IL PERENNE PROFUMO DEL CRISMA

Uno dei momenti più commoventi nella mia vita di Vescovo è sempre stata la consacrazione degli olii, nella messa crismale del Giovedì santo. La vivo ormai da circa 30 anni. In cattedrali diverse, come Bari, Locri, Gerace, Campobasso, Bojano. Ma identica è sempre stata la commozione. Quello che mai è cambiato nella mia vita di Pastore, in queste liturgie pasquali, è stato il profumo del Crisma. Semplice olio di oliva, dono di sant’Elia, per la mano generosa della famiglia di don Michele Tartaglia, inebriato però dal profumo del Bergamotto. Intensissimo ed unico, da me inviato nella pasqua del 1996, a tutte le diocesi d’Italia, dopo la devastante distruzione delle serre del Progetto Policoro ad opera della mafia calabrese, invidiosa della forza morale che avevano già assunto le serre, costruite con l’aiuto determinante del Trentino, nelle realtà sofferte di Platì e san Luca. Le diocesi italiane ci avevano aiutato con fondi speciali per la ricostruzione delle serre. Andavano ringraziate. Ed ecco la geniale idea: inviare a ciascuna di esse una boccetta di profumo di bergamotto, da innestare nell’olio del crisma. Il gesto ebbe grande risonanza ed è tuttora continuato, con fedeltà creativa, dai vescovi Morosini ed Oliva, miei successori a Locri. Li ringrazio, per aver dato continuità a quel gesto profetico. Ma soprattutto ringrazio il Signore, perché sempre sa profumare i nostri luoghi di vita con la bellezza di un’essenza unica, estratta sapientemente dall’agrume del Bergamotto, che cresce solo (unico luogo al mondo!) lungo i circa cento chilometri di costa calabrese, da Bagnara a Siderno.

Anche quest’anno la liturgia celebrata nella Chiesa di santa Maria ai Monti, antichissimo luogo di preghiera per la nostra comunità campobassana, il segno si è fatto invito a vivere la fraternità, memore della gioia del salmo 132: Ecco come è bello che i fratelli vivano insieme. E’ come olio profumato che scende, che scende sulla barba di Aronne.Con rinnovato stupore, ricordo così quel 7 aprile 1994, a Crotone, quando il vescovo mons. Giuseppe Agostino mi versò sul capo l’olio della consacrazione episcopale. Fu così abbondante che scese, letteralmente, fino alla mia barba, riempiendo di letizia la gremitissima Cattedrale e lasciando una scia incancellabile sulla semplicissima mitra.

Ora vivo  quella fase di vita, quando si rilegge volentieri il cammino fatto. Il Giovedì santo di quest’anno mi ha spinto così a rivivere la consacrazione, insieme a tutti i miei preti e diaconi. Ma al ricordo, si è aggiunta la sua valenza sinodale, nella gioia di un profumo che nasce da un cammino compiuto insieme, come fratelli, tutti.

E nel profumo, sento che tanti altri tratti di strada sono stati belli per la mia vita di Pastore, con l’odore delle pecore, specie nelle visite pastorali, lungo le colline della Calabria o ora del Molise, nei nostri piccoli borghi che rivelano, in quei magici giorni, la loro identità meravigliosa, per stare accanto a preti da rianimare, malati da visitare, sindaci da sostenere, scuole da incontrare con il fascino di lavagne fatte messaggio di speranza: “tu solo puoi farcela, ma non puoi farcela da solo!”. Certo, nel rivivere, accanto al profumo, emergono con chiarezza, in circa trent’anni di episcopato, anche tanti errori fatti, scelte sbagliate, iniziative rimaste a metà con intuizioni che non hanno dato frutto!

Eppure, questa rilettura della mia vita di vescovo la vivo sempre con la gioia del profumo, specie quando lo stesso crisma profumato l’ho potuto spargere sulle mani di tanti giovani preti, in Calabria e in Molise. Anche i limiti, evidenti, li trasformo allora in grazia e benedizione, come avviene con la faticosa spremitura della buccia del bergamotto che ci regala l’essenza vivacissima. Tutto è grazia, come ripete la lettera ai Romani, guida perenne nel duro confronto con il male e con la mafia, dove riemerge lo slogan paolino, riguardante Abramo, riscoperto in questi mesi duri di malattia: “contra spem, in spem credidit”. Trasformare è sempre stato il mio verbo preferito: la notte in giorno, la violenza in amore, la sconfitta in vittoria, i limiti in risorsa, le ferite di sangue in feritoie di grazia (come nella storia dell’apostolo Tommaso!). Per riscrivere sulla lavagna: “Ancora”,vera parola di speranza, capace di cancellare la parolaccia “Ormai!”!.

Ecco, perché concludo questo mio arazzo, da colori pastello, con la profonda intuizione di Charles de Foucauld, che nel 1916, ultimo anno di sua vita, scriveva: “Dio costruisce sul nulla. E’ con la sua morte che Gesù ha salvato il mondo; è con il niente degli Apostoli che ha fondato la Chiesa; è con la santità e nel nulla dei mezzi umani che si conquista il cielo e che la fede viene propagata”.

                                                                                    + p. GianCarlo, Vescovo