LIBERTÀ DI STAMPA: UNA CONQUISTA DA DIFENDERE

La giornata mondiale della libertà di stampa

Il 3 maggio si celebra la giornata mondiale della libertà di stampa istituita dalle Nazioni Unite nel 1993. Il 2018 è stato un anno importante in questo ambito poiché diverse testate giornalistiche si sono unite in favore di una campagna pubblicitaria, in cui vennero ricordati i giornalisti uccisi a Kabul.

La libertà di stampa è un diritto che ogni Stato dovrebbe garantire, insieme agli organi di informazione (giornali, radio, televisioni). Diritto che si estende anche alle agenzie di giornalismo, che pubblicano quotidianamente avvenimenti e all’accesso e alla raccolta delle informazioni.

In Italia la libertà di stampa è sancita dall’art 21 della Costituzione.

Ho il piacere di disquisire con Paolo Scarabeo, giornalista e scrittore molisano, nonché direttore di “QuintaPagina”, quotidiano on line di cultura, opinione, territorio, spiritualità e approfondimento.

  1. Quando e perché è nato il suo giornale?

QuintaPagina è nato ad Aprile 2021, in piena pandemia, quando le regole ci obbligavano a stare di più in casa. In quel periodo il mio era un punto di vista privilegiato, perché il lavoro mi obbligava – nonostante le restrizioni – a recarmi in diverse città italiane, quelle nelle quali l’Azienda per la quale lavoravo aveva cantieri da chiudere o da fermare. E questo mi diede la possibilità di vedere da vicino come l’Italia stesse vivendo quel drammatico momento. Da lì la decisione di raccontarlo e di farlo in modo diverso. QuintaPagina non è infatti un giornale di cronaca. È un giornale che tra le 5 domande:  chi, cosa, quando, dove e perché… ha scelto di privilegiare l’ultima, il perché, per entrare dentro la notizia e cercare di leggerla nella sua verità.

  1. Quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi nel dirigere un giornale?

Dirigere un Giornale è una bellissima esperienza perché offre la possibilità di dare un orizzonte all’informazione, di scegliere cosa e come dirlo, di intravedere, dietro le nebbie nate dalla frenesia del clamore e dello scoop a tutti costi, la strada che consenta di rendere alla verità il servizio migliore. Di mettere in campo il proprio bagaglio, la propria esperienza, i propri valori e farne un orizzonte soprattutto per i collaboratori più giovani. C’è l’altra faccia della medaglia, poi, che è quella delle responsabilità, che considero più complesso. Sulle spalle del direttore c’è il peso della notizia, dell’oggetto della notizia, della dignità delle persone, della libertà del giornalista di raccontare, della comunità che riceve la notizia. E questo è il compito più delicato e, me lo lasci dire, è anche quello che fa la differenza tra un buon giornale e un giornale di scarsa qualità.

  1. Partecipano in molti nella redazione di un articolo?

In QuintaPagina la collaborazione tra i giornalisti è fondamentale. Certo, siamo un piccolo giornale, ma crediamo fermamente nella collaborazione come valore, come strumento di approfondimento e nel confronto. Noi non abbiamo fatto dell’“arrivare prima” il nostro credo, abbiamo scelto di “arrivare bene” innanzitutto. E per fare questo la collaborazione è decisiva. Certo un articolo è frutto del lavoro di un giornalista, qualche volta di due, nondimeno però la possibilità di un confronto sereno e schietto con la Redazione favorisce certamente una maggiore qualità.

  1. Sono in tanti a leggere il giornale?

Guardi, lo scorso 21 Aprile abbiamo compiuto 2 anni e in questo tempo abbiamo registrato quasi un milione e mezzo di accessi al sito. Un risultato che ci soddisfa molto, tenendo conto del numero di giornali online presenti sulla Rete anche a livello regionale e del fatto che non facciamo cronaca. un dato che ci impegna a fare di più e meglio per renderU ai nostri lettori un servizio di sempre maggiore qualità.

  1. La legge sulla libertà di stampa in Italia fissa dei limiti, che rientrano principalmente nei reati d’opinione e contro la morale. Cosa pensa a riguardo?

La libertà di stampa è un diritto sacrosanto. Personalmente credo che il termine “libertà”, però, vada declinato in due modi. C’è una libertà che significa che nessuno mai deve impedire ad altri di esprimere la propria opinione, di mettere nero su bianco ciò che vede e ciò che pensa. Ma “libertà” significa anche – e direi soprattutto – che chi scrive non deve avere padroni, non deve prestare la penna al profitto o al tornaconto di altri. In Italia purtroppo spesso assistiamo ad uso strumentale della Stampa. Non è un caso se siamo così giù nella classifica della libertà di stampa. E c’è un dato ancora più importante, a mio modesto parere, e cioè che non esiste vera libertà di stampa senza un vero rispetto delle regole deontologiche, che ci sono, che sono fatte bene, che vanno conosciute e incarnate. Assistiamo spesso, purtroppo, alla violazione anche delle più elementari regole. Libertà non significa che posso scrivere quello che voglio, come voglio. Libertà significa saper discernere cosa è notiziabile e saperlo raccontare rispettando le regole e avendo come stella polare la dignità delle persone. Penso ad esempio alla Carta di Roma, che è il protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti e mi chiedo con quanta facilità, sempre più spesso, venga violata nel racconto che si fa dei migranti. Penso alla Carta di Treviso, che è quella che riguarda i minori nell’informazione, e chiedo a voi di fare una valutazione. Credo che il discrimine tra la buona informazione e l’informazione spazzatura stia proprio nella capacità di declinare il termine “libertà”,  inquadrandolo nel necessario orizzonte normativo.

  1. Rimpiange il formato cartaceo?

Beh, sì! Credo manchi a tutti. Anche se, ormai, le notizie circolano con una velocità talmente esagerata che il supporto delle Testate online è irrinunciabile per far sì che siano i professionisti dell’informazione, ovvero i giornalisti, a filtrare le notizie e non abbandonarle nella giungla del “tutti contro tutti” dei Social Network.

  1. Come si è evoluto nel tempo il modo di dare un’informazione o di trasmettere una notizia tramite video? (17 maggio 2023, giornata mondiale delle telecomunicazioni)

Oggi fare un video è diventato la cosa più normale del mondo. Facciamo video a tutto. Anche le Testate giornalistiche, sempre più frequentemente, integrano il racconto scritto di una notizia con un breve video. Qualche anno fa bisognava aspettare il Telegiornale per vedere una ripresa, oggi basta avere a portata di mano uno smartphone e vediamo qualunque cosa. È il segno dei tempi che cambiano, ma è anche un grande rischio per l’informazione. Ho visto accadere troppo spesso che Testate giornalistiche, per “non essere da meno” rispetto ad una notizia circolata sui Social, abbiano pubblicato video non opportuni se non addirittura vietati dalle regole deontologiche. Un cittadino può non sapere che ad esempio un minore non si riprende; un giornalista no, un giornalista lo deve sapere! Sono sempre più convinto che le Carte deontologiche, non dico il TUMSAR, debbano entrare nelle Scuole, come materia di studio, magari nell’offerta formativa di educazione civica. Non basta l’intervento sporadico del giornalista nella scuola, è necessario formare i ragazzi al rispetto della dignità delle persone anche, e direi soprattutto, quando raccontano dei fatti, anche quando lanciano un video nella rete.

Un colloquio interessante che spero possa stimolare riflessioni su questo importante tema.

Mariarosaria Di Renzo