuffa di territorio, ingordo com’è delle risorse e dei valori che questo bene comune esprime. Appaga la sua bulimia creando, prima di tutto, una interruzione della continuità del passato con il presente per avere campo libero nelle scelte che aprono e preparano il domani. Non solo dell’umanità, ma della natura nel suo complesso, trasformando i disastri in affari enormi come le guerre, i cambiamenti climatici, le pandemie, la riduzione della biodiversità, la perdita – come sopra si diceva – della fertilità del suolo o la copertura e distruzione di questo bene fondamentale, che con la sua primaria attività, l’agricoltura, da sempre ci dona il cibo.
Basta porre un minimo di attenzione ai processi che hanno segnato la storia recente per rendersi conto della follia che anima un sistema totalmente privo del senso del limite e del finito, che, con le sue esagerate azioni contro la natura, sta portando il mondo nel baratro. Il fatto che si sta concentrando molto sul cibo fa pensare che vuole accentuare la sua azione di sperpero del territorio per dare spazio ad altre colate di cemento ed asfalto (vedi Pnrr), e non solo, a giganteschi generatori di energia, che sfruttano il vento, e, ultimamente, a distese, per migliaia di ettari, di pannelli solari a terra, che incamerano energia solare. Non solo, dopo il sostegno massiccio dell’Ue all’agricoltura industriale, ritiene una perdita di tempo e un’offesa al dio denaro preoccuparsi del suolo martoriato e della perdita della fertilità da parte della metà dei terreni coltivati. Una perdita di fertilità davvero notevole con il clima sempre più avvelenato.
C’è da credere a una follia lucida, quella di cancellare l’origine del cibo, il territorio, e di annullare l’agricoltura e le attività, come la zootecnia, ad essa collegate, per dare spazio a insetti e cavallette, coltivati o frutto dell’intelligenza artificiale, facendo appello alla necessità della sostenibilità. O, anche, al bisogno di assicurare alimenti a una popolazione mondiale che dagli attuali 8 miliardi di individui di oggi passerà, nel 2050, a dieci miliardi e, utilizzando la propaganda, proverà a convincere i più che un cibo coltivato in laboratorio o frutto dell’intelligenza artificiale risolve ogni problema. Una propaganda già avviata con i media e noti comunicatori che continuano a predicare il denaro.
Si sa dell’iniziativa dell’attuale Governo di presentazione di un disegno di legge che vieta la produzione e la commercializzazione della carne coltivata, indicata come “sintetica”. Se viene approvato non fa altro che rafforzare la propaganda. Una presa d’atto che non entra nel merito della questione, ossia la causa che ha portato alla sua stesura, ma serve solo a creare tifoserie, i pro e i contro che animano le due curve di uno stadio.
L’entrata in campo dell’intelligenza artificiale conferma un pensiero che occupa da tempo la mia mente: la fine dell’antropocene, l’epoca attuale, che segna l’essere umano dominante sul clima e l’ambiente, con le conseguenze di un aumento dei disastri naturali e una perdita di biodiversità; un utilizzo crescente delle sostanze chimiche; acidificazione delle acque; aumento del livello del mare e perdita di ghiacciai; aumento della popolazione e dell’urbanizzazione; consumo crescente di combustibili, e altro ancora. In pratica una massa enorme di effetti disastrosi percepiti dai più, con pochi, però, che hanno voglia di risalire alla causa, il sistema dominante. La fine dell’antropocene, dicevo, che, se non accade l’implosione del sistema, apre a una nuova epoca, quella dei robot padroni degli esseri umani, alla quale il genio di turno darà un nome.
Pasquale Di Lena