L’ACCOGLIENZA SOLIDALE

“La sofferenza arrecata a tante persone deboli e indifese; i numerosi civili massacrati e le giovani vittime innocenti; la fuga disperata di donne e bambini… Tutto ciò scuote le nostre coscienze e ci obbliga a non tacere, a non rimanere indifferenti di fronte alla violenza di Caino e al grido di Abele, ma ad alzare la nostra voce con forza per chiedere, in nome di Dio, la fine di tali azioni abominevoli”. Papa Francesco

 Restare umani in tempi difficili 

Gli effetti dell’invasione russa dell’Ucraina, che dura ormai da oltre due mesi, sono stati devastanti sulle persone. Milioni gli sfollati interni ed oltre cinque milioni le persone che hanno abbandonato il Paese, diretti verso l’Europa, nella speranza di poter far presto ritorno in Patria. E’ la più grande emergenza umanitaria in Europa dal secondo dopoguerra, causata da “una guerra sacrilega”.

Di fronte a tale crisi umanitaria l’Europa, attraverso una politica comune, condivisa, ha aperto le sue porte accogliendo i profughi ucraini. Ha istituito un meccanismo di protezione temporanea, derivante da una direttiva UE del luglio 2001, mai attivata in precedenza. I profughi ucraini, in deroga alla disciplina generale dell’accoglienza,  possono ottenere tutele sul territorio UE (l’assistenza sanitaria, il diritto di soggiorno, il lavoro e l’istruzione). Tali tutele hanno validità di un anno e sono rinnovabili di sei mesi in sei mesi, per un massimo di tre anni. Inoltre, può essere erogato, per tre mesi e su richiesta, in piattaforma on line, un contributo economico di €. 300 per ogni adulto e di €. 150, erogato ai genitori, per ogni minore in fuga dal conflitto, previa presentazione del documento di identità e la ricevuta della richiesta di permesso per protezione temporanea rilasciata dalla Questura.

Accoglienza, non ospitalità

Certo, in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo oggi, dopo una crisi sanitaria che dura da oltre due anni e che ha determinato, di conseguenza, anche una crisi economica-sociale, parlare di accoglienza a famiglie già duramente provate può sembrare provocatorio. E di fatto vuole essere una sfida alla solidarietà, all’accoglienza che va ben oltre l’ospitalità, che è altra cosa, superando lo spontaneismo fine a se stesso.

Accoglienza, dunque, è una parola che deriva da “accogliere”, dal latino ad-cum-legere, “raccogliere insieme verso”… portare verso di sé, in senso lato, accettare l’altro, approvarlo, ascoltarlo, riconoscendogli la stessa dignità e accordargli non simili, ma identici diritti. L’accoglienza non è, però, un’enunciazione di principio. Richiede competenza, grandi sforzi ed energie (e non solo economiche), un coordinamento di enormi proporzioni.

Sono oltre 230.000 gli ucraini presenti sul territorio italiano (dati ante conflitto). Secondo Luca Di Sciullo, presidente del Centro studi e ricerche Idos «la comunità ucraina vanta una lunga storia nel nostro paese e un forte radicamento». Dall’inizio del conflitto la comunità ucraina si è attivata per accogliere i connazionali. Sarebbero 89.920 i cittadini ucraini arrivati in Italia in fuga dal conflitto (dati all’11 aprile ed in crescita, secondo il ministero dell’Interno e con destinazioni principali Milano, Roma, Napoli e Bologna). La maggior parte di coloro i quali sono arrivati, in maniera autonoma, in Italia, è accolta da amici e parenti ai quali si ricongiunge. Solo una piccola parte di rifugiati è entrata nella rete di accoglienza istituzionale, in quanto supportata dai connazionali presenti nel nostro Paese. Anche “gli italiani hanno spalancato le porte delle proprie case e scuole ai profughi ucraini, con quel senso dell’accoglienza che è proprio del nostro Paese…. l’Italia non intende girarsi dall’altra parte”. Tante le famiglie che hanno dato la disponibilità ad accogliere, in maniera spontanea e generosa, ma l’accoglienza ha un costo e chi si è reso disponibile ora fatica a sostenerne l’onere ed inizia a chiedere aiuto. C’è chi sta maturando l’idea di tirarsi indietro, perché non può fare fronte alle spese di tale scelta. Accanto a tali realtà ne esistono, a livello locale, altre degne di essere raccontate.

