STARE DA CREDENTI DALLA PARTE DELLA VITA

LA VITA UMANA VALORE PRIMARIO DA RISPETTARE E TUTELARE

Facciamo così poca attenzione alla vita. Passiamo le nostre giornate spiegati sul video illuminato del nostro cellulare. Giriamo per la città con le cuffiette sordi al pianto di un bambino o incapaci di sentire il soffio del vento.

Viviamo senza mai fermarci ad ascoltarci, senza concederci l’opportunità di vedere e osservare volti che tanto ci raccontano di vita. E che dire dei social, della televisione, dei talk show. Basta dare un’occhiata per accorgerci che non c’è nulla che ci racconti dello stupore, della forza e della bellezza della vita.

Così, viviamo distratti e noncuranti della vita. E senza neanche accorgerci, stiamo sostituendo alla “cultura della vita” la “cultura dello scarto”. Più volte Papa Francesco ci ha messo in guardia da questa cultura che «tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti.

La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera o disabile, se non serve ancora – come il nascituro –, o non serve più – come l’anziano».  Immersi in questa cultura facciamo fatica a lasciarci sorprendere della forza della vita perché tutto è affogato, tutto è oscurato, tutto è annebbiato da logiche che negano alla radice il valore e la sacralità di ogni vita dal concepimento alla morte.

Chi ha forze vive e chi non ha forze muore. Se sei sano, bello ed efficiente, oggi servi, domani no. Ora sei utile, importante e necessario, domani non sei più nessuno e puoi essere scartato. Scartato perchè sei fragile, debole, indifeso. Perché sei ultimo.

E allora la vita può essere negata, come ci ricordano i vescovi nel messaggio. E di «vite negate» ce ne sono molte, troppe.

La vita del nemico. E come non pensare a tutte le guerre che ci sono nel mondo, quelle così vicine a noi con le loro vittime innocenti.  La vita dei migranti. Basta leggere i giornali o ascoltare la televisione per scoprire tragedie che accadono poco distanti da noi. Solo un anno fa, il 26 febbraio 2023, la vita di 72 uomini e donne è finita in fondo al mare di Cutro. Tra loro, anche tanti, troppi bambini.  La vita dei lavoratori. Nell’anno appena concluso, hanno perso la vita mentre lavoravano 1.467 persone. Quattro al giorno. La vita delle donne. I femminicidi, epilogo drammatico di tante storie di violenza da parte di uomini, ci ricordano che ancora oggi, nel 2024, la vita di una donna può essere violentata in nome di un diritto di “proprietà” scritto nel codice del patriarcato.  E poi la vita dei malati, dei disabili, la vita quella piccolissima dell’embrione.

Eppure, la forza della vita ci sorprende, ci ricordano i vescovi. Ci sorprende proprio dove la mentalità è portata a negare il valore di un’esistenza. Lo sa bene chi salva le vite di uomini, donne e bambini che pensavano di morire inghiottiti dal mare. Chi porta via dagli inferni delle guerre bambini dagli occhioni impauriti e dalle gambette mutilate. Lo sa bene chi si siede accanto ad una mamma e le porge una mano, la sorregge, la accompagna, senza giudicarla, nelle sue scelte di vita con calore e dedizione. Lo sanno bene i volontari che aiutano i malati, che stanno al fianco dei disabili.

Lo sanno bene i figli che si prendono cura dei genitori anziani che la malattia o anche solo l’età hanno fatto tornare bambini. Lo sanno bene quelle famiglie che hanno adottato un bambino non voluto, diventato una benedizione per sé e per gli altri.

La vita ci sorprende proprio lì, dove è più debole perché è lì che è più forte. E se guardiamo la vita con occhi limpidi e sinceri, potremo coglierne il valore e la capacità di donare qualcosa agli altri. Lo dicono

bene i vescovi: ci sono storie di persone giudicate inferiori, divenute poi “punti di riferimento”, malati che diventano consolazione per i sani, immigrati che “sanno mettere il poco che hanno a servizio di chi ha più problemi di loro”, disabili che portano gioia e fiducia, o il “nemico mortale che compie gesti di fratellanza e perdono”.

