Mons. Bregantini: Il dirti grazie è un canto di gioia

 

Si chiude così il salmo 64, che mi è sempre stato di luce nella festa del ringraziamento  per i frutti della terra. Dice infatti: “Tu, Signore ti prendi cura della terra, la rendi fertile e ricca, assicuri agli uomini il pane. Prepari la terra, ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, benedici i suoi germogli. Coroni l’anno con i tuoi doni, al tuo passaggio stilla l’abbondanza. I prati si rivestono di greggi, le colline di frumento. Tutto canta e grida di gioia!”. (Salmo 64, 10-14). Tutto il Molise è qui! Nulla è più nobile che dire grazie. Il mese di Novembre è pensato proprio come l’occasione di rendere grazie, in modo corale, perché si sente che il Signore Dio ha provveduto. Il creato, con il nostro grazie, acquista bellezza, non solo estetica, ma soprattutto etica. E’ un grido, non di dolore ma di benedizione, che sale al cielo. E lo abbiamo vissuto con la benedizione dei trattori, nel paese più alto, Sant’Angelo Limosano, domenica 28 novembre, nella regia perfetta di don Aloys e del sindaco del paese. Simpatico il fatto che quest’anno la CEI, nel suo messaggio per questa giornata,  ha inserito il grazie agli animali (cani e gattini) che ci fanno compagnia e a quelli che ci nutrono con la carne e  il latte. Così in Molise guardiamo alle stalle, ai capannoni dei polli e alle arnie, dove le api, gli animali indispensabili per la vita del pianeta, sono a darci una lezione di sinodalità, per l’armonia vitale che le caratterizza. Ma nel mio cuore dico grazie anche ai fermenti che, silenziosi, trasformano il latte in yogurt, mattina per mattina, ormai da oltre vent’anni. Una benedizione  per il mio stomaco! Che disperazione sono allora i cinghiali! Indisturbati, vagano e danneggiano. Non sono animali per cui ringraziare! Pensate che c’è perfino un salmo descrive il loro potere distruttivo:  il cinghiale del bosco devasta la campagna! Eppure, nulla si fa, solo bla, bla, bla…da parte dei nostri vaganti amministratori!

L’avvento, con lo sguardo al futuro!

Per fortuna che c’è l’Avvento, con quel suo “ricominciare”. Tiene desto il cuore. Tempo operoso, fecondo di frutti spirituali e culturali, decisivi per dar sapore spirituale alla resilienza, che il governo ci ha indicato. Una resilienza del cuore, frutto di un attesa che si fa amore. Se si attende, si cresce, si spera, si guarda il calendario dell’anno. La sposa attende. La mamma attende, perché non vede l’ora che il figlio chiuda la porta nella notte del sabato. Perché chi ama, attende. Chi non ama, vive nella noia. Così l’avvento è l’antidoto alla noia mortale dell’accidia, che ci imprigiona il cuore e ci ruba, come virus pericolosissimo, l’amore alla vita.  Ci sono infatti due modi di aspettare. Chi perde il treno è costretto a girare in stazione, ammazzando il tempo, per poter prendere, finalmente, il treno successivo. E’ tempo perso! Ma c’è anche l’attesa del contadino, come ci dice san Giacomo. Non è ozioso, ma operoso. Anzi, ogni giorno alza il capo, guarda in alto, la sua liberazione è vicina (Luca 21,28), perché il suo cuore guarda l’albero delle olive, che passano dal fiore di maggio alla progressiva forma del frutto, che man mano prende quel colore scuro che rende la bacca piena di succo. E arriva, finalmente, il giorno della raccolta, come in questo periodo. Atteso e gioioso. Tutta la fatica dello zappare, dell’irrigare e del potare qui è raccolta, con sapore di pienezza. Ne è valsa la pena, si dice, mentre il sacco si gonfia. Così è la vita. Deve avere uno scopo, per dar sapore ai nostri giorni, spesso amari, ma sempre fecondi.

