LA PREZIOSITÀ DELLE AREE INTERNE

Con vera ed angosciante preoccupazione seguiamo le vicende dell’alluvione in Emilia Romagna, una delle zone d’Italia meglio accompagnate. Eppure, proprio in quelle realtà locali si è incattivita la furia delle acque.

Tante le analisi che vengono fatte. Alcune con durezza politica; altre con empatia relazionale. In tutti, regna la domanda sulle causa che generano questi eventi catastrofici. Analisi fatte anche in altre occasioni, ora rinnovate. Ci resta nel cuore, però, una spina: “ma non si poteva prevedere? E quindi, evitare? Cosa fare di più, per convivere con le alluvioni?”.  Di certo, è una grande lezione per tutti noi, che sentivamo parlare di cambiamenti climatici, come una realtà lontana. Fenomeni suscitati in aree trascurate, frutto di combinazioni che pensavamo impossibili dalle nostre parti. Ed invece, come per la guerra, ci accorgiamo che queste tragedie già sono in casa nostra. Ci colpiscono, allo stesso modo. Con uguale durezza e amarezza. Nessuno, cioè, è oggi un’isola felice!

C’è però una lettura che vorrei fare, pur nella complessità degli eventi. Quella grande quantità di acqua, che ha invaso le pianure non viene dal fatto che abbia straripato il grande fiume Po. Non è un grande fiume, che non sta più nei suoi argini, il fattore scatenante. Ma sono tanti piccoli fiumi, ruscelli e torrenti che hanno portata non grande, ma ugualmente distruttiva. Perchè non hanno tenuto le aree interne, le colline. Sono i paesi piccoli che hanno ceduto. Le aree interne hanno scaricato il loro peso sulle pianure e sulle città.

Ancora una volta, ho riletto un lucido slogan, maturato in Calabria di fronte ad un medesimo evento tragico, quando cioè il mare si riempì di colpo di fango, perché le colline attorno non erano state seguite con cura. Scrivemmo: “Se il bosco è verde, il mare è blu!”. Cioè, va sempre più considerata la interconnessione immediata tra le aree interne montane e le pianure sottostanti. Per cui, sentiamo che è l’area interna che salva la città! E non il contrario! Cioè, il piccolo paese rende sicura la grande pianura. Il borgo salva la metropoli! Perché gli abitanti dei piccoli borghi, nelle zone periferiche, di fatto, si prendono cura di quelle colline da cui è poi precipitata una incontenibile massa di acqua, devastatrice per tutti. Sia per tutti noi un ulteriore invito ad amare la aree interne. Amarle e renderle sicure.

Concludo, con un auspicio: sempre più va riletta la Laudato si, perché ci aiuta a riflettere con acutezza su queste dinamiche. E da qui, nel cuore di tutti noi rinasca con fedeltà la bellezza del Molise, con le sue aree montane bellissime. Ma un Molise curato, amato, seguito, pulito. Vissuto come una terra Alleata, come ci esorta a sentire il nostro Sinodo diocesano!

Del resto, è anche per questo che è sempre più bello parlare di Maria, che è vissuta in un piccolo Borgo, a Nazaret. E lo ha amato e difeso e seguito. Maria è realmente la via pulchritudinis, come dice il titolo meraviglioso di questa copertina, tra mille papaveri rossi: “la via della bellezza, per incontrare Maria”.  I borghi parlano della bellezza, proprio in questo momento, in cui si notano le terribili ferite della mancanza di cura. Sarà infatti solo tramite questa cura che potremo avere torrenti e fiumi vigilati e seguiti. Cioè, quell’acqua, tanto attesa, per cui abbiamo pregato. Non per generare morte o distruzione, ma per donarci fecondità e grazia, in benedizione.

+ p. GianCarlo Bregantini,