LA SCUOLA E LA CHIESA

«L’ INSEGNANTE DI RELIGIONE NELLA SCUOLA E NELLA CHIESA DI OGGI»

Dott. Ernesto Diaco Responsabile del Servizio Nazionale per l’insegnamento della religione cattolica

 

Tra due pilastri, la Scuola e la Chiesa, viaggia l’insegnante di religione percorrendo strade non sempre agevoli. In questo cammino, a volte impervio, spesso impedito da ostacoli che si sovrappongono e che rendono più difficile il passaggio, il docente di religione cerca e trova vie di accesso insperate; accanto a molte ombre riesce a scorgere la luce, sa  voltarsi indietro, sa riconoscere i propri errori, ma sa anche apprezzare i frutti della propria semina, a volte ancora acerbi e altre volte maturi.

Pur nella consapevolezza di un tragitto ancor lungo e faticoso da percorrere, di anno in anno continua a scegliere strade che favoriscano il superamento di barriere sempre nuove, in una società che si trasforma velocemente.

Scoperta, conoscenza, persona…merita immergersi in questo viaggio, tra le pagine di giovani vite, a passo lento, tra parole, azioni, saperi, cultura e il tentativo di rendere solido ciò che sembra scivolare via, tra gli aridi rigagnoli del mondo sempre più liquido della postmodernità.

Il concorso straordinario, riservato agli insegnanti di religione con almeno tre anni di servizio nella scuola pubblica, che dà dignità ai docenti e alla disciplina, “nasce dalla necessità, dal bisogno di aggiornare il cammino di questa esperienza. Si tratta di raccogliere la sfida che la società lancia alla Chiesa tramite la voce e le domande dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze nella scuola. La sfida di capire sempre di più il nostro tempo, cercando di dare un senso alla nostra vita. Nell’incontro diretto con il fenomeno religioso, valutato in tutta la sua potenza e potenzialità, anche dal punto di vista storico o di altre religioni, si conosce ciò che Dio chiede ai nostri ragazzi” e anche a noi. “E Dio chiede, soprattutto, di affrontare il presente alla luce della Bibbia”.

La Bibbia, perciò, è il primo documento, la fonte a cui attingere, ma non per questo l’ora di religione a scuola diventa catechismo. l’IRC e il catechismo non sono la stessa cosa.  l’IRC, infatti, si colloca all’interno della scuola italiana, dove è legittimato ad essere presente perché la Repubblica italiana ne riconosce il valore culturale.

La scuola fa cultura e chi fa cultura deve anche e necessariamente usare documenti.  Un discorso in chiave culturale non può prescindere da un riferimento solido alle fonti che, nel caso specifico dell’IRC, sono principalmente quelle bibliche oltre che quelle magisteriali.

La cultura religiosa è inserita nel Concordato, esiste, quindi l’IRC, collocato a pieno titolo nel quadro delle finalità della scuola, produce cultura.  Una cultura che deve essere concepita, da un punto di vista scolastico, pedagogico, educativo, non come idea astratta ma come qualcosa di vitale, appartenente al vissuto degli studenti, ma prima ancora al vissuto degli insegnanti che, solo se convinti di essere persone di cultura, riusciranno a trasmettere questo messaggio ai propri alunni: sapere che c’è un patrimonio comune, anche di cultura religiosa, che si cerca di tramandare di generazione in generazione. Ed è un messaggio urgente e importante perché i ragazzi vivono, tutti noi viviamo, in una società che non ha piena coscienza della sua identità, non sa più da dove viene, né dove vuole andare, timida nel trasmettere e rielaborare i suoi valori di cui addirittura sembra vergognarsi

Chiaramente, gli strumenti essenziali, come per qualsiasi disciplina, devono far leva sulla coerenza, sulla razionalità, devono essere possibilmente condivisibili per tutti, nel rispetto della laicità, e proiettati al raggiungimento consapevole del senso di appartenenza e della storicità. Che la cultura cresce insieme all’uomo è un dato di fatto e perciò l’IRC deve sviluppare e trasmettere il senso di questa evoluzione storica, nella prospettiva della storia degli effetti, cioè sul riconoscimento delle conseguenze che il fenomeno religioso ha avuto sul piano culturale, con una particolare attenzione al linguaggio, soprattutto quello simbolico e artistico di cui la cultura, in particolare quella religiosa, si alimenta.

Ma l’IRC non è solo questo e il discorso diventa via via più complesso. Oggi, il mondo della scuola è attraversato da una profonda crisi al punto che si parla sempre più di emergenza educativa. Spesso viene messa in discussione la possibilità e il senso stesso dell’educare.

La crisi della scuola, che rispecchia la crisi della società, interpella tutti, in primo luogo gli insegnanti che svolgono una professione profondamente coinvolgente, totalizzante e che, non sradicati dalla vita, sentono forte il legame tra il senso del sé e della loro missione nella scuola, come ben evidenziato dal prof. Diaco, responsabile del servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica.

