Lettera ai posteri di Bertolt Brecht

IL TEMPO NON HA INSEGNATO NULLA

Il tempo non ha insegnato nulla. L’industria delle armi ancora ispira la politica internazionale. E quello che sconvolge è che proprio chi si ammanta di valori democratici opera approfittando delle sue credenziali pseudo umanitarie per far passare una linea disumana. Quando scrissi Santa Giovanna dei macelli, intesi smascherare le manovre del capitalismo più cinico, pronto a ridurre alla fame e agli stenti i più deboli per le sue mire al profitto. Era in quel caso un produttore di carni nel periodo della crisi del ’29.

Quando scrissi la seconda versione di Vita di Galileo, impressionato dalla barbara scelta americana di sterminare due grandi città del Giappone per porre fine alla guerra (non contenta di avere creato campi di concentramento per italiani, tedeschi e giapponesi, forse per impedire atti di tradimento da parte di chi pure viveva nel loro territorio da decenni), immaginai che l’abiura del grande scienziato fosse paragonabile alla sciagurata decisione con cui Oppenheimer, Fermi e altri dichiararono la sconfitta della scienza, usata in quella circostanza contro l’umanità.

Quando scrissi Madre Coraggio, volli analizzare le conseguenze della guerra dei trent’anni sulla psicologia di una semplice vivandiera ridotta a osservare senza emozione la strage del conflitto dopo che le avevano ammazzato il figlio.

Quando scrissi L’anima buona del Sezuan, conclusi amaramente che in quel mondo fantastico ma purtroppo simbolico di una deprimente realtà fosse difficile anche fare del bene, se bisognava aspettare che tentasse di farlo Shen Te, una prostituta, e se le sue azioni trovavano continui ostacoli nell’egoismo diffuso.

Quando impostai il mio teatro come una successione di stazioni, episodi, apparentemente separati, intendevo riflettere sulla impossibilità di comunicare in maniera autentica e fattiva nel contesto nazionale e internazionale.

E ora devo costatare che con la più grande tranquillità si praticano le armi e si accentua l’incapacità di comunicare, soprattutto con due aggravanti: di vedere le ragioni di uno solo dei contendenti e di oscurare quelle dell’altro.

Nel periodo nazista mi allontanai dalla mia patria per distogliere anche la mente da un regime assassino. Pensai che fosse meglio andare nella libera America per testimoniare da lì contro Hitler nella mia opera. E contro le velate accuse di tradimento della mia terra immaginai, nella prima versione di Vita di Galileo, che il grande scienziato avesse abiurato non per salvare se stesso ma per continuare a scrivere secondo il dettame copernicano nei Discorsi su due nuove scienze, che gli facevo consegnare al discepolo Andrea Sarti proprio smentendo la convinzione del giovane che il suo maestro avesse rinunciato alle loro teorie per il suo tornaconto.

Realizzai così un personale straniamento che mi valse il metodo di osservare i fatti da una prospettiva libera. In un concetto, sfuggii alla propaganda nazista, che avrebbe potuto convincermi prima o poi restando all’interno di quella folle corsa tedesca. Del resto la stessa cosa fece Thomas Mann, esule negli Stati Uniti, aggiungendo alla denuncia delle mostruosità naziste quella di una certa complicità nazionale, dettata appunto dal lavaggio del cervello operato dalla propaganda.

Per questo ora vi metto in guardia dalle tesi sbrigative e dalla logica delle armi. Abbiate il coraggio di esprimere i vostri dubbi contro chi non sente altre ragioni e combattete sempre, in ogni circostanza, la guerra.

 

A proposito di campi di concentramento per giapponesi vorrei ricordare il bellissimo film “Benvenuti in Paradiso” di Alan Parker, sempre attento analista di problemi americani, come in “Evita”, il musical in cui osò affrontare il tema del peronismo in modo onesto, portando tra l’altro la popstar Madonna a una mirabile interpretazione, sia come cantante che come attrice, nei panni della donna più amata nella storia del Sudamerica.

Quanto a Bertolt Brecht, I migliori protagonisti della letteratura ci insegnano sempre come agire. E ci impongono di affermare le ragioni della cultura sulle violenze degli interessi economici e sulle idiozie del sistema di comunicazione. Anche i pareri di minoranza sono utili in questa lotta per la vittoria delle buone intenzioni, forse sono gli unici efficaci e fertili semi della pace.

Roberto Sacchetti