Vangeloscopio

GUAI A VOI CHE AVETE PORTATO VIA LA CHIAVE DELLA CONOSCENZA (LC 11,52)

La testimonianza d’amore nel mondo è il dono di Dio riuscito, prima ancora che nel mondo, nella propria vita. Ma come capire se dentro di noi c’è questa prospettiva di vita orientata alla semplicità delle nostre origini? Lo assimiliamo quando lasciamo scorrere per i rivoli della terra l’unica vera rivendicazione: quella di essere figli di Dio. Quando la smettiamo di vivere di quelle ruberie che chiamiamo surrogati di senso: come la febbre da protagonismo, l’irrigidimento, le superficialità, le ambiguità, le improvvisazioni e soprattutto le divisioni interne che interrompono il respiro della Chiesa nella storia.

Dobbiamo tornare a misurarci con la gratuità e la fedeltà che sono gli impegni perenni di Dio con noi. In essi è schiusa la conoscenza, terreno buono dal quale germoglia la capacità di accedere alla verità delle cose. Non facciamoci imbrigliare nelle maglie dell’ignoranza pericolosa che ostruisce spesso l’ingresso sulla pace di Dio. Gesù smaschera quanti si ergono a gestori del cielo e ci dice di stare lontani da coloro che creano il proprio dio per poterne disporre a piacimento: “Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” (Lc 11,52).

Il verbo entrare è usato nel Vangelo quando c’è l’uomo come soggetto, protagonista della sua libertà. La cosa più interessante è arrivare a comprendere che Gesù si identifica come “la porta delle pecore”, che è possibile cioè entrare nel regno dei cieli solo tramite Lui, attraversandolo. Entrare è perciò il verbo della conoscenza. Accedere è sapere. E sapere è incontrare chi sta al di là della soglia. Conoscere è perciò entrare in rapporto con Dio. Quante volte, apprendendo, intendendo ci sembra di sfiorare il cielo, i suoi segreti. La conoscenza conduce alle profondità della realtà conosciuta. Dio vuole essere “afferrato”, conosciuto perché gustato.

Il verbo ginosko sta per « comprendere, venire a conoscenza, capire, rendersi conto, imparare, osservare, accorgersi, decidere », ma ancor di più significa « riconoscere ». Lo adopera sempre Gesù quando dice: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete» (Mt 7,15-20).

Portare via la chiave della conoscenza è privare se stessi e gli altri del lume della Verità. Quando si ostacola l’ingresso nel cuore di Dio, i finti esperti della Legge gravano sugli altri pesi enormi, dolorosi da portare, con le loro oscure interpretazioni delle Sacre Scritture. Si tratta di una categoria pericolosa, di quello stesso gruppetto di depositari che, invece di favorire il passo verso Dio, lo hanno intralciato, scoraggiato, deviato. Sono coloro che induriscono talmente il cuore da porlo come macigno sull’entrata dell’Amore, perché si credono superiori a Cristo stesso.

A completare la riflessione è questo racconto:

Un giovane si presentò a un sacerdote e gli disse: “Cerco Dio”.

Il reverendo gli propinò un sermone. Concluso il sermone, il giovane se ne andò triste in cerca del vescovo. “Cerco Dio”.

Monsignore gli lesse una sua lettera pastorale.

Terminata la lettura, il giovane, sempre più triste, si recò dal papa. “Cerco Dio”.

Sua santità cominciò a riassumergli la sua ultima enciclica, ma il giovane scoppiò in singhiozzi.

“Perché piangi?”, gli chiese il papa del tutto sconcertato.

“Cerco Dio e mi offrono parole.”

Quella notte il sacerdote, il vescovo e il papa fecero un medesimo sogno. Sognarono che morivano di sete e che qualcuno cercava di dar loro sollievo con un lungo discorso sull’acqua”.

Ylenia Fiorenza