E poi, ci sono storie di bambini, come quella di Nicolas e di due mamme dal cuore grandissimo.

Ancora una volta, la forza della vita ci sorprende, proprio come ci ricorda il potente e bellissimo tema proposto dai vescovi italiani.

Vita meravigliosa, amata, fragile, sofferta, donata. Lasciamoci sorprendere dalla vita.

Ancora una volta. Sempre.

Lucia Tirabassi

«Vita meravigliosa, amata, fragile, sofferta, donata.
Lasciamoci sorprendere dalla vita. Ancora una volta. Sempre»

TESTIMONIANZA

Lettera ad un figlio del cuore
Caro Nicolas, sei arrivato a noi grazie alla potenza dell’amore, l’amore di due donne diverse, create per plasmare la tua vita. Una forse non la ricordi, l’altra la chiami mamma.
La prima la mamma della pancia, come la chiamavi quando eri piccolo, ti ha dato la vita, la seconda, la mamma del cuore è quella che ti sta insegnando a viverla.
La prima ti ha dato il nome, la nazionalità, il bisogno di amare, ha visto il tuo primo sorriso e sono certa che non lo ha mai dimenticato, l’altra è qui per soddisfare quel bisogno per calmare le tue paure e asciugare le tue lacrime. La prima ti ha dato in adozione: era tutto quello che poteva fare. L’altra pregava per un bambino e il Signore l’ha condotta a te.
Tu che sei nato dal cuore, ma non per questo sei meno figlio degli altri, sei stato l’attesa, il mistero, la pazienza la tenacia, il senso definitivo di tutto. Sei arrivato come un uragano, hai travolto la mia vita e l’hai conquistata. Non è stato facile scontrarsi con le tue ferite.
Tu che in termini di esperienza e di lotta con i lati oscuri e duri della vita hai già fatto molta più strada di me, ma la mia risposta a tanto dolore è tutta lì: nel mio cuore, che scoppiava d’amore ancor prima di cominciare. Camminerò con Te fino a quando riuscirai a dare vita ad un ‘unica nuova storia, la tua storia.
Camminerò con te fino a quando capirai che dono prezioso ti ha dato la mamma della pancia, quello della vita… ad ogni costo. Non sapremo mai cosa sia significato per lei portarti in grembo per nove mesi, farti venire al mondo per poi lasciarti al mondo. Ma tutti quei sentimenti sono ora racchiusi nel tuo sorriso, nei tuoi occhioni neri. E’ grazie al suo doloroso sì che noi ci siamo incontrati e siamo diventati una famiglia. Ogni volta che mi chiami “mamma”, il mio cuore sussulta, un piccolo miracolo che si rinnova. Quante volte guardando l’orizzonte e chiudendo gli occhi ho immaginato il nostro incontro, la nostra vita a tre e soprattutto immaginavo me un giorno finalmente mamma. Senza pensare ad un’altra “Mamma”, quella che non sarebbe mai diventata tale.
Quella a cui la natura avrebbe dato la pancia che spettava a me. Amore mio, non avrai i miei occhi perché hai i suoi occhi e non avrai il mio naso perché hai il suo naso, ma non potrei mai amarti più di così anche se tu avessi i miei occhi e il mio naso perché tu hai tutto il mio cuore. Fai buona notte tesoro, che domani ci aspetta un altro pezzo di vita insieme, ricordi da costruire che rimarranno indissolubili. E buona notte a te “mamma di pancia”, io e te legate da un filo invisibile d’amore senza conoscerci. Un filo che passa da un ragazzo che ha i tuoi capelli e il mio accento campobassano, il tuo naso e il mio gesticolare, il colore dei tuoi occhi e la mia gioia di vivere.
Grazie per il tuo si.

Monica