Sorgente viva o cisterne screpolate?

Durissimo è Geremia, il profeta della Speranza nel dolore, quando rimprovera al suo popolo due iniquità: Hanno abbandonato la sorgente viva dell’acqua della gioia, per andare a scavare cisterne, che poi si sono rivelate inutili, amaramente screpolate! (Ger 2,13).  Le avevano costruite orgogliosi, fuggitivi dal Bene comune, sicuri di fare un bel guadagno, per avere una loro certezza personale. Non dovevano più dipendere dalla sorgente comune, in lunghe file per attingere. Erano finalmente diventati indipendenti, autonomi. Un tesoro fatto da loro, presuntuosi! Ma ecco che quelle cisterne, da essi faticosamente scavate, si sono poi spaccate, incapaci di contenere l’acqua, per dissetare i campi e le case.

Così mi è parso di leggere quanto amaramente è avvenuto in Parlamento nella tumultuosa giornata del 20 luglio 2022. In poco tempo, trascinati dalla sconsideratezza del partito dei 5 stelle, altre due storiche aggregazioni partitiche sono fuggite: la Lega e, ancor più grave, anche Forza Italia. “Un fuggi fuggi, generale!”, intitola l’Avvenire il giorno dopo. Eventi letti in profondità, alla luce di una sapienza antica sgorgata dalla Dottrina sociale della Chiesa.

Una vergogna! Ed è inutile ora scaricare le colpe su altri. Cercare ad ogni costo il colpevole! Un gesto che lascia nel cuore della gente quel sapore di lontananza della politica dai problemi veri. Distanza abissale, che nemmeno il telescopio lanciato ora nello spazio potrà colmare! Lo vedremo il 25 settembre!

Senza nemmeno un doveroso grazie a chi ha guidato con competenza, pur tra mille insidie, una coalizione dai buoni risultati, nazionali ed ancor più internazionali, sociali ed economici, culturali e politici. Invece ognuno dei tre partiti fuggiti ha cercato un proprio consenso, una sua acqua, nella sua cisterna, credendo di poter fare a meno della sorgente. Speriamo di farcela da soli, dicono. Con grinta, ma anche con quel sapore della rivalsa, che cova sotto la cenere di ciascuno: glielo facciamo vedere chi siamo noi!

Riemergono così le derive populistiche, che subito pagano, ma che poi si sgretolano, lasciando tutti all’asciutto! Come ben annota padre Carlo Occhetta, su Famiglia Cristiana del 30 luglio: i populismi sono burrasche che si infrangono su tutto ciò che è Governo ed Istituzioni. Sono movimenti storici ciclici, che si alimentano nella disoccupazione, flussi migratori, incremento delle spese militari, coinvolgimento nei conflitti, corruzione e crisi della classe media. Si ragiona per emozioni e non per convinzioni, ristretti dentro un dilemma insidioso: continuare a guardare verso Occidente e verso l’Europa oppure verso l’oriente dei populisti?!

Per questo, è sempre necessario ora avere le idee chiare e proporre ideali lucidi alla gente. Soprattutto affrontare con realismo la fatica della complessità, che sola permette di avere una lettura profonda delle cose e degli eventi. Non immediata né scontata, come il facile populismo ispira. Ma impegnativa, per capire, guardare negli occhi le necessità di un popolo, confrontarsi con i passanti per strada, stare vicini alla gente che va a fare la spesa, incontrare gli ammalati, ascoltare gli operai, viaggiare in pullman. Non solo essere presenti alle grandi manifestazioni religiose, ora affollatissime di uomini politici. Troppi! Mai visti così fitti i primi banchi!

La complessità è paziente. E’ l’opposto dei populismi. Non ha fretta. Non divide il mondo in bianchi o neri. Non discrimina tra chi è con me e chi milita in partiti opposti. Non ha paura del confronto. Non costruisce cisterne, ma custodisce la sorgente comune, dove tutti possono attingere gratuitamente l’acqua della vita.

Ora tocca anche alle forze ecclesiali contribuire a dare a questa strana competizione elettore, sotto gli ombrelloni con un voto a settembre (mai avvenuto!), un vero sapore di popolo. Aprire cioè dibattiti sui valori fondativi, come il lavoro dei giovani e la vita, l’accoglienza dei migranti, il riconoscimento chiaro e sereno della loro orami storica presenza, specie nelle nostre scuole.  Tocca ai credenti tenere alto il cuore, per coltivare sogni di fraternità vera, percorrendo concreti sentieri di dialogo.

Come si è fatto nello storico incontro tra gli Arbresh di Calabria e quelli del Molise, sotto la guida del Vescovo Donato Oliverio avvenuto il giorno di sant’Ireneo, il 28 giugno. Lui doctor unitatis, ci ha aperto la strada. Cioè includere, senza annientare le culture, come proprio in questi giorni ha ribadito, con franchezza e profezia, anche Papa Francesco, in una corale richiesta di perdono, per quando le realtà religiose cattoliche hanno violentato l’appartenenza dei nativi alle loro terre, nel Canada (ed in tutte le realtà universali!). Un monito anche alla Russia, in Ucraina! La Calabria che accoglie e rispetta lingua, cultura e rito religioso dei popoli albanesi è così un modello perenne di integrazione. Ne parla così bene l’inserto speciale in questo numero, insieme alla riflessione sull’acqua che manca e va umilmente chiesta al Cielo, per essere poi da noi  custodita come un tesoro prezioso.

Ci fanno da corona in questo numero anche le acute riflessioni sul teologo padre Ernesto Balducci, la tante manifestazioni estive di riattivata religiosità popolare (vista come un segno di vivace speranza!), le gioia per i Diaconati e le Ordinazioni sacerdotali, i campi vocazionali estivi e la inedita esperienza degli esercizi Spirituali sull’Apocalisse.

E chiudo riandando a contemplare, come sempre facciamo, la acutezza delle nostre copertine. Quella barchetta in mezzo al mare ha tutto il sapore delle ferie, tanto attese e tanto necessarie, perché immersione nella bellezza del creato ed insieme rimotivazione del nostro cuore, a contatto della trascendenza divina. Perché non vi sia più la tentazione delle cisterne individualistiche ma il fascino della freschezza della stessa sorgente, che da vita a tutti.

Campobasso, 26 luglio 2022, festa di sant’Anna.

                                                                                               + p. GianCarlo, Vescovo