GIUBILEI REGIONALI ALLA BASILICA DELL’ADDOLORATA DI CASTELPETROSO

CAMMINARE NELLA MISERICORDIA, NELLA SPERANZA E NELL’IMPEGNO CONCRETO VERSO IL BENE COMUNE

La Basilica Minore dell’Addolorata di Castelpetroso, cuore della devozione mariana in Molise e Patrona della regione, ha ospitato a settembre tre importanti Giubilei regionali, momenti di preghiera, riflessione e comunione ecclesiale. Questi appuntamenti hanno offerto l’occasione per rinsaldare i legami tra fede, servizio e vita quotidiana, richiamando tutti i partecipanti a camminare nella misericordia, nella speranza e nell’impegno concreto verso il bene comune. La centralità della Basilica, luogo simbolo di devozione mariana, ha reso possibile vivere esperienze profonde di grazia e rinnovamento spirituale, coinvolgendo fedeli, sacerdoti, religiosi e operatori di giustizia in un itinerario comune di conversione interiore. Come ricordato durante le celebrazioni, «la fede illumina l’agire umano e ci invita a essere testimoni concreti della misericordia di Dio nel mondo».

Giustizia e Misericordia: il servizio al bene comune

Giubileo Regionale degli Operatori di Giustizia – 13 settembre 2025

Il primo appuntamento giubilare di settembre ha visto protagonisti magistrati, avvocati, personale amministrativo e rappresentanti delle istituzioni. Promossa dalle quattro diocesi molisane, la giornata ha sottolineato il ruolo della giustizia come strumento di coesione sociale e servizio al bene comune.

Mons. Biagio Colaianni, nell’omelia, ha richiamato il modello di San Giovanni Crisostomo, “Bocca d’Oro”, predicatore coraggioso che denunciava vizi e ingiustizie, esempio di come la fede possa guidare l’operato civile. «Siete stati chiamati a una missione nobile e delicata», ha ricordato, citando Papa Francesco, «perché la giustizia sia amministrata in nome del popolo, con equilibrio, discernimento e attenzione alla dignità della persona».

Il Giubileo per gli Operatori di Giustizia ha sottolineato come la giustizia non sia un fine in sé, ma debba sempre orientarsi al bene dell’altro: «L’essenza della giustizia è di essere una virtù squisitamente altruistica che muove verso il bene dell’altro». La dimensione umana e sociale della giustizia implica attenzione alle storie concrete delle persone e l’accompagnamento della pena con percorsi di riabilitazione e riparazione: «Anche per il reo, ferma restando la pena, bisogna creare uno spazio di speranza attraverso la riabilitazione e la riparazione, nella consapevolezza e responsabilità, ma anche nell’educazione al rispetto e alla difesa del bene altrui».

Il vescovo ha poi sottolineato la responsabilità morale degli operatori: la legge riguarda la vita concreta delle persone e richiede saggezza, equilibrio e cura per la fragilità altrui. Così, il Giubileo è diventato occasione di riflessione sul senso di vocazione, sul servizio e sulla necessità di integrare legalità e carità, ricordando che «a chi molto è stato dato, molto sarà richiesto». In questa prospettiva, la misericordia diventa la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio, affinché ogni decisione e ogni gesto siano strumenti di riconciliazione, armonia e speranza nella comunità.

Nel suo intervento conclusivo, Mons. Biagio Colaianni ha esortato i presenti ricordando “Tutte le energie positive presenti nel corpo sociale devono concorrere al conseguimento della giustizia, perché questa è il requisito principale per conseguire la pace. A voi, magistrati, la giustizia è affidata in modo del tutto speciale, perché non solo la pratichiate con alacrità, ma anche la promuoviate senza stancarvi; non è infatti un ordine già realizzato da conservare, ma un traguardo verso il quale tendere ogni giorno.”

Speranza, fede e carità:

vivere la grazia nelle “Nazareth” quotidiane

Giubileo di Tutti i Fedeli – 16 settembre 2025

Il Giubileo rivolto all’intera comunità dei fedeli ha offerto un’occasione privilegiata di conversione e rinnovamento interiore. Mons. Palumbo, nell’omelia, ha evidenziato il significato profondo dell’anno di grazia del Signore, richiamando l’unzione messianica di Gesù a Nazareth e il Giubileo biblico come tempo di remissione dei debiti, liberazione e riconciliazione. «La grazia di Dio, gratuita e preveniente, raggiunge tutti, soprattutto chi è più fragile, povero o sofferente, e noi cristiani siamo chiamati a prenderne parte attivamente, vivendo speranza, fede e carità», sottolineando che l’annuncio cristiano non è riservato a pochi, ma coinvolge ogni credente nel portare speranza e consolazione.

