Mons. Bregantini: Con lo sguardo al cielo

In Cristo, vincitore del peccato e della morte, l’universo intero risorge e si rinnova e l’uomo ritorna alle sorgenti della vita”.  E’ nella forza espressiva dei prefazi pasquali, che vivo con gioia  intensa il mistero bellissimo della ASCENSIONE DI GESU’ AL CIELO. E di questa forza espressiva vorrei  parlarvi, nell’Editoriale del mese di maggio. Sento che è una festa ancora poco sottolineata, perché forse poco compresa. Sembra un’appendice sbiadita della Pasqua. Ed invece ne è la pienezza, che si completerà con la meraviglia della Pentecoste.

Dai, buttati giu….!

“Dai, buttati giù dal cornicione del tempio, fai vedere chi sei, davanti a tutta la folla osannante che ti guarda ed allora crederà in te…”.  Questa la terribile insidia del diavolo, nelle tre grandi tentazioni iniziali di Gesù. E mentre soffre sul legno della croce, si sente rivolgere l’ironica beffa: “Quelli che passavano di là, lo insultavano scuotendo il capo e dicevano: Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce e ti crederemo….!”. (Matteo, 27,42).  L’insidia era chiarissima: Scendere per dominare. Scendere per conquistare. Nell’Ascensione invece il verbo è l’opposto: ascendere, cioè portare in alto, salire, crescere e far crescere!. E’ uno schiaffo diretto al diavolo tentatore, che insidia anche noi, oggi, in tempo di pandemia: “accontentati, basta così, non occorre poi impegnarsi tanto, ci sono solo quattro gatti a messa!. “. L’ascendere è così la risposta coraggiosa alla logica minimalista di chi abbassa gli ideali, di chi si accontenta del 6+, vive del minimo, per essere poi considerato “minimo nel Regno dei cieli!”.

Ascendere non scendere!

Cristo invece punta sempre in alto, supera i confini, non per staccarsi da noi, ma per portare anche noi in alto, in una nuova logica dai vasti confini, con nuove prospettive di speranza. Oltre la terra, con lo sguardo fisso al cielo. Lui, ci trascina al cielo, ci porta in alto. La gente e i suoi nemici volevano che, scendendo da cielo, conquistasse il mondo. Cristo invece conquista il cielo, per portare in cielo il mondo.  Non per dominarlo, ma per trasformarlo. Ed anche gli inferi, da lui visitati, sono svuotati in questa festa; tutti sono portati in cielo, con lui, il vincitore della morte, per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa sua gloria.

La festa dell’Ascensione è allora quel tornare a casa, dove siamo amati, attesi, abbracciati. La casa dove anche il nostro corpo si trasfigura. Dove le cose assumono un’altra dimensione. Non siamo più orfani, figli di quell’orfanezza che papa Francesco ha ben delineato, nella sua lettera Christus vivit (216 -217), ma facciamo casa per fare famiglia, per imparare a sentirsi uniti gli uni agli altri, al di là dei vincoli parentali o utilitaristici. L’ascensione è creare casa, in un mondo in cui, soprattutto per la pandemia, i nostri ragazzi si sentono figli del fallimento, dei distanziamenti, dove i sogni si sono infranti e bruciati sul rogo dell’ingiustizia e del “si salvi chi può”. Perché se i giovani crescono in un mondo di ceneri, di misure rassegnate, non sarà facile per loro sognare un mondo diverso, di militanza, con i grandi progetti nel volontariato. Cresciuti in un deserto vuoto di  significato, come potranno aver voglia di sacrificarsi, per seminare? Proprio qui allora ci viene incontro la bellezza di questa  festa. E’ permettere che la profezia prenda corpo. E’ rendere le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti e anonimi. E’ creare legami, costruiti con gesti semplici, con la  voglia di ricominciare, ogni giorno, proprio guardando a lui, il Risorto, che in cielo ci attrae, per trascinarci tutti in alto!

Le spinte al ribasso, che frenano il nostro Ascendere

Certo, in questo momento storico, come registra anche questo numero di Intravedere, ci sono spinte al ribasso e spinte in alto. Iniziamo da quelle che frenano il volo.

