NELLA BOTTEGA DI SAN GIUSEPPE A NAZARET

Vorremmo tutti poter entrare un giorno nella bottega di san Giuseppe, a Nazaret. Sentire il profumo del legno appena lavorato. Scorgere gli attrezzi che con perizia insegna al figlio, omai ragazzo cresciuto, Gesù di Nazaret. Insomma, farci da parte e contemplare quella scena di paradiso, che rende la vita nuova. Giuseppe che fatica con il sudore sulla fronte; Maria che gli offre un sorso d’acqua freschissima dalla fontana del paese; Gesù che inizia a farsi artigiano, imparando il duro ma nobile mestiere del falegname.

E’ l’augurio che ho espresso con forza nell’omelia dettata dal cuore mio di Vescovo, per la festa del Primo maggio 2022, nella parrocchia di san Giuseppe in città. Cioè, imparare da quella bottega a dare significato e dignità ad ogni lavoro, a saper farsi artigiani che insegnano e apprendisti che imparano, con umiltà e consapevolezza. In reciprocità. Ogni lavoro, infatti, merita la stessa considerazione, la medesima stima. Tutti sono segnati dal sudore che rende nobile ogni lavoro. Al di là e al di sopra della paga oraria. Perché è la persona che dona dignità al lavoro, non il lavoro alla persona. Chiarissimo su questo l’insegnamento di quella bottega. E’ il Figlio di Dio che opera. E’ suo papà che gli insegna. E’ la sua mamma che lo accompagna, con sguardo di tenerezza.

E se un giorno, sul lago di Galilea, di fronte alle reti vuote, quel “personaggio” sconosciuto che, osservando la scena delle reti vuote, osa lanciare un’innovazione inaspettata, che sa di ingenuità (lanciate la rete dalla parte destra, cosa che non fa nessun bravo pescatore!), forse è perché proprio quel Gesù ha visto spesso il suo papà Giuseppe pronto a tentare strade nuove, capace di osare un’innovazione. Il lavoro, infatti, spinge sempre a pensare e proporre una cosa nuova, inedita. Ma feconda di grazia, proprio come è avvenuto quel giorno, quando la rete, lanciata dalla parte destra, si riempì di pesci, tra lo stupore di Giovanni, il più giovane della scena, che ne trasse il segno di grazia, esclamando: “E’ il Signore!”.

Le cose nuove, cioè, immaginiamo che non siano mai mancate nella bottega di quel falegname. Non per un facile miracolismo, ma per la voglia di tentare l’innovazione che è frutto maturo della solidale collaborazione, in stile di unitarietà, tra i colleghi e vicini di banco, sul lavoro. Collaborare è allora innovare. Come quel giorno, in fonderia per me, a Verona, quando il mio vicino di fatica, vedendomi stanchissimo per il caldo della macchina (dovevamo fare un pezzo ogni venti secondi!) si offrì con slancio: Quanti pezzi devi ancora fare? Duecento? Ebbene, cento te li faccio io!” Ecco perché allora quella rete non si squarciò, come ben annota Giovanni. Non si  spezza quando hai fiducia. Quando dai fiducia. Quanto prendi su di te il carico del più debole. Quando soprattutto restituisci fiducia anche a chi ti ha tradito. Come avvenne, sempre sulla riva del Lago, tra Pietro e Gesù. Una domanda, per tre volte ripetuta. Sempre la stessa: Pietro, tu mi ami? Certo, in dimensione lavorativa, era una scelta perdente riallacciare relazioni con lui. Pietro meritava il licenziamento immediato, perchè aveva “tradito la fiducia dell’Azienda”. In pieno, davanti a tutti. Come si poteva rimetterlo in gioco?. Andava subito licenziato. E basta.

Ed invece, Gesù lo riprende. Gli da ancora fiducia. Gli mantiene il posto di lavoro. Lo rilancia, pur consapevole del rischio evidente. E’ quel gesto inaspettato, oltre le nostre logiche, che ci insegna ad avere sempre fiducia dei colleghi. Anche di fronte a impegni non mantenuti. O a scelte differenti. Licenziare non è mai la scelta opportuna. Licenziare è costruire ragnatele  e non reti! Le ragnatele il ragno le costruisce per uccidere. La rete, invece, è fatta per salvare e risollevare. Occorre allora  accompagnare, sempre! Anzi, soprattutto quando l’altro sbaglia (anche  un prete!) è necessario  leggere nel cuore. E ridare fiducia! Come Gesù, che rassicura Pietro: Pasci i miei agnelli e le mie pecorelle! Ti rilancio. Ho fiducia in te, poichè tu m’hai detto, delicatamente: “Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo!”. Comprendiamo, allora, la frase finale del brano: Seguimi!”.  E’ come se Gesù stesso ci dicesse: “Entrate nella bottega di Nazaret ed imparate da Giuseppe ad impostare in modo nuovo il vostro lavoro, per costruire reti e non ragnatele!”.

+ padre GianCarlo Bregantini