Al centro della riflessione, il Vescovo ha ricordato che Gesù, nella sinagoga di Nazareth, ha proclamato l’adempimento della Scrittura, rivelandosi come l’unto del Signore. Non si tratta di un semplice riconoscimento umano, ma del compimento dell’annuncio profetico: in Lui si realizza la promessa di un Messia che porta salvezza e libertà a tutti. L’annuncio di Gesù si collega al Giubileo biblico, inteso come tempo di ritorno, di liberazione e di restituzione. L’ anno di grazia non è un tempo di precetti o di obblighi, ma un’occasione di misericordia e di nuova speranza, che apre le porte alla riconciliazione e al perdono. È il segno concreto di un Dio che non impone, ma offre la sua presenza come dono gratuito.

Uno dei passaggi centrali dell’omelia ha messo in luce la grazia come realtà che precede sempre l’uomo: grazia che è gratuità, perdono, bellezza, riconoscenza. Dio ascolta il grido dell’umanità anche prima che esso venga rivolto a Lui, si fa vicino a chi soffre e non si lascia fermare dalle incoerenze o dalle fragilità. Questa grazia divina diventa il motore della vita cristiana, capace di rigenerare e illuminare anche nei momenti più difficili. Il Vescovo ha esortato i fedeli a incarnare la misericordia di Dio nelle Nazareth quotidiane: le famiglie, le comunità e le situazioni di fragilità e sofferenza che ci circondano. Essere presenti significa non solo partecipare alle celebrazioni liturgiche, ma compiere gesti concreti di vicinanza, ascolto e sostegno. Come Mons. Palumbo ha ricordato, «il nostro pellegrinaggio nell’anno santo vuole essere un ritorno a Gesù, per imparare a vivere nelle nostre “Nazareth” quotidiane, testimoniando la speranza anche nei luoghi di fatica e sofferenza».

La speranza, insieme alla fede e alla carità, è stata indicata come il cuore pulsante del messaggio cristiano. Non è un atteggiamento ingenuo, ma una forza viva che rende credibile la testimonianza dei cristiani. Mons. Palumbo ha esortato i fedeli a vivere questa speranza nelle “Nazareth quotidiane”: le famiglie, le comunità, le situazioni di fragilità e di fatica, dove l’amore di Dio può diventare presenza concreta.

Il Vescovo ha sottolineato che la vita cristiana si misura nella capacità di tradurre la fede in gesti concreti: vicinanza, ascolto, sostegno, solidarietà. Non basta partecipare alle celebrazioni liturgiche, ma occorre incarnare la misericordia di Dio nelle azioni di ogni giorno. «Il nostro pellegrinaggio nell’anno santo – ha ricordato – vuole essere un ritorno a Gesù, per imparare a vivere nelle nostre “Nazareth” quotidiane, testimoniando la speranza anche nei luoghi di fatica e sofferenza».

Partecipare al Giubileo significa riscoprire la gratuità della grazia divina e lasciarsi coinvolgere nella missione di annunciare il Vangelo con coraggio e coerenza. È un invito a costruire comunità più solidali e accoglienti, in cui ogni credente diventa testimone dell’amore di Dio.

La grazia di Dio ci accompagna e ci sostiene, aiutandoci a non voltare lo sguardo davanti al dolore altrui e trasformando ogni giorno in un’opportunità per vivere speranza, amore e servizio concreto verso chi è più bisognoso. La vita cristiana si misura nella capacità di tradurre la fede in carità operativa, rendendo tangibile la misericordia di Dio nelle azioni quotidiane. La speranza cristiana, forza viva che alimenta la fede e sostiene la carità, trasforma i credenti in testimoni credibili dell’amore di Dio, guidandoli a compiere gesti concreti di vicinanza e solidarietà, sempre mossi dalla grazia che precede ogni nostra azione.

