La protezione va esercitata con tenerezza

PADRE, PIÙ FACILE A DIRSI CHE A FARSI

Padre vuol dire soffrire. Infatti deriva dal verbo latino pati, che vuol dire appunto soffrire. Questo diceva mia mamma, profondamente scossa dalla perdita in giovanissima età del suo amato genitore. In realtà le cose stanno diversamente. La parola padre si articola a partire dalla radice sanscrita -pa che vuol dire nutrire, proteggere, concetti questi che si associano inevitabilmente a un ruolo di guida. Nelle Sacre Scritture troviamo esempi illuminanti e dolcissimi di come vada svolto questo ruolo.

Nel libro della Genesi Dio, nell’indicare Abramo quale padre di tutte le genti, affida a lui come primo compito quello di far camminare i suoi figli e la sua famiglia sulla via della giustizia e del diritto.

E Abramo, nella sua prima richiesta di intercessione, chiede a Dio di non distruggere Gomorra, se dovesse trovarvisi almeno un uomo giusto. La prima richiesta di Abramo è quella di perdono e compassione. Compassione e autorevolezza accompagnano spesso il ruolo paterno nelle Sacre Scritture. Nel libro dei Proverbi leggiamo che il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio in cui si compiace.

Nella lettera agli Efesini San Paolo esorta i padri a non provocare l’ira dei figli, ma ad allevarli nell’educazione e nell’ammonimento del Signore. Nella lettera ai Colossesi i padri vengono incitati a non provocare o inibire i figli, affinché non si scoraggino. Nella prima lettera ai Corinzi stigmatizza il comportamento dei suoi fratelli non per farli vergognare, ma per ammonirli come figli carissimi.

Nel Suo Vangelo, S. Matteo ci ricorda che non esiste Padre che dia una pietra al figlio che gli chiede pane.

Il Padre guida, protegge e nutre la famiglia a lui affidata.

Nel fare ciò deve innanzitutto essere inflessibile nei suoi principi. Non si può guidare niente e nessuno se non si ha una chiara direzione verso cui dirigersi. La protezione va esercitata con tenerezza. La punizione è seconda all’esortazione, che è la prima via da seguire. L’esortazione richiede pazienza, tenacia e saldezza nell’esempio.

Nutrire vuol dire non risparmiare neanche un briciolo di energia per fare quanto possibile al fine di garantire a chi ci è affidato ciò di cui veramente necessita, non soltanto per il sostentamento materiale, ma soprattutto per vivere in serenità e armonia.

Tutto semplice dunque. A dirsi. A farsi, in realtà, molto meno.

La rinuncia potrebbe avere come prezzo da pagare non il nostro fallimento, ma lo smarrimento dei nostri cari. Cui prodest?

Silverio Di Girolamo