EDITORIALE

LA LETTERA SILENZIOSA

San Pietro liberato dal carcere Ribera Jusepe De’ detto Spagnoletto (Jàtiva 1591 – Napoli 1652)

 

È veramente “grande” questo nostro Papa Francesco, anche e soprattutto nella malattia. Ci insegna veramente la “sapienza del cuore”, quella sapienza che ci ha dettato con pienezza nella stupenda sua Enciclica Dilexit nos, il suo capolavoro teologico e pastorale, compimento del suo insegnamento sociale, che regge la Laudato Si e sostiene la Fratelli tutti. È in un certo senso l’anello di congiunzione, perché entrambi i documenti in essa trovano l’autentica loro luce, in una paroletta centrale: il cuore.

E con il cuore, papa Francesco parla e dice cose vere, anche dall’ospedale Gemelli.

Parla di un Padre che rilegge con orrore il dramma della guerra, tra fratelli, perché dal letto di un ospedale la guerra appare ancor più “un fallimento dell’umanità, una inutile strage”. (FT n. 261)

Ecco perché è stato commovente poter udire, finalmente, in diretta la sua voce. Fioca e fragile, segnata dal pianto, ma forte nel suo messaggio. Papa Francesco ha voluto ringraziare per l’incessante preghiera che sale al cielo, proprio come faceva la Chiesa di Gerusalemme, quando il Papa di allora, Pietro, era rinchiuso con durezza nel carcere da Erode. Ci dice il Libro degli Atti: “mentre Pietro era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente una preghiera per lui…! (12,5). Perciò, era rimasta accesa la finestra di quella casa, la Casa di Maria, la madre di Giovanni, detto Marco, dove erano riuniti molti a pregare (Atti 12,12). E nel buio della notte, guidato da quella luce, proprio lì va a cercare rifugio Pietro, mentre esce dal carcere. La porta del carcere, fredda e dura, si era chiusa su di lui, lasciandolo nel buio. E Pietro, guidato da quella luce accesa, finestra di speranza, luce nella notte, ritrova casa. La stessa casa che prega, negli ospedali e nei monasteri, di notte, naturale riferimento per chi oggi cerca luce nel buio del nostro tempo. Ed attende una casa calda, accogliente, luminosa.

Ora quella luce è proprio la luce accesa all’ultimo piano del Gemelli. Il mondo intero la guarda e vi cerca rifugio. Forse troverà ancora quella stessa ragazza, di nome Rode, che, sveglia nel cuore della notte, ebbe la capacità di riconoscere subito, per prima, la voce di Pietro, mentre egli bussava insistentemente. Le diranno ancora che è “pazza, che vaneggia” (Atti 12,15). Ma lei, sicura di aver sentito bene, insiste presso tutta la comunità, finché quella porta di casa si aprì, facendo così entrare Pietro, che, stupito anch’egli, raccontava la sua prodigiosa liberazione.

Rode allora si fa voce di chi si accorge del disagio del fratello e tiene sveglia la sua comunità, per aprire la porta santa all’accoglienza dei carcerati e dei tribolati della vita. Voglia il cielo che in ogni ambiente di dolore vi sia chi sa riconoscere la voce della sofferenza, per aprirvi il cuore. Ieri la comunità accogliente di Gerusalemme, oggi è la preghiera comune, che, ogni sera, sale dai cuori riuniti in piazza san Pietro. La comunità ha salvato Pietro e lo riabbraccia, perché ha saputo pregare e vigilare, con fiducia e tenacia.

Il Papa ci parla da una cattedra elevata…

Due sono i doni che in queste settimane papa Francesco ci ha regalato, come documenti magisteriali di grande importanza. Recentissimo il Messaggio per la quaresima 2025 e pochi giorni prima uno ancora più decisivo: una fraterna lettera ai Vescovi cattolici degli Stati Uniti d’America, con precisi riferimenti alle complesse vicende politiche di quella Nazione. Non è mai stanco, papa Francesco, di essere Maestro di vita, con la sapienza del Vangelo.

La lettera silenziosa

Elaborata prima del ricovero al Gemelli è una lettera “silenziosa” perché non è stata molto ripresa a livello mediatico, pur avendo contenuti altissimi e ben mirati. Pacata ma diretta. Si rivolge ai Fratelli Vescovi e Cardinali, perché siano voce chiara (e non muta!) nei confronti di chi è stato chiamato a governare il popolo. Riparte perciò dalla Dottrina sociale della Chiesa, nei suoi fondamenti che vanno sempre più riscoperti e rilanciati anche nelle nostre piccola diocesi locali. Data la sua importanza speciale, in questo stesso numero di Intravedere vi dedicheremo un articolo illustrativo specifico che merita la nostra riflessione.

Il messaggio di quaresima: Camminiamo insieme nella speranza”.

Sono sempre stati precisi e chiari questi messaggi che Papa Francesco ci ha rivolto, in occasione delle Ceneri. Vi si respira l’angoscia per il mondo e per la Chiesa tutta.

Tre le verifiche che ci chiede di fare, perché sia un vero Giubileo di grazia: una verifica sociale, davanti al dramma delle migrazioni, per vedere se realmente camminiamo; una verifica comunitaria, che scava nel cuore delle nostre case e parrocchie, per cogliere se siamo capaci di camminare insieme; ed infine una verifica teologica, dal sapore escatologico, per capire verso quali mete stiamo camminando.

Nel presentare il testo ai nostri Seminaristi di Chieti, agli inizi della quaresima, ho ribadito con stupore che quest’anno, proprio come ci suggerisce il Papa, l’esame di esegesi biblica sul libro dell’Esodo saranno gli stessi migranti a farlo, poiché essi stanno ripercorrendo con drammaticità lo stesso antico percorso di liberazione, nel cuore del deserto.  Sarà di certo “un buon esame per il viandante”, come lo ha definito Papa Francesco, con grande empatia!

Molto precisa è la verifica comunitaria, che entra nel cuore di ogni prete, per vedere se sa camminare unito, se lavora per obiettivi comuni, se crea accoglienza ed inclusione, facendosi così “tessitore di unità”. In breve, ecco la carta di identità dei preti del futuro: unitari, collaborativi, accoglienti ed inclusivi.  Vi è tutto il Vangelo! Tutto il Giubileo! La missione del prete è portare Gesù nel cuore delle persone e il cuore delle persone nel cuore di Gesù!

Con un occhio alla meta finale: il cielo che già cambia la nostra storia presente, se saremo capaci di sentire la salvezza come un dono perenne (e non un merito!), consapevoli che non ci si salva da soli. Anzi, che il cielo rende più certa la forza dell’impegno dei credenti nella lotta per la giustizia e la pace.

Buon cammino, allora, per tutti noi, in questo santo tempo di quaresima, che ravviva la preziosa presenza del Vescovo Biagio, ad un anno di distanza, nella gioia di tutti, perché da lui ci sentiamo tutti portati per mano verso la luce della Pasqua.

+ padre GianCarlo Bregantini, Vescovo emerito