VANGELOSCOPIO

“LEVATE I VOSTRI OCCHI” (Gv 4, 35)

Perché i miracoli avvengano bisogna crederci e perciò avere gli occhi aperti. Nel Vangelo giovanneo lo sguardo è determinante per la fede e per le relazioni. Straordinario è vedere come Gesù stesso ci coinvolge tutte le volte nel suo sguardo: gli occhi sono il trono della Verità che lui stesso comunica alle persone che incontra e guarisce, come un filtro dell’amore che ci unifica alla Sua luce. Tramite gli occhi noi possiamo, infatti, trovarci immersi nel grande mistero del Verbo della vita, persino quando la nostra mente non riesce subito a comprendere sotto il velo delle sue perplessità o paure, come avveniva spesso anche per i discepoli.

Il vertice del camminare con Gesù è tutto in questo suo imperativo: “Levate i vostri occhi!” (Gv 4,35). Ciò che esso significa aprirsi allo sguardo del Maestro ed è un atto alla portata dei sognatori, degli innamorati, dei contemplativi, ossia di coloro che hanno l’animo sempre in piena, rapito, coinvolto da parte a parte nelle profondità dell’esistenza. Sono coloro che vivono tutto come un dono, come una promessa certa e sollevano i loro occhi alle altezze dello sguardo nuovo proposto da Gesù. Quello sguardo che benedice, che magnifica, che risana.

Uno sguardo puro e vibrante ha sempre la capacità di sprigionare l’armonia cosmica, quella d’origine, e mettere in scacco il diffondersi di ogni ombra errante, frammentata, statica, che nasce dalla cecità del cuore, dall’insipidezza degli egoismi più reconditi. Va precisato che nel Vangelo il guardare ha valore solo quando giunge ad essere un vero guardarsi. E va aggiunto che ogni sguardo d’amore è un ritorno all’immensità di Dio, alla sua passione per la creatura che ha creato. Lui, infatti, mentre ci guarda, ci salva! Il suo guardarci è sempre una carezza sulle nostre impotenze, sulle nostre intime ferite. Ed è quella carezza che ci sollecita a non arrenderci, a reimmergerci, filialmente, nella pace, ricordando che i nostri nomi sono scritti sulle sue mani. Mani di Padre!

Levare lo sguardo è un impegno pregnante ad essere attenti alla dilatazione del senso della vita, ai suoi spazi aperti come alle sue radici, come profeti autentici, che sanno varcare la porta del perché ed entrare nel mondo con la soavità di mille luminose ali. Ci incoraggia questa dinamica d’attrazione, perché è la stessa che intercorre tra il cielo e la terra.

Lo sguardo è come il fiammifero che serve a dare inizio alla fiamma.

Gesù ci rivela così l’invisibile: nel Suo volto sono svelate congiuntamente la Sua umanità e la Sua divinità. Non tiene per sé quello che è! Anzi, si mostra totalmente, ponendoci nel punto di contatto con ciò che è eterno, che non passa, che non sarà logorato dal tempo o dalle amarezze quotidiane. Ed è per questo ascendere che l’incontro con Lui diventa sempre missione verso i fratelli. Il Suo sguardo ci visita e ci mette in condizioni di amare, di non poter fare a meno di tradurre le speranze in abbracci.

Un racconto…Un giorno disse l’erba all’ombra di un olmo: “E stai ferma!…ti muovi troppo spesso…ora a destra e ora a sinistra, disturbando la mia quiete!”. E l’ombra rispose e disse: “Non sono io! Guarda verso il cielo…C’è un albero che si muove di continuo, tra il sole e la terra!”. E l’erba guardò per la prima volta in alto, e per la prima volta vide l’albero e disse in cuor suo: “Oh, guarda c’è un’erba più grande di me!”… E ammutolì.

Ylenia Fiorenza