LA RIFLESSIONE

IL DISCORSO DELLA MONTAGNA

Io che sono noto come l’antesignano del pacifismo fui indirizzato tragicamente all’idea di armonia francescana che poi avrebbe pervaso la mia opera dalla Guerra di Crimea. Ufficiale della 14esima brigata di artiglieria, partecipai a molte azioni di quel conflitto a Sebastopoli, contro i Turchi. Uno spaventoso massacro di uomini e di mezzi con una tragica conclusione.

Successivamente, nei Racconti di Sebastopoli, denunciai l’assurdità di quello scontro, rendendo protagonista delle mie storie la verità. Sgradevole, aspra, talora ripugnante. Sullo sfondo la natura, con le sue albe magiche e i tramonti suggestivi, indifferente alle sofferenze umane.

Fu questa lezione durissima della vita che formò il mio rifiuto della violenza e la mia ricerca di verità tra le menzogne che si accompagnano ai conflitti.

L’idea della guerra giusta ha da allora sempre cozzato nella mia mente con la convinzione che non esista ragione per nessuna dichiarazione di ostilità armata nei confronti di un altro popolo.

Il titolo del mio più grande romanzo, quello che mi ha dato fama tra i contemporanei e tra voi posteri, Guerra e pace, è la sintesi di un’antinomia che ha un solo esito: la necessità di evitare la distruzione, i macelli, i massacri nei campi contrapposti.

Ora dal mio privilegiato punto di osservazione vedo attraversata di nuovo dalla bufera quell’Europa che al mio tempo era invece unita contro un nemico esterno.

Mi appare strano che noi russi siamo in lotta con gli ucraini, che erano la nostra stessa carne, e con gli altri popoli che hanno sempre diviso con la mia grande terra l’orgoglio di una cultura omogenea, resa esaltante da tanti contributi nei vari campi del sapere e dell’arte.

Ancor più mi sorprende che i motivi di questa nuova carneficina siano confusi, affidati a due propagande contrapposte, e che proprio quella parte che è emersa dalla seconda guerra mondiale con propositi di pace duratura non sia stata capace di mediare con la ricerca di un compromesso che scongiurasse lo sterminio.

Sento che c’è stata un’aggressione, ma la mia prospettiva mi dice che ce ne sono state almeno due, una conseguenza dell’altra.

E mi sorprende soprattutto che gli stati del nostro continente abbiano deciso di sottostare a un conflitto così lacerante su commissione di un agente esterno, che non ha la nostra tradizione e la nostra sensibilità e unità primigenia, che è nato quando la nostra storia era già millenaria.

Lev Tolstoj

 

Il gigante che ci ha scritto è la massima autorità in fatto di non violenza. Nei saggi “La mia fede” e “Il regno di Dio è in voi” riprese il “Discorso della Montagna” di Gesù:

“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno

ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra.”

Gandhi scriverà 40 anni dopo:

”Mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e di dubbio, incappai nel libro di Tolstoj “Il regno di Dio è dentro di voi” e ne fui profondamente colpito. A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell’ahimsa (quello che in sanscrito si traduce come non violenza).

E infatti da allora in poi Tolstoj e Gandhi avrebbero costituito la coppia ideale di riferimento per le posizioni pacifiste dell’ultimo secolo. Quelle adottate dagli spiriti genuini di tutto il mondo, che intendono naturalmente e intuitivamente il valore dell’armonia tra i popoli. Essi possiedono la verità.

Come dice Tolstoj, “I semplici spesso conoscono la verità meglio dei dotti, non perché essi siano strumenti ispirati dal divino afflato, ma perché la loro osservazione degli uomini e della natura è meno annebbiata da varie teorie.” 

Purtroppo la constatazione dell’assurdità della guerra, e soprattutto quando non si sono esperiti tutti i tentativi per evitarla prima con una trattativa, è un principio che fa fatica a farsi strada, perché viene avvertito come complesso e irrealizzabile. Ma qui ci aiuta lo stesso grande narratore russo con questa conclusione:

“La verità è scostante, perché è frammentaria, incomprensibile, mentre l’errore è coerente e conseguente.”

E coerente e conseguente è l’errore compiuto tutti i giorni da una campagna mediatica che appiattisce e banalizza come difesa della libertà democratica quella che è una tragedia di incomprensioni e rivendicazioni reciproche.

Roberto Sacchetti