RIFLESSIONI PER LA GIORNATA DEL MALATO

«UN CONTO È CURARE, ALTRO È PRENDERSI CURA»

Quando ero solo una studentessa iscritta al corso di medicina, le parole di un docente che cercava di trasmettere a noi studenti nozioni di etica dicendo: ” un conto è curare…altro è prendersi cura…” mi risultarono pompose, retoriche, quasi false, incomprensibili!

Mai avrei supposto, allora, che quelle stesse parole, in futuro, sarebbero diventate un monito di continua verifica per il mio modo di vivere la professione, un monito che sempre torna a galla per ricordarmi che per curare veramente la “conoscenza” deve sempre agire sorretta dal cuore!

Così, negli anni, ho imparato che  “tutti” possono curare: curare, infatti, vuol dire mettere in pratica (si spera bene) una competenza acquisita con lo studio e l’esperienza…..ma che “pochi” sono in grado di “prendersi cura”…

Prendersi cura  implica un coinvolgimento profondo, continuo, che non può interrompersi nemmeno quando cozza con doveri sacrosanti che anche un medico possiede, come ad esempio  l’attenzione alla propria famiglia, ai propri figli piccoli o ai propri genitori anziani. Prendersi cura vuol dire avere rispetto del tuo paziente anche quando si presenta “sgradevole” perchè vecchio, lamentoso, petulante, trasandato, sporco, straniero … lontano, insomma, dall’immagine standard che ci facciamo nel nostro immaginario del “bisognoso di cure”.

Prendersi cura vuol dire assumere il paziente nella sua globalità, vuol dire, cioè, non fermarsi solo sulla sua malattia: fare diagnosi, scegliere e somministrare la cura più idonea è importante, certo, ma non basta, perchè prendersi cura vuol dire saper ascoltare la persona malata in tutte le sue necessità, in tutte le sue paure, anche quando, tuttte le volte che ti incontra, sa solo ripetere, querulo, le stesse domande a cui  ti eri illuso di aver già esaurientemente risposto. Ancora: prendersi cura vuol dire accettare anche il “contorno” del nostro malato fatto di parenti resi  diffidenti verso i medici da precedenti esperienze, o, a volte, supponenti, provati, distratti, indifferenti…

L’esperienza  mi ha insegnato che stabilire una buona intesa con i parenti garantisce il mio malato e la cura scelta anche dopo la dimissione. E questo è importante.

Così il tempo “sprecato” per dialogare con i familiari spesso  si rivela un guadagno a cui non avevo pensato.

Infine prendersi cura vuol dire anche avere l’umiltà di affidare il tuo paziente ad altri colleghi che possano meglio curarlo quando il tuo operato si dimostra limitato o insufficiente per lui! Prendendoti cura di lui, però, non ti limiterai ad indirizzarlo verso il medico più competente…continuerai a seguirlo dialogando con il collega e diventando così tramite prezioso tra lo specialista e il “tuo” malato.

Agata Salnitro