“Don Bosco ritorna, tra i giovani ancora…” questa la prima strofa della canzone dedicata a Don Giovanni Bosco, patrono dei giovani. Parole che ben si adattano al ritorno, dopo 40 anni, della festività di questa importante figura di cristiano ed educatore a San Giovanni in Galdo, un piccolo e amabile paesino del Molise. In pieno stile salesiano i ragazzi, e non solo, si sono incontrati per trascorrere in armonia una giornata ricolma di gioia e leggerezza, caratterizzata da giochi, divertimenti e la maratona, ma anche densa di spunti di riflessione. Durante la messa l’avvocato Franco Mancini ha ricordato l’importante opera svolta dal padre Antonio Mancini, fervente salesiano, che insieme all’amico Don Giovanni Zampino, sacerdote instancabile seguace dei dettami di San Giovanni Bosco, e al salesiano molisano don Emilio Pollice hanno realizzato, in perfetto accordo, bellissime giornate dedicate ai giovani del paese.
Dall’odorosa e colorata infiorata, che vedeva i ragazzi raccogliere i più disparati fiori che poi servivano per comporre bellissimi tappeti, alla celebrazione della messa, i cui possenti canti erano eseguiti dal magnifico coro dei giovani, ai divertenti e piacevoli giochi, quali, ad esempio, la corsa con i sacchi o l’immancabile salita sull’albero della cuccagna che strappava sorrisi e trepidazione per chi, riuscendo a raggiungere la cima, raccoglieva i buoni e abbondanti doni da condividere con tutti.
Come ha ricordato l’attuale parroco Don Mariano la figura dell’educatore Don Bosco merita grande apprezzamento. Considerato “l’apostolo dei giovani” ha avuto intuizioni altissime, portate abilmente a termine nel contesto sociale in cui il santo è vissuto.
La filosofia educativa di Don Bosco si basa su tre termini: ragione, religione e amorevolezza. Lui metteva sempre la gioventù al centro. Invece di imporre una scelta di vita, aiutava i ragazzi a scoprire il potenziale che ciascuno possedeva e li motivava nel trovare la propria realizzazione. Se una cosa ti piace la fai con passione e ti impegni nel realizzarla, diceva. La sua pedagogia può essere definita la “pedagogia del cuore” capace di prendersi cura di tutte le dimensioni della persona. Attraverso i gesti di vita quotidiana ha insegnato ai ragazzi la bellezza della fede, la forza dell’amore per la vita e il rispetto di se stessi e degli altri. Spesso ripeteva ai ragazzi di aver fede nel buon Dio. Così come dopo un periodo di lunga e prolungata siccità pregare è chiedere la pioggia, credere è portare l’ombrello.
Il valore del suo messaggio è stato quello di “mettere la salvezza eterna al di sopra di tutto, a considerarla come l’unica cosa veramente importante” aiutando i ragazzi a realizzarsi attraverso lo studio, il lavoro e la preghiera li sottraeva alla strada, all’ignoranza, al degrado, ai soprusi, al male e alla perdizione.
Oltre agli oratori in cui i ragazzi avevano modo di giocare e divertirsi, Don Bosco aprì scuole professionali specializzate. A lui si deve il primo contratto di apprendistato per i ragazzi, la creazione della “mutua” salesiana per i giovani lavoratori colpiti da malattie o infortuni. Sotto la sua personale protezione ai giovani carcerati fu concesso di uscire ogni giorno, per alcune ore, allo scopo di imparare un mestiere ed evitare così, quando venivano dimessi dal carcere, di venir risucchiati dalla delinquenza. Questo è il “metodo salesiano” studiato e poi preso ad esempio in tutto il mondo. A causa del suo approccio educativo, più volte rischiò di essere ucciso da chi non voleva alcun cambiamento. Attraverso l’educazione, lo studio, la conoscenza, la preghiera, la fede e l’amore i ragazzi potevano riscattarsi dal male.
Il sindaco di San Giovanni in Galdo, l’architetto Domenico Credico, nel riflettere sulla figura di San Giovanni Bosco ha formulato un parallelismo tra il Santo, Gesù Cristo e il filosofo Socrate. Tutti questi uomini, con spiritualità altissima, sono accomunati dal desiderio di aiutare l’essere umano a scoprire la verità, il bene e la virtù, tutelando i più piccoli, mediante il risveglio delle coscienze.
Nonostante Socrate sia vissuto quattrocento anni prima di Cristo ha, per certi versi, precorso una parte dei dettami di Gesù. A causa dei loro insegnamenti, entrambi finirono condannati a morte, l’uno sulla croce, l’alto per ingestione di cicuta.
Com’è evidente anche Socrate è stato un personaggio scomodo, con la sua mania di frugare nelle anime per scoprire le vere motivazioni delle azioni degli uomini. Entrambi non sono omologabili ad un sistema umano predefinito, ma capaci di essere maestri di virtù, religiosità e fedeltà, nel rispetto della verità e del bene. Sia Gesù che Socrate non hanno scritto nulla ma con il loro insegnamento hanno rinnovato profondamente non solo le civiltà a cui appartenevano, ma l’intera la civiltà umana. Se Socrate è l’esempio di una vita interamente spesa al servizio della città, Gesù spende la sua vita al servizio dell’uomo, ricordandogli di essere stato creato a immagine e somiglianza di Dio Padre. Gesù si fa portavoce della verità, Socrate “cliente della verità”, quella verità testimoniata dall’opera di risveglio delle coscienze.
Questi parallelismi danno testimonianza della contemporaneità, intesa nel senso di capacità dello spirito di liberarsi dal tempo e dallo spazio, per proclamare i valori supremi del bene e dell’amore.
Annamaria Zampino