LE LITURGIE DEL TRIDUO PASQUALE

I RITI DELLA SETTIMANA SANTA

Devozione ed emozione sono i due sentimenti che caratterizzano i riti della settimana santa a Campobasso. La Pasqua rappresenta infatti il periodo più bello e sentito dell’anno liturgico. Tempo di preghiera, di riflessione, di pentimento.

Messa crismale

Il primo momento di solennità è vissuto nella messa crismale che, quest’anno, è stata presieduta dal nuovo vescovo mons. Biagio Colaianni e celebrata nella chiesa di sant’Antonio di Padova nel pomeriggio del mercoledì santo. La cerimonia si è aperta con il saluto di don Antonio Arienzale, vicario generale, al nuovo presule e ai parroci dell’arcidiocesi presenti. Don Antonio ha dapprima ricordato di pregare per i sacerdoti segnati dalla sofferenza della malattia, poi ha ringraziato coloro che donano l’olio che verrà benedetto e consegnato ai parroci per la somministrazione dei sacramenti. Da anni l’olio proviene da Sant’Elia a Pianisi e, quest’anno, anche da Capaci (PA), in segno di pace.

La Polizia di Stato ha provveduto a consegnarlo a tutte le diocesi d’Italia. L’olio è frutto del lavoro di volontari ed ex mafiosi. In più, da diversi anni, il profumo del bergamotto proviene da Locri, anch’essa terra difficile.

I momenti più solenni e toccanti della liturgia sono stati il rinnovo delle promesse sacerdotali e la benedizione degli oli (degli infermi, dei catecumeni e del crisma). Nell’omelia il presule ha sottolineato quanto sia importante e, allo stesso tempo, difficile il compito del sacerdote. Ha fatto riferimento anzitutto a sè stesso, che è prete da quarant’anni e ora è stato chiamato a essere pastore di un gregge e di questo è emozionato e commosso.

Ha esortato i sacerdoti a vivere un ministero condiviso e scevro da possibili isolamenti che potrebbero verificarsi quando si è preoccupati e scoraggiati. Non deve esistere, anche per i fedeli, il don speciale, il don personale, ma si deve agire con spirito di sinodalità e collegialità.

Tutto questo perché la vera Pasqua è quando il mondo si converte e passa dalla morte alla resurrezione, alla vita e alla pace che Dio offre. Pace che ogni sacerdote deve testimoniare col proprio operato e il popolo dei fedeli deve accogliere. Soltanto così la chiesa sarà libera da ogni rifiuto, divisione e chiusura.

Messa in coena Domini

Il giovedì santo è il giorno della Lavanda dei piedi, il rito attraverso il quale Gesù istituisce l’Eucarestia, nell’ultima cena con gli apostoli. La funzione, presieduta da mons. Colaianni, si è svolta nella chiesa di Santa Maria della Croce. Il vescovo ha commentato le letture e il Vangelo, evidenziando la grandezza del Signore, che dona la salvezza a chi sa accoglierla e riconoscerla.

Il passo del Vangelo è illuminante in tal senso: il Signore, nell’ultima cena, trasmette agli altri quello che Egli ha ricevuto. Ha spezzato il pane e questo gesto significa accoglienza e vicinanza a tutti gli uomini. In più, il gesto umiliante dello schiavo che lavava i piedi sporchi a coloro che venivano accolti a casa del padrone deve far comprendere a tutti noi che bisogna essere umili e chinarci di fronte alla dignità degli altri.

Lavare i piedi è un gesto simbolico che significa offrire la propria vita nella condivisione e nell’amore, per realizzare la fraternità e la pace. Il Signore chiede a ognuno di noi di portare i suoi insegnamenti nella nostra quotidianità, di essere eroici, di non avere paura dell’acqua sporca.

La processione del venerdì santo

Questo evento è tra i più partecipati e sentiti a Campobasso. Un coro costituito da oltre settecento persone e diretto magistralmente dal maestro Antonio Colasurdo. Esso accompagna le statue della Madonna Addolorata e Gesù morto per le strade cittadine intonando il “Teco Vorrei”. Partecipano anche i gruppi scout della città, le associazioni religiose, i cavalieri di Malta, oltre alle massime autorità civili e militari.