Vocazione e dedizione: testimoniare Cristo nella vita quotidiana

Giubileo dei Sacerdoti, Religiosi, Religiose e Seminaristi – 20 settembre 2025

Il terzo Giubileo ha coinvolto coloro che hanno consacrato la propria vita al servizio della Chiesa. Mons. Cibotti, nell’omelia, ha richiamato l’esempio dei martiri coreani e di Sant’Agostino, sottolineando la centralità di Cristo come bussola della vita spirituale e punto di riferimento per il ministero ecclesiale: «Se Cristo è la nostra vita, tutto deve essere visto, compreso e costituito in Lui». Cristo diventa così il modello imprescindibile da imitare, la guida che orienta ogni gesto, ogni decisione e ogni relazione nella vita quotidiana e nel ministero ecclesiale.

Il vescovo ha esortato i partecipanti a vivere la propria vocazione con fedeltà quotidiana, non solo nella celebrazione dei sacramenti, ma anche nella testimonianza concreta dell’amore fraterno e della carità. L’amore e la carità costituiscono il cuore pulsante del ministero cristiano: la vita ecclesiale si realizza nella capacità di tradurre la fede in gesti concreti di sostegno, vicinanza e solidarietà. L’esempio dei martiri, che hanno offerto la loro vita senza riserve, ricorda che il servizio nella Chiesa richiede coraggio e umiltà. «Aiutatevi a vicenda, camminate nella fedeltà e create ambienti di speranza», ha aggiunto Mons. Cibotti, sottolineando l’importanza della collaborazione fraterna e della condivisione della vita con i confratelli per generare comunità vive, accoglienti e sostenute dalla fraternità.

La presenza concreta tra il popolo è un punto fondamentale: sacerdoti, religiosi e seminaristi sono chiamati a condividere le difficoltà delle famiglie, sostenere chi soffre e accompagnare con attenzione e cura, offrendo non solo assistenza spirituale ma anche vicinanza umana. Vivere la vita ecclesiale significa impegnarsi quotidianamente nella costruzione di relazioni autentiche e nella creazione di contesti di speranza, prossimità e accoglienza. Questo «uscire» verso la comunità non implica abbandonare la propria vocazione o i riti liturgici, ma rendere vivi questi gesti condividendoli con i fratelli e partecipando attivamente alla missione di seminare speranza e testimonianza.

La fedeltà nella vita quotidiana è resa possibile dalla grazia divina, nutrita dalla preghiera e dall’adorazione quotidiana, che sostiene ogni azione ministeriale e precede ogni iniziativa umana. Essa permette di affrontare le fragilità personali, superare le sfide del servizio e rendere credibile la testimonianza cristiana. La grazia diventa il motore che trasforma l’impegno personale in una presenza costante e concreta, capace di far emergere l’amore di Cristo nella vita della comunità e di rendere tangibile la misericordia di Dio nelle relazioni quotidiane.

Vivere così la propria vocazione significa fondare la propria esistenza su Cristo, operare con amore e carità, affidarsi quotidianamente alla grazia che sostiene e accompagna, e uscire verso la comunità per seminare speranza e consolazione. Ogni gesto di carità e ogni momento di presenza ispirato dalla grazia di Dio si trasforma in testimonianza concreta di fede, impegno e servizio, rendendo visibile l’amore di Cristo nel mondo.

«Il comandamento è l’amore e la bussola è Cristo. Se Cristo è la nostra vita, è il nostro itinerario: tutto deve essere visto, compreso e costituito in Lui», Mons. Cibotti ha inoltre esortato i religiosi, ricordando che: «C’è qualcosa che da noi bisogna pretendere: a chi molto è stato dato, molto sarà richiesto».

I tre Giubilei regionali hanno mostrato come la vita ecclesiale non si limiti alla dimensione spirituale, ma coinvolga ogni aspetto della vita sociale, civile e comunitaria. Dal servizio dei magistrati alla dedizione dei religiosi, fino all’esperienza dei fedeli, emerge un filo conduttore: la centralità della fede, che illumina l’agire umano, sostiene la coesione sociale e promuove la carità. La Basilica dell’Addolorata ha offerto non solo uno spazio fisico, ma un luogo simbolico di incontro con Cristo e di esperienza della grazia.

Cristina Forte