IL GIUDICE LIVATINO E LA FESTA DEL CORPUS DOMINI

“CREDENTE IN CHIESA, CREDIBILE IN UFFICIO”!

Non è di certo casuale la coincidenza tra la Mostra sul giudice Livatino, esposta al tribunale di Campobasso, (1-15/06/23) e la grande festa che si è celebrata in questi giorni.

Solenne e coinvolgente. Ma anche profonda, nel suo messaggio di cambiamento.

Lo “stile eucaristico” ha avvolto ogni cuore. Ci ha detto con immediatezza che è possibile cambiare. Come cambia il pane in corpo ed il vino in sangue, così ogni uomo e ogni donna può “trasformarsi” e “trasformare” ogni luogo.

È il miracolo diffusivo della “transustanziazione”. Quando la notte, in cui fu donata l’Eucaristia, divenne “giorno” di luce. Da “notte di tradimento”, per la forza gratuita di Gesù divenne “notte di amore”.

È l’autentico miracolo. Il vero “mistero” che ci rende stupiti e carichi di meraviglia, verso un Dio che sa cambiare le sorti di un popolo.

Così è stato per il giudice Rosario Livatino. Viene da una terra segnata da 1000 problemi, qual’era la provincia di Agrigento nella cittadina di Canicattì, spesso citata come luogo sperduto nella lontananza di cuori smarriti.

Eppure, proprio qui, dove lui nasce nel 1952, si forma questo giovane colto, ben raffinato per la gentilezza di una famiglia che lo ha cresciuto con un cuore grande.

Studi giuridici. Formazione, tramite la Azione Cattolica, bravi maestri, nel liceo è in università a Palermo.

Ingresso in Magistratura, con fierezza di missione. Quasi un mandato evangelico!

Vero laico, che vive già nel clima di un Concilio, applicato nella coerenza di una testimonianza qualificata!

Infatti, diventa “credente”, per la bellezza di una catechesi ben impostata.

Ma poi, si fa “credibile”, come scrive nel suo diario: “non mi basta essere credente; vorrei essere soprattutto credibile”.

Credente, in chiesa. Credibile, in ufficio, tra le cause di un giudice che non si rassegna. Perché vuole “trasformare” la sua Sicilia in un dono di bellezza e di colore, così come il Signore l’ha fatta.

Ma riesce a trasformare la sua fede tra “credente” in vera ed eroica testimonianza, perché si nutre di Eucaristia.

Ogni giorno, al mattino, prima di entrare in ufficio in tribunale, passa dalla chiesa accanto e riceve l’Eucaristia. Proprio come dice il Vangelo della festa: “colui che mangia me, vivrà di me. E vivrà per me”. (GV 6,57).

È la potenza dell’Eucaristia. La forza trasformante di un mistero che non ci stancheremo mai di contemplare, perché da contemplato, divenga finalmente testimoniato. Come fece questo “giovane magistrato “ragazzino”. Non ingenuo, ma puro, autentico, dritto nelle sue scelte, senza condizionamenti esterni.

Una scelta radicale, che lui, ben consapevole, ha pagato con la vita.

Nel combattere la mafia siciliana, così radicata, comprese che bisognava lottare tutti uniti.

Ciascuno capace di collaborare con altri magistrati. Non una lotta a pezzetti, ma una strategia d’insieme, frutto però di una grande umiltà, che lui aveva maturato vivendo di Eucarestia.

Cioè, di un pane spezzato per amore, di un’alleanza, costruita nel sangue versato.

È il mistero che lui stesso ha vissuto e sofferto, quando i sicari, mandati con determinazione dei boss malavitosi, gli hanno sparato in bocca, tra frasi ingiuriose.

Eppure, proprio mentre registriamo questa perfidia della mafia, ecco che il Signore pone sulla sua strada un testimone eccellente: Pietro Nava, che passava di lì, per caso, per motivi commerciali. Vede ed annota tutto, per poi puntualmente testimoniare in processo, con quei particolari esatti che renderanno più facile l’individuazione dei killer, fino al loro arresto e alla loro condanna all’ergastolo. Definitiva!

È sempre nella logica eucaristica della trasformazione. Una notte di morte si fa un’ora di speranza. E Livatino sorride ancora, “sub tutela Dei”, come segna sulla sua agenda di lavoro quotidiano.

Ogni giorno questa sigla, e misteriosa all’inizio: “S.T.D.”. Poi finalmente, svelata appare quella presenza eucaristica che si fa cibo per il profeta Elia, che dall’angelo sente una voce chiara: “su, mangia, perché troppo lungo il cammino per te”. (Re 19,7).

Mai il male potrà vincere!

Ed il suo vescovo, Carmelo, ai funerali, opportunamente proclamava: “Noi crediamo in te, o Signore, unico liberatore dell’uomo, che verrai a giudicare i vivi e i morti e il tuo regno non avrà fine”!

Veramente, l’Eucarestia è la forza dei martiri. Sangue sparso, per una fede che si fa testimonianza, poiché non basta oggi più essere semplici credenti; occorre diventare “credibili”, nel sangue sparso, per amore. Come fece Gesù! Amen

+ padre, Giancarlo Bregantini, vescovo