INTERVISTA A MONS. RICCARDO BATTOCCHIO

CHIESA E CAMMINO SINODALE

Il 10 ottobre 2021 il Santo Padre Francesco ha aperto ufficialmente il processo sinodale, un cammino che – attraverso alcune fasi, tra cui la fase diocesana – porterà alla celebrazione del Sinodo dei vescovi del 2023. Il tema del Sinodo è la stessa sinodalità. Mons. Riccardo Battocchio, Rettore dell’Almo Collegio Capranica e Presidente dell’Associazione Teologica Italiana ha risposto ad alcune domande sui fondamenti e sulla portata teologica del processo sinodale, per aiutare i lettori della nostra rivista a comprendere meglio e a partecipare con maggiore consapevolezza al cammino della nostra Chiesa diocesana e della Chiesa universale.

1) In questi mesi la Chiesa è impegnata nel cammino sinodale, qual è la consistenza e quali sono le linee di fondo di tale cammino? Quali le attese?

Essere “in cammino”, per la Chiesa, è o dovrebbe essere una condizione normale, in obbedienza alla parola di Gesù: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…» (Mt 28,18). Il particolare cammino che il popolo di Dio – fedeli laici, religiosi, pastori – è chiamato a percorrere in questo tempo si colloca “nel cono di luce del Concilio”, per usare un’espressione del papa San Paolo VI. Se vogliamo comprenderne il senso dobbiamo riandare ad alcuni testi fondamentali del Vaticano II. Penso anzitutto alla costituzione dogmatica Dei Verbum: «Piacque a Dio, nella sua bontà e sapienza, rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà … [egli] parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con loro per invitarli e ammetterli alla comunione con sé». La Chiesa esiste per testimoniare e anticipare nella storia, pur con tanti limiti e difetti, la comunione con Dio. Essa è «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium), condividendo «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Gaudium et spes). Perché la Chiesa sia fedele a Dio e alla sua parola, tutti i battezzati sono chiamati a dare il loro contributo, con quella partecipazione «piena, consapevole e attiva» che si esprime nelle celebrazioni liturgiche, come insegna la costituzione Sacrosanctum concilium, ma che non può esaurirsi in esse.

Il cammino sinodale avviato da papa Francesco, ispirandosi al Concilio, non è una novità assoluta. Nei decenni successivi al Vaticano II molte chiese locali (diocesi) hanno fatto esperienza di eventi o cammini sinodali, adottando metodi e stili diversi (almeno nelle intenzioni) da quelli dei sinodi celebrati dopo il Concilio di Trento, fino alla prima metà del Novecento. Sono stati creati organismi di partecipazione, come i consigli pastorali parrocchiali e diocesani o i consigli presbiterali. Si tratta ora di comprendere meglio che Chiesa ha un carattere “sinodale” non solo perché di tanto in tanto alcuni sono convocati per consigliare o per prendere decisioni, bensì perché tutti i battezzati sono in linea di principio coinvolti, in modi diversi ma con pari dignità, nella vita e nella missione della Chiesa.

2) Il cammino sinodale ha, senza dubbio, un suo fondamento e un suo vigore teologico. Cosa dicono questi aspetti alla teologia? Quali sono gli interrogativi che il cammino sinodale pone alla teologia?

Il fondamento teologico del cammino sinodale non è altro che il fondamento teologico della Chiesa, se è vero, come ha ribadito papa Francesco ispirandosi a un passo di San Giovanni Cristostomo, che «Chiesa e sinodo sono sinonimi».

La Chiesa intera appare come «il popolo radunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (è un’affermazione di San Cipriano di Cartagine, ripresa dal Concilio Vaticano II). All’origine della Chiesa c’è la chiamata a mettersi assieme in cammino, seguendo Gesù e lasciandosi guidare dal suo Spirito, per testimoniare ciò che Dio ha compiuto e compie per far vivere le sue creature.

A questo proposito, il libro degli Atti degli Apostolici ci offre molte indicazioni sullo stile da assumere per rispondere alla chiamata di Dio. Allo stesso tempo gli Atti degli Apostoli ci mettono di fronte alle difficoltà del cammino, ai momenti di crisi e alle strade percorse per affrontare e risolvere i conflitti che segnano anche la vita e la missione della comunità ecclesiale.

A partire dagli anni ’70 del Novecento la teologia cattolica ha sviluppato un’articolata riflessione sulla sinodalità. Alcune questioni rimangono aperte: tutti sono chiamati a partecipare, ma tutti allo stesso modo? C’è qualcosa, oltre all’appartenenza legata al battesimo, che autorizza a prendere parte attiva alla vita della Chiesa? Come pensare oggi i compiti di coloro che nella Chiesa svolgono un particolare servizio (un “ministero”), in forza del sacramento dell’ordine, in rapporto ai carismi di cui tutti sono portatori (secondo quanto scrive San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi: 1Cor 12,7) e ai diversi servizi svolti in forza di questi carismi? Come valorizzare le esperienze sinodali delle tradizioni cristiane diverse da quella cattolica (ortodosse, protestanti)?

3) Quale beneficio porterà il Sinodo alla Chiesa di oggi?

Siamo solo all’inizio del particolare cammino che vedrà come appuntamento chiave la XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (prevista nell’autunno 2023) ma che non è destinato a esaurirsi in essa. Non sappiamo ancora quale beneficio esso porterà alla Chiesa. Questo è il tempo dell’ascolto e sappiamo bene quanto sia difficile ascoltare, dare la parola, prendere la parola nel modo giusto. Siamo chiamati a fare esercizi di sinodalità (di partecipazione) senza avere tutto chiaro fin dall’inizio, procedendo per tentativi, accettando di fare qualche sbaglio e correggendo il tiro in corso d’opera. L’importante è non sottrarsi alla responsabilità comune. Decisiva sarà anche la disponibilità a camminare insieme di coloro ai quali, nella Chiesa, è affidato il servizio dell’autorità. I vescovi, ciascuno assieme al suo presbiterio, non sono gli unici soggetti “attivi” nella vita della Chiesa – questo dovrebbe essere ormai chiaro – ma il loro ruolo è fondamentale per promuovere la partecipazione di tutti. Anche i pastori sono chiamati ad apprendere uno stile sinodale che non sempre viene loro spontaneo.

 4) In che modo il cammino sinodale interroga il mondo? La Chiesa in cammino sarà vista con occhi diversi? Quale immagine di Chiesa percepirà il mondo?

 Torno al Vaticano II, alla costituzione pastorale Gaudium et spes, là dove si dice che non solo la Chiesa ha un contributo da offrire agli individui, alla società e all’attività umana (nn. 41-43) ma riceve anche aiuto dal mondo contemporaneo (n. 44). Il cammino sinodale vive di questa reciprocità. Dal mondo contemporaneo i cristiani possono apprendere molto (per fare un esempio: il riconoscimento, anche legalmente garantito, dei diritti di ogni singola persona). Al mondo contemporaneo i cristiani possono offrire la testimonianza di persone che sanno vivere le relazioni non come semplice scambio di favori ma come dono, nello spirito della fraternità.

don Davide Picciano