VANGELOSCOPIO

“IN QUEL GIORNO, ERODE E PILATO DIVENNERO AMICI…” (Lc 23,12)

È questo uno dei versetti più tragici e più inquietanti che ci sia in tutta la Bibbia! Nel capitolo 23 del suo Vangelo, Luca ci riporta questo passaggio molto significativo: si può diventare “alleati” per distruggere qualcuno. Pilato ed Erode non erano amici. Lo diventano quando Erode, una volta schernito e insultato Gesù, rivestendolo con una splendida veste, lo rimanda da Pilato. Quella veste è simbolo del disprezzo verso Dio da parte degli uomini. E’ una veste sfarzosa, di dominio sugli altri. Agli occhi di Pilato essa appare come un codice, come un messaggio chiaro e inequivocabile. In quel giorno, scrive Luca, tra i due, entrambi uomini di potere, accomunati dal potere, avviene il patto di umiliazione da infliggere a Gesù. E’ da sottolineare che il brano non dice che Erode comandò ad altri di “ far indossare”, ma che fu egli stesso a mettere addosso a Gesù quella veste lussuosa. Erode non delega nessuno, stavolta. Usa le sue mani. Prova un piacere diabolico a prendere in giro Colui che è la Sapienza, la Luce, la Verità. L’oscurità è cieca.

Ora, immaginiamo la scena, come se fossimo lì, partendo dai versetti precedenti, dove Luca descrive che Erode si rallegrò molto quando vide Gesù davanti a lui, perché da molto tempo desiderava conoscerlo, per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. All’inizio Erode lo interroga, perché lì presenti c’erano anche loro, gli accusatori ossessivi, i sommi sacerdoti e gli scribi. La regia di tutto questo decreto di morte è la loro, non dimentichiamolo. Gesù, però, non risponde nulla. Il santo silenzio del Verbo incarnato riempie la sala della violenza. Erode s’infiamma di rabbia e, con la risata isterica tipica dei crudeli, inizia a offendere, a dileggiare Gesù. Poi lo ricopre, proprio come lui si aspettava di vederlo. Erode lo vuole a sua immagine e somiglianza. Potente e invincibile, non debole e mite. Ecco, il significato di quel manto! Gesù si era presentato semplice, col suo candore. Disarmato e disarmante. Ma Erode non sopporta una tale purezza! E’ questo il dramma dei drammi. L’atto di Erode è quello consumato da chi distorce e deforma il vero volto del Signore. Erode è l’uomo che tende a falsare, a equivocare, a stravolgere per accostare per assurdo Gesù alla loro natura malvagia e insipiente. Sappiamo, però, che Gesù non è un dittatore come loro, ma è il Servo dei servi (cfr Gv 13,6-17). Gesù non è nemico di nessuno. Gesù non deve conquistare ma salvare! Sono queste le differenze tra il nostro Signore e il re del mondo, tra il Vangelo e le logiche di potere. Se siamo veramente di Dio, non abbiamo bisogno di essere dio! Bisogna liberarci definitivamente di questa grande insidia e sindrome di Erode. Perché la vita autentica, a questo mondo, la assimila chi sceglie di essere di Dio e non chi si impone agli altri come se fosse dio!

E che dire di quest’amicizia scoccata tra Erode e Pilato! Nessuno dei due riusciva a trovare nessuna colpa in Gesù, di quelle di cui era stato accusato. Erode lo rimanda da Pilato, proprio perché Gesù non gli fece paura! E Pilato, non riscontrando pericolosità, lo abbandona alla volontà di coloro che pensavano di trovare in Barabba un liberatore. Dietro Erode e Pilato, ci sono loro, i veri uccisori di Gesù, coloro che avevano sentenziato la morte del Figlio di Dio, già da tempo e senza il permesso di Erode o di Pilato. Sì, sono coloro che odiano e tentano Dio così: “Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l’educazione da noi ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e si dichiara figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita è diversa da quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Moneta falsa siam da lui considerati, schiva le nostre abitudini come immondezze. Proclama beata la fine dei giusti e si vanta di aver Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere; proviamo ciò che gli accadrà alla fine. Se il giusto è figlio di Dio, egli l’assisterà, e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti, per conoscere la mitezza del suo carattere e saggiare la sua rassegnazione. Condanniamolo a una morte infame, perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà”. (Sap. 2, 12-20).

Ylenia Fiorenza