Mi piace pensare che “Molise” derivi dalla parola “Mola”, pietra per macinare, a rispecchiare la presenza numerosa di molini a pietra nella nostra piccola regione (quasi 300), situati vicino ai torrenti o ai fiumi di cui è ricca la nostra terra.
Fin da principio, sono state sempre due pietre a governare il processo di trasformazione dei cereali; la forma più antica di mulino consisteva di un “piatto” di roccia sul quale veni-va sparsa una manciata di chicchi di frumento, che venivano frantumati con un’altra pietra di forma tondeggiante, lavoro svolto quasi esclusivamente dalle donne.
Con l’evoluzione le pietre sono diventate due macine rotonde poste l’una sopra l’altra. Il chicco del cereale veniva versato attraverso un piccolo foro nella macina superiore e si faceva strada lateralmente, mentre veniva macinato fino a diventare farina, che veniva raccolta in una bacinella di argilla ed in seguito di legno.
Nella macinazione a pietra il passaggio fondamentale è legato allo sfregamento delle macine, che permette che il germe e gli oli in esso contenuti entrino a contatto con la parte amidacea del chicco di grano, conferendo alla farina una colorazione sul bianco avorio, con punteggiature sul beige scuro, garantendo profumi complessi e più gusto, conservando tutti gli elementi nutritivi presenti nella cariosside.
Ma come è fatto un chicco di grano?
1) La cuticola esterna serve a proteggere il chicco e costituisce il 14% dello stesso (contiene fibre, vitamine e composti fenolici);
2) L’endosperma, parte centrale, fornisce il nutrimento al germe e costituisce circa l’83% del chicco (contiene amido, proteine e piccole quantità di vitamina B);
3) Il germe costituisce il restante 3%, è ricco di grassi polinsaturi, vitamine del gruppo B e vitamina E, minerali e antiossidanti.
La macinazione a pietra è un metodo antico, lento (80 -100 giri al minuto) e semplice che permette di ottenere uno sfarinato in pochi passaggi. Infatti, in seguito ad una fase di pulitura, un unico passaggio nel molino permette di ottenere già una vera farina integrale, mentre un secondo passaggio di setacciamento (abburattamento) viene fatto se si vuole una farina come la tipo 2 e la tipo 1 caratterizzate da un minor contenuto in ceneri (e quindi in minerali) rispettivamente nel caso di farine di grano tenero.
Il metodo di macinazione a pietra risulta anche versatile, infatti permette di trasformare oltre, al frumento, differenti cereali, pseudocereali e legumi.
Le farine integrali, ottenute con molitura a pietra, sono caratterizzate soprattutto da qualità sensoriali quali profumi e sapori maggiori, e la farina che si otterrà al termine del pro-cesso di macinazione sarà caratterizzata da una granulometria non uniforme.
Pasta, pane e altri derivati cerealicoli sono alla base della nostra alimentazione per cui è importante assicurarci una massima qualità e varietà delle materie prime. Cambiare le abitudini alimentari può essere di grande aiuto per la nostra salute e per la sostenibilità ambientale. Tornare a mangiare come i nostri avi è indispensabile per portare “sostanza”, “salute” e “sapore” nei nostri piatti e non uniformarsi ai cibi industriali con sapori e gusti standardizzati, solo per inseguire nuovi stili di vita che tendono a risparmiare tempo e a non soffermarsi più sul ritmo invece stabilito da madre natura che, nella sua semplicità e nella sua benevolenza, ci ha regalato tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ed eccezionale è che in un piccolo chicco di grano sia racchiuso un mondo.
Oltre agli aspetti legati alla composizione dello sfarinato, i tradizionali mulini in pietra potrebbero avere altri vantaggi: minori impatti ambientali (grazie all’utilizzo di energia verde nel caso di quelli ad acqua); miglioramento del paesaggio e dell’attrattiva delle zone rurali; così come un potenziale vantaggio legato alla promozione della tradizione e dell’artigianato.
Il mugnaio Dionisio Cofelice