Lettera di Hermann Hesse ai posteri

IL SONNO DELLA RAGIONE

Sono vissuto fra due guerre assurde una più dell’altra, come tutte, causate dalla stupida difficoltà di dialogo. Durante la prima mi sono distinto e sono stato bollato come pacifista, quasi fosse un’infamia, e non a caso mi sono dedicato a trovare libri per i prigionieri tedeschi, ma nessuno ha capito lo scopo nascosto di questo gesto, l’invito a conoscere gli altri che ci suggerisce la letteratura. Dopo la seconda mi ritirai nel Canton Ticino, in cui scacciavo la depressione ripulendo le erbacce delle mie aiuole o dipingendo le montagne; anche in questo caso si soffermarono sulla mia sofferenza mentale anziché riflettere sull’insania umana che l’aveva provocata.

Lasciai però nel Gioco delle perle di vetro l’idea che l’ars combinatoria, intesa come confronto di idee, dovesse tendere alla consapevolezza e alla salvezza universale; molti ritennero che mi fossi esercitato sul tema del rapporto fra astrazioni e flusso della vita, mentre il motivo principale è il fatto che i due protagonisti di turno, allievo o maestro del gioco, sono inconsapevolmente uno alla ricerca dell’altro.

Sia nella prima che nella seconda esperienza mi sentivo come Swift o Gulliver che si isola per allontanare da sé le intemperanze degli uomini. O come Candido di Voltaire che, al termine del lungo viaggio nelle assurdità del mondo, svanita la prospettiva di un modo migliore, si concentra sul suo orto. In realtà in uno dei racconti del Gioco delle perle di vetro, forse vi è sfuggito, il giovane e il vecchio maestro si impegnano per la pace, uno imponendo l’ascolto l’altro obbligando con vari metodi.

Ho anche detto in Siddharta, quando mi rifugiai in oriente per vedere le cose diversamente, che “ciò che è saggezza di un uomo suona sempre un po’ sciocco alle orecchie degli altri”. Sempre sulla necessità di parlarsi e confrontarsi. In proposito ricordo che da giovane intellettuale progressista amavo il Goethe romantico dei Werther, e questo corrispondeva bene al mio combattivo impegno politico, ma poi seguirono le varie versioni del Faust, in cui l’atmosfera intuitivamente cambiava sempre più. E continuavo ad amare Goethe senza sapere perché. I miei compagni socialisti mi ammonivano che non potevo avere simpatie per uno scrittore borghese. L’illuminazione arrivò con l’avvento del nazismo. Quella fase così assurdamente impulsiva e irrazionale dell’ascesa di Hitler mi rivelò il vero motivo della mia istintiva adesione al Goethe più maturo: l’affermazione della ragione sulla forte ubriacatura sentimentale del primo periodo.

La nostra Germania aveva stretto con il fuhrer un patto diabolico, come avrebbe denunciato Thomas Mann nel Doctor Faustus, individuando una responsabilità collettiva nella sciagurata vicenda nazista. Infatti le esagerate e umilianti condizioni di pace imposte dalle nazioni vincitrici avevano ridotto la popolazione tedesca alla fame, accentuando le conseguenze del crollo di Wall Street con un’inflazione dai risvolti drammatici e instillando un desiderio di rivincita e di riscatto oltre ogni limite razionale.

Ora, nel vostro tempo, mi sembra che accada la stessa cosa. Sanzioni al posto del dialogo, movimenti di armi ai confini, scatenamento della violenza sui popoli. Ma soprattutto si è persa l’unica strada possibile, quella del confronto, con due propagande contrapposte. E’ come se il gioco delle perle di vetro si fosse sclerotizzato in una pura combinazione di idee e di verità senza senso se non quello di eliminare il contraddittorio. E mi riconosco amaramente in tutti quelli che non possono parlare, tacciati come me di pacifismo.

                                                                                             Hermann Hesse

Ricevo e volentieri pubblico dal grande autore amato dai giovani di 50 anni fa proprio per aver individuato con Siddharta le storture della cosiddetta civiltà occidentale in un bagno nella filosofia orientale. Purtroppo le perle di vetro sono diventate palle di cannone, per dirla con un‘espressione vecchia che non rende l’idea della devastazione provocata dai moderni ordigni. E le biglie che rotolano sono vuote dimostrazioni di forza autodistruttiva, con governi che si esaltano in un’insana violenta affermazione delle pretese della democrazia o dell’autodeterminazione o della vendetta, mentre ci conducono al sonno della ragione. Immersa ciascuna parte nella propaganda del proprio ambiente, non discute, non confronta ma afferma e impone la propria verità. Non sono più combinazioni, ma stanche improduttive sterili ripetizioni di idee.

                                                                                      Roberto Sacchetti