TRATTATIVE, NON ALTRE ARMI!

Dalla settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani, quest’anno è salito un grido unanime per disarmare il mondo con l’arma del dialogo, perché la pace, essendo insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso, è possibile ed è dovere di tutti intraprenderla e difenderla. In questa prospettiva, resistere al male significa intraprendere la strada giusta, l’unica strada giusta. Cioè la strada delle trattative e non la strada delle realtà offensive. Bisogna trattare e non armare. A tal proposito, mi piace riportare una riflessione di Raimon Panikkar Alemany, piena di spunti per ciascuno: “La sfida dell’epoca moderna – secondo il pensatore – consiste nel passaggio da una cultura della guerra (che spesso viene dissimulata sotto espressioni quali «competitività», «dobbiamo essere i migliori») a una cultura della pace. Ma pace non vuol dire soltanto assenza di guerra, bensì una nuova cultura, una crescita dello spirito e della vita umana le cui radici non affondano nella competitività e nella guerra. La cultura della pace è la cultura della diversità, che in termini filosofici possiamo definire pluralismo”. Questa cultura si fonda ovviamente sulle relazioni e quel che può aiutarci è cogliere l’importanza del passaggio “dall’arena all’agorà”. L’arena è simbolo del combattimento, della guerra, delle uccisioni. L’agorà invece è lo spazio dove ci si parla, dove si discute per arrivare ad una soluzione.

E’ poi straordinario l’aneddoto raccontato da Panikkar perché diventa una pagina guida per i nostri dibattiti, avviati già durante la giornata dedicata alla marcia della Pace che, in diocesi, abbiamo vissuto sabato 14 gennaio 2023, partendo da un luogo molto significativo che è appunto la Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore, simbolo di pace tra Trinitari e Crociati: “Il cugino di uno dei miei studenti – raccontava Panikkar – era andato a fare l’insegnante in un villaggio africano. Ma non voleva insegnare quel che sapeva, perché lo considerava un atto colonialista. Accettò soltanto di tenere corsi di ginnastica. Un giorno si presentò ai ragazzi con una scatola di caramelle. L’attenzione di tutti era rivolta a questo giovane alto, bello, grande. Il giovane americano disse loro: «Vedete quell’albero laggiù, a cento o duecento metri? Bene, io conterò fino a tre e voi vi metterete a correre. Chi arriverà primo si meriterà questa scatola di caramelle». Gli otto o nove ragazzi che aveva attorno rimasero perplessi e poi, quando lui contò fino a tre, si strinsero per mano e corsero insieme: volevano condividere il premio. La loro felicità stava nella felicità di tutti. Questi ragazzi ci offrono forse uno spunto per dare nuove fondamenta alla vita democratica”. E corsero insieme…Quanto futuro c’è in quest’espressione! Quanta pace! E’ l’atteggiamento vincente e necessario che, oggi, può creare un processo coraggioso, sostenuto da una grande forza morale, per cui sentiamo dentro di noi quella forza d’animo che ci permette di superare le difficoltà insormontabili, di non ricadere nell’orrore della Shoah, di lavorare piuttosto, tutti insieme, alla riduzione delle distanze tra le varie parti.

Per la Pace più volte ho chiesto in preghiera l’intercessione di Papa Benedetto XVI. La sua morte mi ha profondamente commosso ed esprimo tutta la mia riconoscenza e la mia gratitudine per la sua grandezza spirituale, per averci insegnato che vivere l’amore cristiano è fare entrare la luce di Dio nel mondo. Senza questa luce, l’umanità rischia di restare al buio inevitabilmente. Nient’altro può sostenerci che la piena maturazione in questa verità. Questo nuovo anno 2023 lo poniamo sotto il manto di Maria, fiduciosi nella forza trasformante del bene, pronti ad irrigare i sentieri del mondo con la speranza.

+ padre GianCarlo Bregantini