IL ROSARIO: CATENA DOLCE CHE CI UNISCE A DIO

Due sono i mesi dell’anno consacrati alla Madonna: maggio, il mese dei fiori e della gioia, e ottobre il mese della semina e dei raccolti. In questi due mesi, la Madonna ci ricorda l’importanza della preghiera, ci offre il suo Rosario affinché possiamo recitare le preghiere più belle. La preghiera è dialogo con Dio, che ci permette di esprimere i desideri più nascosti, le richieste e le implorazioni più ardue. Il Rosario è la preghiera che ci ammette alla scuola di Maria, Madre attenta, premurosa e Maestra di vita. Lei ci tiene per mano e ci fa amare la vita del suo figlio Gesù. Alle nuove generazioni esso si presenta, a volte, come una preghiera ripetitiva e noiosa, ma in ogni Ave Maria è come se offrissimo alla Madonna delle rose, parliamo a Maria come se parlassimo alla nostra mamma, senza stancarci mai!

Nascita del Santo Rosario

Il Rosario è definito da un documento pontificio un pio esercizio che «consiste nel lodare la Beatissima Vergine ripetendo il saluto angelico, per centocinquanta volte, quanti sono i salmi del salterio di David, interponendo a ogni decina la preghiera del Signore, con meditazioni illustranti l’intera vita del Signore». (PIO V, Bolla Consueverunt romani Pontifices, 17/09/1569). La nascita della sua devozione è fissata tra il XII e il XVI secolo. Intorno al XII secolo, si diffuse la consuetudine di recitare centocinquanta Ave Maria, alternandole con un Pater ogni dieci, in riferimento ai centocinquanta salmi del salterio, da qui l’usanza di pregare il «salterio della Vergine» (Cfr Dizionario di Mariologia, voce «Rosario»). La preghiera dell’Ave Maria era già conosciuta nel VII secolo, quando costituiva – almeno nella parte iniziale – l’antifona offertoriale della quarta domenica d’Avvento. Nel XV secolo, la salutazione sarà completata con la parte finale (Sancta Maria), e si fisserà nella forma che conosciamo oggi. Proprio in questo periodo si diffuse la tradizione che riteneva San Domenico l’istitutore della preghiera del Rosario. Questa leggenda non può essere considerata totalmente un falso storico, perché – anche se il salterio della Vergine esisteva già – la preghiera del Rosario fu utilizzata molto nell’attività evangelizzatrice di San Domenico, come testimoniano anche le numerose confraternite mariane fondate dal domenicano San Pietro da Verona. Nel 1569, dopo che il domenicano Alberto da Castello individuò i quindici Misteri della vita di Cristo e della Vergine da meditare con il Rosario, san Pio V, con la bolla Consueverunt romani Pontifices, regolamentò la forma del Rosario come la conosciamo oggi. Nel 2002, san Giovanni Paolo II, con la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, integrò il numero dei Misteri con altri cinque momenti della vita di Cristo (GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, 16/10/2002, n. 19).

Struttura del Rosario

Da un punto di vista teologico-spirituale, la preghiera del Rosario si presenta come una preghiera fortemente evangelica, permeata dalla Sacra Scrittura. I venti Misteri sono quasi tutti desunti da quest’ultima: i Misteri della gioia richiamano le prime pagine dei vangeli di Matteo e Luca, dove gli evangelisti narrano il concepimento, la nascita e l’infanzia di Gesù; i Misteri della luce richiamano molti eventi centrali della vita pubblica di Gesù, come riportati dagli evangelisti; i Misteri del dolore richiamano alla mente i quattro racconti della Passione; infine i Misteri della gloria, segnano due importanti dogmi della fede, l’Assunzione di Maria e la Gloria dei Beati. Si vede, quindi, come la preghiera del Rosario sia una preghiera fortemente evangelica. A buon diritto, San Giovanni Paolo II affermava che attraverso Rosario, la Parola di Dio arriva direttamente al cuore dell’uomo: «Accolta così, essa entra nella metodologia di ripetizione del Rosario senza suscitare la noia che sarebbe causata dal semplice richiamo di un’informazione ormai ben acquisita. Non si tratta di riportare alla memoria un’informazione, ma di lasciar ‘parlare’ Dio. In qualche occasione solenne e comunitaria, questa parola può essere opportunamente illustrata da qualche breve commento» (GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, 16/10/2002, n. 30). Il Rosario, dunque, costituisce quella forma di vera devozione, che secondo il Concilio Vaticano II, deve procedere e condurre alla Liturgia della Chiesa. Il Rosario, infatti, richiamandosi alla Scrittura e in particolare ai Vangeli, si presenta come una preghiera fortemente incentrata sul mistero di Cristo, incarnato, morto e risorto. Paolo VI osservava che: «Preghiera evangelica, incentrata nel mistero dell’incarnazione redentrice, il Rosario è, dunque, preghiera di orientamento nettamente cristologico. Infatti, il suo elemento caratteristico – la ripetizione litanica del «Rallegrati, Maria» – diviene lode a Cristo, termine ultimo dell’annuncio dell’Angelo e del saluto della madre del Battista: «Benedetto il frutto del tuo seno» (Lc 1,42). In più, la ripetizione dell’Ave Maria costituisce l’ordito, sul quale si sviluppa la contemplazione dei Misteri: il Gesù che ogni Ave Maria richiama, è quello stesso che la successione dei misteri propone come Figlio di Dio e della Vergine» (PAOLO VI, Esortazione apostolica Marialis cultus, 02/02/1974, n. 46). La Chiesa ha accolto il Rosario come forma di devozione e di pietà, tanto che «i Sommi Pontefici hanno esortato ripetutamente i fedeli alla recita frequente del santo Rosario, preghiera di impronta biblica. Numerose sono le testimonianze dei pastori e di uomini di santa vita sul valore e sull’efficacia di tale preghiera» (CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Orientamenti e proposte per la celebrazione dell’Anno mariano).

Significato attuale del Rosario

Il Rosario si presenta come una preghiera attuale, perché con il suo forte tenore biblico, unito alla semplicità della preghiera litanica, è un utile mezzo per permettere una maggiore diffusione della Parola di Dio tra il popolo, che spesso non incontra la Scrittura nella vita. Una eloquente testimonianza su questa straordinaria preghiera è quella di San Giovanni XXIII, chiamato da tutti il papa buono. Egli parlava del Rosario come di una preghiera imparata in famiglia (lui proveniva da una famiglia povera); affermava che la giornata si concludeva con la recita del Rosario, guidato dal papà nonostante la stanchezza del lavoro. Oggi, nelle nostre famiglie, la giornata si conclude con i cellulari tra le mani, oppure senza dialogo tra genitori e figli. Questo provoca tanta amarezza, tristezza e forse nostalgia del passato. Impegniamoci a recitare e a promuovere il Rosario non solo in ottobre, ma ogni giorno che il Signore ci dona.

Don Stefano Fracassi