EDITORIALE

SEMINATORI D’INFINITO

Mi piace iniziare questo mio editoriale, per i mesi di questa torrida estate, con una celebre citazione tratta dal filosofo Martin Buber, di stirpe rabbinica:  “il mondo non è sempre comprensibile, ma è sempre abbracciabile”. Desiderava cioè sottolineare l’importanza delle relazioni, che avvolgono il mistero del cuore di ciascuno di noi. Perché, ciascuno possa costruire relazioni sempre più intense e nuove, capaci di verità, fino all’amicizia e agli abbracci. Anche di fronte al mistero della morte.

Le varie modalità di queste relazioni sono ben evidenziate in un celebre passo evangelico, che abbiamo letto in queste domeniche estive. È il Seminatore che esce a seminare, spargendo il seme su quattro tipi diversi di terreno. Cioè, i quattro cuori, che incontriamo nelle nostre famiglie o comunità. Il brano è narrato da Matteo al capitolo 13.

La strada è il primo terreno.  È sfuggente, segno della fretta e della superficialità. Quando non mettiamo anima in quello che facciamo o che diciamo. Parole che non lasciano il segno. Senza vita. Gli uccelli del cielo divorano quel seme, con beccate avide. Omelie che non penetrano;  oppure articoli freddi e ripetitivi. Vedi ma non comprendi, perché nulla viene trasmesso. È la politica, quando stancamente ripete o promette. È la Chiesa, quando dice, ma non fa.  È la scuola, quando non incide, perché avvolta dalla coltre pesante della burocrazia. È il chiasso del Gay pride, che non è capace di insegnare, ma solo di sollevare polvere illusoria, sul cuore dei nostri ragazzi, che faticosamente cercano la loro identità affettiva.

Poi, c’è il seme, che cade nel terreno sassoso. Non trova e non crea radici. Le cose che facciamo non hanno storia. Non nascono legami. Non addomestichi nessuno, come ben dice il Piccolo principe, tramite la voce della volpe. Non c’è identità. E questo crea incendi indomabili, come avviene in Francia, nelle periferie che bruciano, sollevati da una gioventù “ospitata in Francia” ma non accolta come francese. Brucia e fa bruciare. La democrazia va in fiamme, con il fallimento della missione educativa dello Stato. I volti che vedi non li personalizzi. E tu parli “a vuoto”, perché non fissi nessuno. Non ti senti parte delle cose. Non fai storia, perché non crei storie vere, che scavano il cuore.

Il seme allora cade tra le spine. Pungenti, che sono gli interessi diretti ed indiretti che impediscono il futuro libero di relazioni gratuite. Non si dice più “grazie”. Si teme sempre che sotto ci sia un interesse nascosto, pungente. Allora, anche un abbraccio, come avvenne per Giuda, può nascondere un tranello. Le relazioni sono violate. Il calcolo rovina ogni cosa. Il merito distrugge. Non sei valutato per quello che “sei tu”, ma per quello che porti o fai, a vantaggio di altri, tutti ingannati dalla ricchezza, come annota il vangelo. Ti senti una pedina. Non una persona! Nulla di più triste! Tu servi ad altri, con il rischio che anche tu, prima o poi, utilizzi altri a tuo servizio.

Ed infine, ecco finalmente il terreno buono, ben coltivato, produttivo e germogliante di vita vera. Sono le relazioni pure, autentiche, che creano un linguaggio sano. “Cor ad cor loquitur”, amava dire san Francesco di Sales, perchè “solo quello che esce dal tuo cuore entra nel cuore dell’altro”. Perché tu l’hai prima macinato, sofferto, vissuto. Si è fatto “tuo”. Perciò può diventare “nostro”, senza fretta o superficialità e senza interessi secondari.

Qui, sento di poter collocare, in questo editoriale, due figure che ci hanno lasciato, proprio nei  giorni estivi. Mi riferisco prima di tutto a don Pino Romano, scomparso il 19 luglio 2023. Diceva parole vere, autentiche, sincere, frutto della grande sofferenza, la terribile leucemia che lo ha stroncato. Era consapevole della sua “ora”. Perciò, non era né “la strada” né le “spine” né i “sassi”. Ma solo un terreno buono. Conosceva bene la sua realtà. E lo diceva con una chiarezza edificante: “domani sarò in paradiso”, ripeteva alla mamma, ai medici e al cappellano, nel mentre salutava tutti, anche per telefono, in un commovente commiato.

Lo stesso, a 20 anni di distanza, possiamo dire di don Stefano Gorzegno, inghiottito dalle onde del mare Adriatico, sulla spiaggia di Termoli, il 31 luglio 2003, mentre salvava una decina di ragazzi, affaticati dal mare, improvvisamente fattosi grosso. Non parlava, ma agiva e salvava con abbracci di salvezza piena, anche a rischio della sua stessa vita. Parole vere e capaci di seminare infinito, lasciandoci quel suo sorriso contagioso che lo rende così amabile a tutti.

Entrambi ci abbracciano, come veri amici, perché il “mondo anche se non è sempre comprensibile, è sempre però abbracciabile”, come ripeteva Martin Buber.

Grazie allora a don Pino e a don Stefano. Come grazie a tutti i veri amici che abbracciamo, che incontriamo sulla nostra strada, amici che ci hanno dato coraggio, che sanno aspettare per tutto il tempo che occorre, che ci perdonano gratuitamente. Che ci fanno felici, nelle piccole cose. Che sanno gioire con noi, danzando la vita, certi che il frutto maturo sarà al cento per uno, in un albero che si fa nido accogliente, per altri amici veri.

Campobasso, 22 luglio 2023, festa di santa Maria Maddalena, che ha abbracciato il Signore Risorto, annunciandolo poi con freschezza e libertà.

+ padre GianCarlo Bregantini