CONVEGNO INTERNAZIONALE INTERUNIVERSITARIO

“DONNE NELLA CHIESA ARTEFICI DELL’UMANO”

Nei giorni 7 e 8 marzo si è tenuto a Roma il Convegno Internazionale dal titolo «Donne nella Chiesa: artefici dell’umano» svoltosi nella Pontificia Università della Santa Croce. Organizzato con la collaborazione di vari Atenei cattolici di Roma ha voluto presentare un messaggio forte proveniente da dieci donne sante che  hanno saputo incarnare nella loro vita spesso travagliata, il dialogo, il perdono, l’intraprendenza per una dedizione senza risparmio agli ultimi, mettendo al centro del loro impegno quello sociale intriso di un’intensa vita interiore dalla quale è scaturita tutta la loro passione e l’ amore per gli altri. Il Santo Padre ha rivolto parole di apertura al Convegno mettendo in risalto l’importanza della donna all’interno della Chiesa:

«Il nostro è un tempo lacerato dall’odio, in cui l’umanità, bisognosa di sentirsi amata, è invece spesso sfregiata dalla violenza, dalla guerra e da ideologie che affogano i sentimenti più belli del cuore … in questo contesto, il contributo femminile è più che mai indispensabile: la donna, infatti, sa unire con la tenerezza. Santa Teresa di Gesù Bambino diceva di voler essere, nella Chiesa, l’amore. E aveva ragione: la donna infatti, con la sua capacità unica di compassione, con la sua intuitività e con la sua connaturale propensione a “prendersi cura”, sa in modo eminente essere, per la società, “intelligenza e cuore che ama e che unisce”, mettendo amore dove non c’è amore, umanità dove l’essere umano fatica a ritrovare se stesso…» Le donne che sono state oggetto di studio e di approfondimento del convegno sono state l’ex schiava sudanese Giuseppina Bakhita, Magdeleine di Gesù, Elizabeth Ann Seton, Maria MacKillop, Laura Montoya, l’indiana del Nord-America Kateri Tekakwitha, Teresa di Calcutta, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès, Maria Beltrame Quattrocchi (beata insieme al marito Luigi), Daphrose Mukasanga e come il Papa dice «coloro che hanno sostenuto e trasformato famiglie e comunità con la forza della loro testimonianza. La Chiesa ha bisogno di questo, perché la Chiesa è donna, figlia, sposa e madre»

E ha messo in risalto come il portare ai giovani “testimonianze di santità, specialmente al femminile, incoraggi ad elevare lo sguardo, a dilatare l’orizzonte dei sogni e del modo di pensare e a disporsi a seguire alti ideali. La santità può così diventare come una linea educativa trasversale in tutto l’approccio al sapere”.