Al termine crisi non deve essere necessariamente attribuito un significato negativo, esso può essere inteso come passaggio, cambiamento d’epoca. I nostri ragazzi, definiti “generazione z”, “nativi digitali” “generazione alpha” perché nati e cresciuti nell’era digitale e sempre più influenzati dalla tecnologia e dalle comunicazioni digitali, sono l’esempio tangibile di questo cambiamento. La tecnologia, diventata parte integrante della loro vita, influenza profondamente non solo il loro stile di apprendimento, ma anche il modo di relazionarsi e il loro approccio all’istruzione. Così, tutti gli insegnanti e la scuola devono affrontare nuove sfide e cogliere nuove opportunità, ma con la consapevolezza di svolgere ancora un ruolo cruciale nell’apprendimento e nella socializzazione, nell’istruzione, nell’educazione perché, in fondo, gli studenti cercano ancora un riferimento nel docente che guidi la loro formazione, pur pretendendo la flessibilità. Una flessibilità intesa come superamento delle lezioni frontali, che hanno poco successo con ragazzi in grado di annoiarsi e distrarsi in un secondo.

Noia, distrazione, dipendenza, fragilità, disorientamento, bullismo… sono anche queste le caratteristiche di una generazione che, se pur sempre connessa, vive nella solitudine di rapporti virtuali, spesso incapace di fare esperienze significative su cui costruire relazioni vere. Caratteristiche che evidenziano una grande povertà educativa che sta allarmando docenti, sociologi, psicologi, psichiatri. Ed ecco l’urgenza di un’alleanza vera e di spessore tra la scuola, la famiglia e la Chiesa (che non ha finalità estranee alla scuola, ma la considera un bene primario della comunità umana) per accompagnare i nostri ragazzi nella loro crescita, fornendo loro una direzione che dia senso all’esistenza e li renda capaci di tessere una trama di rapporti non superficiali, “Fare educazione” inteso come processo intellettivo, emotivo, sociale globale e unitario, per diventare non solo buoni cittadini, ma soprattutto uomini veri.

I ragazzi. Inoltre, spesso esprimono il loro disagio con un linguaggio non verbale, la loro solitudine senza le parole, il loro mal di vivere con ansia, depressione, disturbi.

Con il cappuccio della felpa tirato sopra la testa, la cuffietta alle orecchie, il cellulare in mano, gli occhiali da sole, è così che molti ragazzi esprimono il loro isolamento dal mondo, soprattutto da quello degli adulti. Per abbattere la trincea, bisogna munirsi di infinita pazienza ed empatia. Bisogna “spogliare il nemico” dell’armatura che esprime ostilità, invitarlo a prendere contatti con un mondo che in verità non gli è ostile, cercare una via di comunicazione che lo trasformi in alleato. Così l’Idr indossa modelli di insegnamento adattandoli alle circostanza e, come un funambolo, cerca di mantenersi in equilibrio.  Imposta la lezione a volte sul modello dialogico, perché parlare, coinvolgere è importante e dovrebbe riguardare qualsiasi disciplina, ma facendo attenzione a non cadere nel relativismo; altre volte fa animazione all’interno della classe, crea un clima sereno che, però, non può diventare un obiettivo o un’impostazione prevalente per non cadere nell’ extracurricolarità riducendo così l’IRC ad un’animazione sociale.

Bellissimo e difficile il “mestiere” dell’insegnante, soprattutto di quello di religione che, oltretutto, deve sfatare miti dettati da pregiudizi o presunzione, a volte da ignoranza: i raccomandati del vescovo! Sanno pregare questi ragazzi?

Eppure ci sarà un motivo se la percentuale degli avvalentesi è ancora altissima! in Molise su 6223 studenti iscritti (a.s.2023-24), il96% ha scelto di avvalersi di questo insegnamento. Forse perché i ragazzi hanno capito che gli insegnanti di religione non hanno lo scopo di convertire, ma di “commuovere”, di affiancarli nel viaggio verso la scoperta di un mondo autentico, che può essere anche meraviglioso.

Un augurio a tutti i colleghi che parteciperanno al concorso straordinario e che, dopo l’incontro, altrettanto straordinario del  20 febbraio  “ESSERE INSEGNANTE DI RELIGIONE NELLA SCUOLA E NELLA CHIESA DI OGGI”, curato dal dott. Diaco, si sentiranno più sicuri e sostenuti.

Grazie al dott. Diaco, la cui esperienza, professionalità e autorevolezza, hanno consentito di realizzare questo importante lavoro; grazie a Mons. Bregantini, che ha voluto fortemente questo incontro di formazione. Grazie alla Direttrice dell’Ufficio Scuola diocesano e regionale prof. Pina di Lembo.

Pina Sassano