  • Lo strazio nel vedere i continui bombardamenti su Gaza in risposta agli infinti razzi su Israele, che ci pongono la terribile domanda: ma non basta la pandemia? Non ci ha insegnato nulla? Possibile che si faccia una guerra fratricida proprio in questo momento di dolore universale?
  • Il sottile nervosismo, che accompagna tante nostre relazioni interpersonali e che ci rende tutti molto scattanti, dai toni duri, senza aver tempo per ascoltare l’altro. Basta un nulla per accendere i toni! Come è avvenuto recentemente in città….!
  • In fondo la voglia di mettere tra parentesi la stessa pandemia, senza farne tesoro di vita, personale e sociale, come ci esorta a fare Papa Francesco: “Velocemente dimentichiamo la lezione della storia, maestra di vita. Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Che non sia l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare. Che un così grande dolore non sia inutile (T. 38).
  • L’uso vasto di droga e di alcol, specie nei piccoli paesi, con i Bar affollati. Occorre perciò più che, anche guardando a questa festa, le nostre parrocchie diano vita ad eventi nel settore dell’arte e della cultura, come concerti, cineforum, dialoghi, dibattiti, presentazione di libri. Cioè, tutte quelle esperienze che il covid ha bloccato, perché non avvenga che i bar risultino l’unico spazio di socializzazione!
  • E sullo sfondo, lasciatecelo dire, vi è la triste ragnatela, che si sta creando attorno al decreto Zan, sulla omofobia. Troppo dibattito polemico, che genera una enorme confusione valoriale, con amara lacerazione sociale!

Nuove speranze per volare alto.

  • Ma vi sono anche una tanti fatti che ci aiutano a levare lo sguardo in alto. A cominciare dal coraggio del giudice Rosario Livatino, dalla sua storia eroica di vita, riscoperta in occasione della sua beatificazione. E’ un esempio altissima, nel volgere lo sguardo al cielo. Risuonano per tutti le sue parole, scritte sulla sua agenda: Non basta essere credenti, occorre essere credibili! Da questa fede evangelica, imparata in famiglia e praticata nell’Azione Cattolica, deriva la sua testimonianza di giudice, che ha saputo trovare modi innovativi nel combattere la mafia, senza mai abbassare la guardia.
  • La casa di riposo di Bojano, su nostro invito, ha redatto un fascicolo utile, per descrivere con quali risorse ha saputo affrontare la pandemia. Come ha saputo tenere i fili relazionali di ottimismo, tra i parenti dei nostri nonnini. Che bello, se ogni parrocchia potesse narrare la sua storia, in tempo di covid! Che meraviglia se potessimo raccogliere le nostre storie in un bel volume, per cogliere la lezioni di vita che ci ha lasciato la pandemia!
  • Il comune di Bojano, su mandato del Sindaco prof. Ruscetta, anche in occasione della conferenza sulla Natalità, ha piantato, lungo la via Amatuzio, la via principale della cittadina, 56 alberelli, quanti cioè sono i nati dell’anno 2020, ciascuno con il suo ben nome di bimbo. E la famiglia è già all’opera per rendere più sicura la pianticella!
  • Come pure ci fa immenso piacere sentire che la nostra regione Molise finalmente ha un primato positivo: è la prima ad aver vaccinato, in proporzione, il numero più alto di popolazione. Ne siamo onorati e grati. Del resto, come si vedrà nella quarta di copertina, anch’io come Vescovo ho potuto avere questo dono, sia nella prima come nella seconda dose, con mia grande riconoscenza e ammirazione, per la delicatezza e la rapidità attuata.

Concludo con un testo bellissimo, in sintonia con la festa dell’Ascensione, dettato da papa Francesco: la speranza è audace, sa guardare oltre la comodità personale, le piccole sicurezze e compensazioni che restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali, che rendono la vita più bella e dignitosa. Camminiamo nella speranza! ( F.T. 55). Buona lettura del nostro bel numero di maggio.                                                                                         

+ p. GianCarlo, Direttore