La festa di Cristo Re

Una festa bellissima, la festa di Gesù, Re dell’universo e Re della storia, di tutta la nostra storia. Lui è capace di ricapitolarla (cfr Efesini 1,10) perché lui è il perno della vita, lui è il punto focale della storia. Con lui, le immagini, da sfocate, si fanno belle! Che triste sentir dire al termine di una dotta conferenza: ma io sono atea! E’ come non aver centrato la vita. Certo, Lui non si dimentica di te. E se tu sei ateo, Dio ti è sempre presente. Tu non lo pensi. Ma lui ti guarda, con amore. La festa però ci chiede una verifica esistenziale. Il vangelo è lucido, quest’anno, per mano di san Giovanni. Ci pone davanti un processo, all’interno del Pretorio. Da una parte Pilato: il potere, gli eserciti, le  spade, le legioni. Dall’altra, un giovane Galileo, solo, nudo, fragile, che però si proclama Re! Pilato è ironico davanti a questa affermazione. Non comprende cosa sia la verità. E da questa scena sgorga subito una domanda precisa: Io con chi sto? Dove pulsa il mio cuore? Chi dei due è il vero RE?. Perché Pilato ha la verità della forza, ma è Cristo che ha la forza della verità!

Il mistero della vita

Sono io vicino a “Mario”, quell’uomo che ha deciso di abbreviarsi la vita. Certo, infiniti sono i suoi dolori, da un decennio sopportati con infinita pazienza. Forse, oggi non ce la fa più. Eppure, come ci dicono i vescovi delle Marche, mai perdere la speranza, rammaricati perchè chi è nella sofferenza ritiene di rinunciare alla vita. Chiedono perciò alle comunità di creare tutte le condizioni affinché questo non avvenga mai! Nessuno nella sua malattia infatti deve restare solo. La vita è un bene ricevuto, che va sempre difeso e tutelato! Facciamo nostre queste riflessioni, uniti in solidale preghiera, perché non entri nel cuore della nostra gente questa logica autodistruttiva. Perché sarà devastante per mille altre situazioni di cedimento, personale e sociale, specie nel cuore dei giovani!

La CEI a Roma

In questi giorni a Roma si è riunita l’assemblea dei vescovi. Tema principale: il cammino sinodale, poiché la chiesa italiana ha deciso di non celebrare un sinodo, ma di avviare un cammino sinodale, in ascolto di tutte le situazioni di criticità del nostro paese, a cominciare dalla pandemia. Si svilupperà su tre fasi: la fase narrativa, in questi mesi, fino a Pasqua. Poi quella sapienziale, per riflettere sugli eventi che sono la storia di Dio con noi. Infine, la fase profetica, chiamata a dare indicazioni e compiere scelte precise di cambiamento. Interessanti i tre consigli del card. Bassetti: 1) Trasformare la collegialità episcopale in sinodalità, con tutto il popolo di Dio. 2) Operare verso la nostra gente un ascolto libero, sincero, costruttivo, reciproco per essere così in ascolto dello Spirito, in muta interiorità tra il sensus fidei dei fedeli e Magistero. 3) Far lavorare gli organi di partecipazione ecclesiale, rendendoli più efficaci, dando voce soprattutto alle donne!

Anche in vista di questa sinodalità di base, anche la nostra diocesi ha dato vita ad un silenzioso processo di riforma del CENTRO PASTORALE DIOCESANO, suddividendolo in sei aree, che raccolgono i sei doni del Sinodo, in armonia con le sei foranie, sparse su tutto il territorio diocesano. Il regolamento interno è quasi pronto. Sarà una piccola rivoluzione, che porterà a un maggior ascolto, nell’armonizzazione più agevole tra i veri uffici pastorali, per rispondere sempre meglio alle crescenti sfide culturali e religiose, come la diminuzione dei fedeli nelle chiese parrocchiali ed invece la crescita di gente ai santuari.

Centralità delle aree interne

Pensiamo che siano il tema più doloroso, perché ci preoccupa sempre più la diminuzione della gente nei nostri paesi, la fuga dei giovani, la debolezza delle nostre realtà produttive con la carenza delle  strade sulle colline molisane. Per questo, per imparare da un modello che ha illuminato il mondo abbiamo pensato di ascoltare, in stile sinodale, anche Mimmo Lucano, già sindaco di Riace. Andremo al di là del fatto processuale, ben inteso. Ma qui suoi primi anni da sindaco, coraggioso e lungimirante, aperto ai migranti per farne un tassello vitale di crescita sociale ed economica, capace di guardare a Riace centro (in decrescita) e non solo a Riace marina (in crescita) per ripopolare la scuola del paesello interno, dando vita alle antiche attività artigianali. E’stato un modello. Come ho detto allo stesso tribunale di Locri, il 29 marzo, intuisco che quell’esperienza ha anticipato di quindici anni l’enciclica Fratelli tutti. Per questo, ci vogliamo confrontare, con serenità, il 15 dicembre, alle ore 18.00, nell’Auditorium Celestino V. Avremo tante cose da imparare…!

padre GianCarloMaria Bregantini