 

Alcune esperienze di accoglienza comunitaria

Anche il Molise sta facendo la sua parte con dignità, competenza e generosità.

Il Comune di Limosano, una comunità di poco meno di 800 anime, ha accolto 12 famiglie in fuga dall’inferno: donne, bambini ed un papà. Per alcune di loro è stato un ritorno nella comunità in quanto, da bambine, erano state accolte da famiglie generose, per “un soggiorno di risanamento”, a seguito dell’esplosione di un reattore della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuta il 26 aprile 1986. Il legame che ha unito Limosano con Alexandra, Natalia, Svetlana, Iryna, Zoia, Ivanna¸ Tetiana, Golie, ora adulte e mamme con bambini, è, dunque, di antica data. E’ un legame di affetto e solidarietà che si è rafforzato negli anni. Alcuni sono stati accolti presso famiglie, altri presso strutture alberghiere. Le loro esperienze narrano l’orrore della guerra e della fuga attraverso un viaggio difficile e lungo fino a Limosano, luogo della speranza. I minori sono stati inseriti nelle scuole dell’Istituto Comprensivo, tra la gioia di altri compagni di viaggio che intrecceranno le loro esperienze con quelle dei nuovi componenti della famiglia comunitaria.

 

Santa Maria del Molise

A Santa Maria del Molise, nel villaggio di Padre Giuseppe Carmelo, sono arrivati, da Napoli, nel mese scorso, 51 profughi ucraini. Attualmente ne sono accolti 55, bambini (tra i due e 18 anni da compiere, circa una ventina), donne ed un signore anziano con la moglie. Il Centro Tabor è gestito dall’associazione onlus Cabenus. Dopo una prima guida per l’inserimento nella struttura, la comunità ucraina è stata resa autonoma nella gestione della vita quotidiana. Sono le donne che si occupano della preparazione dei pasti, della gestione ordinaria della struttura.

 

Macchiagodena

Sono 16 i bambini accolti nel centro Tabor di Santa Maria del Molise che il 20 aprile si sono uniti agli alunni già inseriti negli istituti scolastici di Macchiagodena, grazie al progetto “Scuole aperte” realizzato con il comune di Santa Maria del Molise, la scuola “Colozza” di Frosolone ed il Coni.  I bambini ucraini potranno usufruire, tra l’altro, dei servizi di scuolabus, della mensa, delle attività musicali e sportive. Inoltre, attraverso il progetto “Il mio amico sport”, realizzato in collaborazione con il Coni regionale, i bambini avranno a disposizione un istruttore sportivo e potranno usufruire degl’impianti sportivi, della palestra e del centro sociale. Alcune attività potranno essere svolte anche dagli adulti, al fine di consentire una maggiore integrazione.

 

Lavorare insieme per educare tutti

Le comunità di Limosano, Santa Maria del Molise e Macchiagodena hanno dato concretezza all’accoglienza, alla solidarietà e prova di vicinanza, attraverso il coinvolgimento di tutta la popolazione che, con generosità, si è prodigata nel prestare aiuto a famiglie fuggite dalla guerra ed accolte.  Un vecchio proverbio africano recita: “per educare un bambino serve un intero villaggio” che deve essere “costruito come condizione per educare”, come afferma Papa Francesco. Occorre partire dalle locali comunità per poter giungere alla costruzione del globale. La domanda che dobbiamo porci è “perché creare comunità autentiche, orientate ad uno sviluppo umano integrale?” Perché ciascuno può costruire, attraverso la partecipazione ed un patto di alleanza, il bene comune, la solidarietà e la pace, di cui oggi abbiamo tutti tanto bisogno.

Silvana Maglione