In luce solo alcune delle sante in oggetto presentate in vari panel. Nel primo, dal titolo “Dignità dialogo e pace”, si è voluto sottolineare come le donne sono artefici e artigiane di umanità. Attraverso loro si genera, si nutre e si coltiva l’essenza dell’umano innanzitutto promuovendo la pace. Vengono riassunti i momenti più significativi della vita delle varie sante. La sudanese suor Giuseppina Bakhita (1869-1947) che pur sperimentando un’umanità ferita è stata poi trasfigurata per essere Vangelo vivo scoprendo l’umanità attraverso la disumanità. Rapita a soli 7 anni e rinchiusa al buio in uno sgabuzzino di attrezzi nel Sudan fu in seguito liberata per essere venduta. Con un’esperienza intima con Dio che sentiva nel suo cuore sin da bambina è riuscita a distinguere subito l’umano dal disumano. Nelle scene tragiche davanti ai suoi occhi si aprì davanti a lei un mondo di compassione. Pur vivendo un’esperienza di terribile sofferenza con torture fisiche e schiavitù ha incarnato il perdono: tocco di grazia che ti cambia la vita. E proprio il perdono è stato il segreto per vivere le Beatitudini in modo realistico, consapevole della preziosità della sua vita e del dono del prezioso incontro che aveva ricevuto con il Signore. La scoperta di vivere per il cielo le ha fatto capire che proprio il perdono dava senso a tanto dolore per riaccendere la speranza di tempi migliori. Aveva scoperto che la voce del cuore che la guidava, la guidava al bene e quando quindi la assecondava si sentiva contenta. Altro aspetto quindi importante della sua esperienza è stato l’ascolto. Lei sapeva ascoltare chi a lei si rivolgeva per confidarle preoccupazioni. Sapeva ascoltare Dio attraverso la Sua Parola: ascolto di preghiera e di annuncio e di riparazione quando pregava per il Papa e i sacerdoti. Una donna di dialogo quindi che ci sprona a “risorgere” confermandoci che la vita non è solo fatta di carne e materialità ma è fatta per la fede. Persona umile che non ha sfoggiato cultura, né grandezza ma che ha donato speranza. È stata “linfa silenziosa” per la chiesa. Seconda figura di riferimento, la Piccola Sorella Magdeleine di Gesù di nazionalità francese (1898-1989). Fin da piccola mostra un’attrazione verso i poveri e i disprezzati sperimentando la differenza tra classi sociali. La sua vita è segnata dalla prima guerra mondiale dove perderà due fratelli. Si ammala di tubercolosi ed è costretta a trasferirsi in un ambiente caldo, nel Sahara a sud di Algeri e lì fonderà la fraternità delle piccole sorelle di Gesù affascinata dalla vita di Charles de Foucault. La prima comunità nascerà tra i nomadi e qui stringe amicizia con i musulmani perché non accettava nessun tipo di divisione. Riuscì a riconoscere la diversità come ricchezza costruendo rapporti di pace e unità con tutti, andando contro la mentalità del suo tempo per aprire nuovi sentieri a servizio del Vangelo. Le sue parole sono il suo testamento: “Sarò felice soltanto quando avrò trovato sulla superficie della terra la tribù più incompresa, l’uomo più povero per dirgli: il Signore è tuo fratello e ti ha innalzato a lui e io vengo a te perché tu accetti di essere mio fratello e mio amico». Il suo forte messaggio di speranza quindi è riconoscere la dignità di ognuno nel mondo mettendo in risalto l’importanza di ciascuno e la possibilità di andare verso l’altro “disarmati” per essere insieme costruttori di pace. In un secondo panel si è messa in luce la carità attraverso l’educazione. In riferimento si prendono in esame la vita di suor Elizabeth Ann Seton e santa Maria Mackillop. Entrambe si dedicheranno alla educazione dei fanciulli più disagiati ai quali nessuno avrebbe dato un’educazione. La prima, Elizabeth, dopo un’infanzia vissuta nella solitudine a causa della perdita della madre si sposa e diventa mamma di 5 figli. Frequenta nella giovinezza una chiesa evangelica e si dedica al servizio dei poveri che vede intorno a lei. Si trasferisce in Italia e si avvicina alla fede cattolica per aderirvi in seguito. Rimane vedova e povera e comincerà, per sostenersi, a dedicarsi all’educazione dando lezioni private nella sua casa. A lei si uniscono altre donne e nel 1813 fonda le Suore della carità di San Giuseppe il cui scopo era l’istruzione dei bambini indigenti. Insegna alle sue suore il rispetto per le differenze tra i bambini, le prepara all’insegnamento per tutti i bambini senza distinzioni in un’epoca in cui l’istruzione era riservata ai ricchi. Rifuggiva da qualsiasi forma di pregiudizio, puntando all’inclusione e ad una formazione integrale della persona. Santa Maria  Mackillop, australiana, canonizzata da Papa Francesco nel 2010  è  pervasa anche lei dallo zelo per l’educazione e diventa istitutrice fin da giovane con il desiderio di consacrarsi intanto a Gesù. Il suo sogno era offrire l’istruzione cattolica nella sua diocesi, soprattutto a coloro che altrimenti non ne avrebbero avuta nessuna. Fonda le Sorelle di san Giuseppe del Sacro Cuore con l’obiettivo di offrire l’istruzione a bambini i cui genitori si trovavano a vivere in circostanze umili e costruisce con le consorelle una prima scuola a cui seguiranno altre. In esse si praticherà l’istruzione gratuita fidandosi solo della Divina Provvidenza. Viene poco compresa nel suo operato ma dimostra equilibrio tra docilità e forza, tra obbedienza alla Chiesa e fedeltà alla regola della sua congregazione. In definitiva lo scopo del Convegno è stato il mostrare al mondo la bellezza di sante donne che hanno saputo dire tanto nel loro tempo e ancora oggi sembrano parlarci, mettendo in luce la grande eredità spirituale e pastorale che ci hanno lasciato nel corso della storia e che ancora oggi vive. Se Papa Francesco allora ci invita a vivere un processo di conversione sinodale, l’esempio di sante donne diventa attuale per spronarci ad essere testimoni sempre più credibili dell’amore di Dio per il mondo e per l’umanità. Se rivitalizziamo gli aspetti dell’essere donne di Dio impegnate per i bisogni degli altri e affrontiamo il futuro con un grande senso ecclesiale possiamo a pieno titolo partecipare alla missione della chiesa: portare a tutti la salvezza di Gesù Cristo con quella tenerezza di cui il mondo ha bisogno.

È Gesù che ha rivalutato nel suo tempo la donna apportando quindi un grande valore aggiunto alla chiesa di ieri e di oggi che non si può affatto negare.

Carmela Venditti