ARTI E MESTIERI NEL TARDO RINASCIMENTO

La costruzione della basilica di San Pietro ebbe inizio nel 1508 con Giulio II e si concluse nel 1626 con Urbano VIII, architetti principali Bramante e Bernini. Le proporzioni erano gigantesche (Altezza cupola 133, lunghezza 218, larghezza 71).

Il luogo in cui sorse era poco più che campagna, con animali di cortile e di vario allevamento in circolazione, per rendere l’idea di quanto possa fare l’opera dell’uomo nella positiva trasformazione dell’esistente.

Lo sforzo economico della Chiesa, avviato dal grande papa umanista Giulio II, si accentuò dopo la Protesta di Lutero, così che la Basilica divenne la risposta architettonica della Controriforma, impegnata nella diffusione dei suoi simboli e delle sue immagini di fede presso una popolazione che in massima parte era costituita da analfabeti, per questo ritenuta sensibile solo ai messaggi delle figure e delle strutture della cattolicità.

Per più di un secolo, organizzati dalla Fabrica Sancti Petri, affluirono in quello spazio prima quasi impraticato operai delle pietre, dei marmi, del legno, del vetro, dei metalli preziosi, per realizzare travi, capriate, mensole, impalcature, con l’aiuto di gru e di carriole, esattamente come era avvenuto in secoli precedenti per le grandi cattedrali gotiche, con il solo non irrilevante particolare che in questo caso il finanziamento non aveva la provenienza della fase medievale, ma in buona parte era opera del tesoro del Vaticano.

Erano anni in cui Michelangelo decorava la volta e la parete della Cappella Sistina con le Storie della Genesi e il Giudizio Universale e Raffaello le Stanze Vaticane, soprattutto La Scuola di Atene nella Stanza della Segnatura, per citare i più grandi, impegnati in una continua sfida di ciascuno con la popolarità dell’altro e del direttore del cantiere della Basilica, Bramante.

Naturalmente il sistema delle commissioni si irradiava in altri luoghi dell’Italia e dell’Europa, dalle frequentazioni dei Medici in Italia al re di Francia nei vari castelli della Loira. Leonardo dalla toscana sarebbe approdato a Milano, a Roma e alla corte di Francesco Primo e dopo di lui, deluso dalle misere richieste di papa Clemente VII, si trasferì oltralpe Cellini, realizzando tra l’altro la famosa Saliera che avrebbe esaltato attraverso la sua arte la capacità straordinaria degli orafi italiani; e presso i Medici finalmente, al suo ritorno, il suo Perseo si sarebbe presentato come un miracolo di fusione per quei tempi.

Ma dovemmo attendere l’ingresso del nuovo secolo per assistere alla eccezionale vena con cui Caravaggio, interpretando in maniera del tutto personale il compito affidatogli dalla Chiesa, quello appunto di illustrare al popolo gli esempi dei testi sacri, realizzò una vera e propria dimostrazione di realismo laico, che può essere testimoniata per tutte nella Madonna di Loreto: un’opera in cui ci presenta in primo piano le piante sporche dei piedi dei pellegrini inginocchiati ritratti di spalle davanti a una Maria che conferma la scelta popolare nelle fattezze di lei e del suo piccolo, comuni a quelle di qualsiasi madre incontrata nei quartieri poveri e sani della società.

Era un periodo nel quale la Chiesa necessitava comunque di un dialogo forte con l’intera comunità per ribadire la centralità della fede cattolica. E a tale scopo incrementava al massimo stadio le commissioni di opere nelle parrocchie, nei santuari, nelle cattedrali del suo Stato e di quelli confinanti.

Tornando comunque alla Fabrica Sancti Petri, è noto che tutti i materiali utili per il progetto della basilica passavano senza pagare dogana grazie alla dicitura AUF (Ad Usum Fabricae). Da qui l’epressione “a ufo” per dire gratis.

Oggi in Vaticano è aperto l’archivio della “Fabrica”, in cui si possono consultare dati preziosi sulla febbrile attività dei cantieri, e, come già ricordato, è sorta una Scuola di Arti e Mestieri che si prefigge di richiamare la storica attività delle corporazioni che resero possibile lo sviluppo dell’architettura, pittura, scultura, manifattura che ha caratterizzato le principali mete turistiche dei nostri tempi, ma cerca anche di rivalutare tante professionalità artistiche e artigianali che si rendono forse indispensabili sia per offrire nuove potenzialità lavorative sia occasioni di recupero di un rapporto umano con il mondo del fare.

 Roberto Sacchetti