Caratteristica la “Croce della Passione”, così chiamata, come spiegato dal demologo Mauro Gioielli, in ragione della presenza di quelli che sono stati gli “strumenti” del martirio di Gesù: scala, martello, tenaglia, usati dai soldati romani per salire sulla croce e inchiodare e schiodare gli arti di Cristo.

Poi il gallo che ricorda quando Pietro lo rinnegò.

Il sacchetto dei trenta denari che prese Giuda quando lo tradì. La colonna e il flagellum della flagellazione.

La processione è seguita con attenzione e raccoglimento dal popolo campobassano, lo stesso vescovo Colaianni è rimasto molto colpito sia dalla compostezza dei partecipanti che degli spettatori. Il momento più emozionante è senza dubbio quello della sosta al carcere.

Quest’anno Martin ha preparato la preghiera da rivolgere all’Addolorata. Il giovane, visibilmente emozionato, è consapevole degli errori commessi per colpa del guadagno facile, delle droghe e dell’ignoranza. Ma il supporto dei cappellani e dei volontari ha permesso a lui e agli altri ospiti di avvicinarsi a Gesù attraverso la preghiera, gli incontri e le attività. Ha rivolto alla Madonna la sua preghiera affinchè possa toccare il cuore di chi non sente più il dolore dell’umanità, martoriata da guerre inutili e fratricide. Ha poi chiesto di essere visti non più come detenuti, ma come persone che chiedono redenzione. Ha concluso con l’auspicio che ognuno di loro può fare ancora tanto di buono nella quotidianità perché hanno ancora tanta terra sotto i piedi.

Monsignor Colaianni ha salutato il detenuto e i suoi compagni, insieme a tutti coloro che, a vario titolo, operano nella casa circondariale, affinchè guidino gli ospiti nel loro cammino di recupero. Il vescovo sottolinea come nella vita tutti siamo peccatori e possiamo sbagliare, abbiamo limiti e fragilità che non ci portano a vedere coloro che possono aver bisogno di noi. Invita tutti a seguire l’esempio di Maria Addolorata ai piedi della croce che consola Gesù, insieme alle altre donne che non sono fuggite perché avevano fede profonda. Dobbiamo comprendere la sofferenza del Cristo morto con preghiere e gesti concreti di solidarietà e accoglienza.

Al rientro a Santa Maria della Croce, don Michele Tartaglia ha salutato e ringraziato i maestri che hanno guidato il coro e i cantori e tutte le associazioni che hanno contribuito con devozione alla riuscita dell’evento più commovente dell’anno. Il vescovo, nella benedizione finale, ha ribadito la spiritualità che ha espresso il popolo “cambuasciano” durante la processione. Un tesoro prezioso che non deve essere disperso perché è un momento di fede e di preghiera e, in quanto tale, va vissuto con intimità, serietà e profondità.

La veglia pasquale

Nella funzione del sabato santo si benedicono il fuoco, che è la luce del mondo, e l’acqua battesimale.

Il vescovo ha sottolineato che ognuno di noi cade nelle tenebre con il peccato e le disattenzioni a Dio.

Egli si è rivolto ai ragazzi scout presenti alla cerimonia spiegando loro come è utile la luce di una lampadina tascabile in un campo con il buio pesto. La luce ci viene da Dio e noi dobbiamo far entrare questa luce nel nostro cuore.

Poi il presule si è soffermato sul Vangelo e sul sepolcro trovato vuoto dalle donne. Figure coraggiose che non sono scappate, ma sono andate oltre il vuoto della tomba.

Noi dobbiamo imitare queste donne e cercare il Cristo in ogni fratello che incontriamo nel nostro cammino. Soltanto con stili di vita concreti è possibile raggiungere la pace. Se noi tutti la viviamo, faremo pressione sui grandi della terra, che dovranno impegnarsi per far terminare queste guerre ingiuste.

La settimana santa ci aiuta a riscoprire il nostro essere in comunità e a vivere con spirito di collegialità e comunione fraterna.

Solo così si potrà celebrare degnamente il Cristo risorto.

Mariarosaria Di Renzo