LA VOCE DEL PONTEFICE PER FAR TACERE LA VIRULENZA DELLA GUERRA

«LA GUERRA È UNA FOLLIA»

«Stiamo assistendo ad una terza guerra mondiale combattuta a pezzi»: sono passati esattamente dieci anni da questa affermazione di Papa Francesco, una delle più forti di tutto il suo pontificato, ma rischia di essere un “anniversario” assai triste per il precipitare degli eventi in più parti del mondo. La voce del pontefice, tanto accorata quanto ancorata alla preghiera, continua però a levarsi, tentando di scuotere le coscienze, soprattutto quelle dei cosiddetti “grandi della Terra”. E la frase riportata all’inizio poteva segnare uno spartiacque proprio tra le buone e le cattive coscienze, ma così non è stato: Bergoglio la pronunciò nel settembre 2014, durante la visita al sacrario di Redipuglia, nel centenario dell’inizio della prima guerra mondiale. Parole che vanno ripercorse: «Vicino a questo cimitero, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia. Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano.

La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione! La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere… sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: «A me che importa? Sono forse io il custode di mio fratello?” 

La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà…Sopra l’ingresso di questo cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: «A me che importa?».

 Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate.

Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!».

Questa e altre denunce, mai di circostanza, il Papa le ha ripetute decine di volte, tanto che potrebbe venirne fuori una sorta di “enciclica” contro i mali della guerra. Ma quello che più impressiona è che Bergoglio ci mette sempre il cuore, come fosse questo il vero antidoto per far tacere la virulenza della guerra. Come quando nel dicembre 2022, nel corso di un’udienza, ricordò: «Ogni 2 novembre vado al cimitero. Un anno sono andato al cimitero di Anzio, dove sono sepolti i soldati americani. Ho visto l’età dei ragazzi e ho pianto. Ma come mai? Come mai si distruggono vite a quell’età? Poi quando c’è stata la commemorazione dello sbarco in Normandia ho visto sì, i capi di governo che ricordavano quello che è stato l’inizio della liberazione d’Europa, dal nazismo, fascismo. Ma lì sono rimasti 30.000 ragazzi sulla spiaggia. Delle volte penso alle mamme con il postino che bussa alla porta: ‘Signora, una lettera per lei. Signora, abbiamo l’onore di dire che lei è la mamma di un eroe’. Sì, di quel figlio alla mamma rimane soltanto quella lettera. E’ una pazzia la guerra, distrugge sempre».

Mai si è lasciato sfuggire un’occasione per chiedere a voce alta il ripudio di ogni guerra, cogliendo gli attimi della storia apparentemente insignificante di ogni giorno. Come quando, nel maggio del 2023, il Papa si trovò davanti, per singolare coincidenza, gli ambasciatori di un Paese devastato dalla  guerra, come la Siria, e un altro – l’Islanda – che ha un piccolissimo esercito sulla carta:  «Quando impareremo dalla storia che le vie della violenza, dell’oppressione e dell’ambizione sfrenata di conquistare terre non giovano al bene comune? Quando impareremo che investire nel benessere delle persone è sempre meglio che spendere risorse nella costruzione di armi letali? Quando impareremo che le questioni sociali, economiche e di sicurezza sono tutte collegate? Quando impareremo che siamo un’unica famiglia umana, che può veramente prosperare solo quando tutti i suoi membri sono rispettati, curati e capaci di offrire il proprio contribuito in maniera originale?».

Alcuni contesti, ad esempio quando di recente ha ricevuto sia i parenti degli ostaggi di Hamas che quelli delle persone uccise nella Striscia di Gaza, hanno portato i media internazionali a riprendere e ad amplificare le parole del Papa, eppure – lo ripetiamo – è tra le righe di un impegno quotidiano che si evidenzia la sofferenza del Vicario di Cristo per quello che sta accadendo nel mondo. Scorriamo, ad esempio, la cronaca di un incontro del febbraio 2023, quando il Papa, dopo aver assistito alla proiezione in Vaticano del documentario “Freedom on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom”, del regista Evgeny Mikhailovich Afineevsky, con alcuni profughi ucraini, fra cui un bambino e la mamma di un soldato, ebbe a dire: «Quando Dio ha fatto l’uomo, ha detto di prendere la terra, di farla crescere, farla bella. Lo spirito della guerra è il contrario: distruggere, distruggere… Distruggere tutti. Uomini, donne, bambini, anziani, tutti. Non vergogniamoci di soffrire e di piangere, perché la guerra è la distruzione».

E ancora, più di recente, nel messaggio per la fine del Ramadan: «Dio è pace e vuole la pace. Chi crede in Lui non può che ripudiare la guerra, la quale non risolve, ma aumenta i conflitti. La guerra, non mi stanco di ripetere, è sempre e solo una sconfitta: è una via senza meta; non apre prospettive, ma estingue la speranza. Ho nella mente le famiglie, i giovani, i lavoratori, gli anziani, i bambini: sono certo che nel loro cuore, nel cuore della gente comune, c’è un grande desiderio di pace. E che, di fronte al dilagare della violenza, mentre le lacrime scendono dagli occhi, una parola esce dalla loro bocca: “basta”. Basta! – ripeto anch’io – a chi ha la grave responsabilità di governare le nazioni: basta, fermatevi!

Per favore, fate cessare il rumore delle armi e pensate ai bambini, a tutti i bambini, come ai vostri stessi figli. Guardiamo tutti al futuro con gli occhi dei bambini.

Loro non si chiedono chi è il nemico da distruggere, ma chi sono gli amici con cui giocare; loro hanno bisogno di case, parchi e scuole, non di tombe e fosse!».

 Igor Traboni