ACCORGERSI Rubrica a cura della Scuola di Cultura e Formazione Socio-Politica “G.Toniolo”

“IL NOSTRO NON E’ UN DIO STATICO. E’ COLUI CHE SI PRESENTA IMPEGNATO NELLA STORIA DELL’UOMO”.

La profezia tagliente di p.Ernesto Balducci, a cent’anni dalla nascita.

Oggi, solo chi cerca l’impossibile può produrre ciò che è possibile” . Sono le parole di p.Ernesto Balducci. Una figura straordinaria ed inquieta, come tutti i profeti. P.Ernesto nacque nella provincia di Grosseto, il 6 agosto 1922, primogenito di quattro figli. Proprio quest’anno che si commemora il centenario della sua nascita e il trentesimo dalla sua morte siamo ancor più desiderosi di addentrarci nell’eredità spirituale dei suoi insegnamenti. Balducci non diceva agli uomini del suo tempo come bisognava comportarsi. Troppo facile e troppo riduttivo per la missione di un vero discepolo di Cristo! Balducci offriva loro, piuttosto, una visione avvincente della vita, del mondo, di Dio stesso, diffondendo con forza questo suo principio: “Non voglio che si diffonda il cristianesimo che io conosco. Voglio che si diffonda il Vangelo che io medito, che è un’altra cosa”. Entrato da adolescente nel collegio degli Scolopi, chiamato «Speranzinato», venne ordinato il 26 agosto del 1945.

Le pagine scritte da p.Ernesto si possono comprendere solo se ascoltate con la sete più profonda dell’anima, perché in esse riversava la spinta verso una “nuova cristianità”. Più volte, senza paure né ambiguità, fece presente, infatti, alla coscienza cattolica il rischio di “rimanere arroccata nella difesa di un mondo ormai inverosimile”, quasi tagliandosi fuori dalla storia viva, conservando ossessivamente “il dominio estrinseco del sacro su ogni altro valore”, senza cioè sensibilità storica  e senza sensibilità mistica. Queste sue posizioni e le rivoluzionarie aperture gli costarono l’esilio, l’allontanamento, come accadde a p. Giovanni Vannucci, al confratello p. David Turoldo, a don primo Mazzolari, a don Lorenzo Milani…ai grandi testimoni cattolici del secondo Novecento.

Per Balducci la visione cristiana della cose doveva curarsi di mantenere viva la povertà di spirito, che consiste nel custodire le cose entro il raggio dell’intenzione che le ha poste e che le sostiene nell’esistenza. Appena laureato a Firenze, p.Ernesto fondò un circolo Umanistico Cristiano e successivamente la famosa rivista Testimonianze. Si appassionò dell’amore per la Politica e della singolarità di Giorgio La Pira, per il quale “Tutti gli uomini erano collaboratori di Dio”. Balducci, ispirato dal sindaco santo, scriverà che la Politica non è cristiana, se non quando raggiunge effettivamente il fine che le è proprio, il bene comune”. Accanto ad una buona Politica, Balducci motivava ad una fede immersa, non nel festival delle illusioni spirituali, ma piuttosto nelle tribolazioni del comune cammino della vita, perché “la fede non è un tranquillante della coscienza”. E qui occorre leggere con estrema attenzione questo passaggio che riguarda la Chiesa, il suo essere insieme “roccia e nave”. Due immagini che Balducci usava per ribadire che, essendo in un’epoca di trasformazioni, dove tutto muta ed è accelerato, la Chiesa non può ritirare la sua barca e starsene tranquilla nella sua immutabilità, estranea alle lacerazioni e contraddizioni dell’Umanità. La singolarità della Chiesa è il suo essere ancorata alla Parola di Dio ed è questa la sua potenza interna che la sollecita ad alzare le vele, a mettersi in viaggio, a mobilitarsi, perché trova nelle promesse della Parola la forza di andare e di non temere. “Oggi viviamo in un momento in cui si è alzata la nuvola dall’accampamento: e c’è chi non si vuole muovere perché ha scambiato l’immobilità per fede! Oggi, però, questa immobilità è segno di mancanza di amore e di solidarietà. Noi non viaggiamo per noi! Ma viaggiamo come popolo di Dio. (…) La fede è volontà di cammino, di uscire insieme dal deserto, in nome delle promesse di Dio che sono le speranze umane di liberazione. (…) Non possiamo come popolo di Dio stare fermi in un mondo che invece cammina! (…)E’ drammatico inserirsi in questa dinamica, specie per coloro che non si accorgono che la nuvola si è alzata, ma dobbiamo svegliarli, anche rischiando di essere presi a sassate. Perché niente è più duro che esortare l’uomo tranquillo a lasciare il suo ordine sacralizzato. (…) Dobbiamo combattere, con carità e fermezza, l’istinto dell’immobilità, perché esso è contro la fede anche se si ammanta di tutti gli addobbi della fede”. E allora non ci resta che camminare!

Ylenia Fiorenza