La festività della Candelora

“LUCE PER ILLUMINARE LE GENTI”

I riti e le tradizioni locali della ricorrenza del 2 febbraio. Alla benedizione delle candele si accompagnano iniziative varie come quella suggestiva del gioco della “Morra” a San Biase.

È una ricorrenza cristiana, conosciuta anche come Purificazione di Maria. Cade il 2 febbraio, giorno legato alla benedizione delle candele. Parliamo della Candelora, che precede la festività di San Biagio o Biase,  particolarmente venerato in alcuni centri del Molise, festa liturgica molto sentita anche dai vecchi campobassani fin dai tempi antichi, solennità che ricorre il giorno 3. Questo santo è il protettore della gola e di tutte le patologie ad essa annesse, per questo, dopo la Santa Messa, il celebrante unge  la gola dei fedeli con olio benedetto, oppure incrociando due candele per invocarne la loro protezione. Per la pandemia, purtroppo, il rito è stato momentaneamente sospeso e ripreso solo in questo mese di febbraio 2022. Si ritiene che San Biagio, prima di diventare Vescovo in Armenia, esercitasse la professione di medico. Tale tesi, però, non è ritenuta molto attendibile da molti biografi, propensi a ritenerlo un taumaturgo e non un medico, in virtù dei numerosi miracoli fatti in vita, come scrive lo storico molisano Arnaldo Brunale, nell’alleviare la sofferenza degli ammalati o farli guarire da malattie gravi. Nel giorno della festa era usanza distribuire pagnottelle benedette da mangiare in onore del Santo.

In qualche comune, San Biase per esempio, tale tradizione è ancora in vita. Negli Stati Uniti la Candelora è il giorno della Marmotta, 2 febbraio, festa laica in cui, per tradizione, si deve osservare la tana di una marmotta. Da noi è una ricorrenza cristiana che giunge quaranta giorni dopo il santo Natale, ovvero quando, secondo la tradizione ebraica, le donne che avevano partorito dovevano recarsi al Tempio di Gerusalemme per purificarsi. Nel Vangelo, Gesù, una volta arrivato al Tempio in braccio a Maria, venne accolto dal vecchio Simeone, che lo definì “luce per illuminare le genti”. Da quel preciso momento in poi il giorno 2 febbraio vengono benedette e distribuite le candele che, una volta accese, stanno a simboleggiare quella luce. Sono quelle stesse candele a essere utilizzate, come detto innanzi, anche nel giorno successivo, Festa di San Biagio, per la benedizione della gola.

La fede popolare attribuisce ai ceri un potere miracoloso di guarigione, perciò si custodiscono con profonda devozione. Si portano al capezzale di un malato per rivederlo sano, oppure si accendono in occasione di un temporale, con la speranza che cessi. In qualche parte del Molise, come ad Agnone, anche se con minima partecipazione, questo rito viene ancora conservato.

Secondo la tradizione è proprio la Candelora a sigillare la fine del periodo natalizio. In passato, infatti, la si attendeva per togliere dalle case il Presepe e riporre gli addobbi natalizi.

La Candelora, dalle nostre parti, è anche una ricorrenza legata a molti proverbi che, sempre secondo la tradizione popolare e specie nel mondo contadino, permettono di ipotizzare la stagione che ci aspetta, in particolare l’evoluzione metereologica dell’annata agraria.

“Per la Santa Candelora, se nevica o se piove dell’inverno siamo fora, ma se è sole o solicello siamo sempre a mezzo inverno”. Ovviamente il proverbio varia da regione a regione, per motivi dialettali, ma ovunque il significato rimane immutato: se per la Candelora il cielo sarà coperto di nubi e ci sarà la neve, possiamo considerarci fuori dalla stagione cattiva, mentre se ci sarà il sole dovremo aspettare a riporre gli indumenti pesanti perché ci aspettano altri 40 giorni di freddo.

Oltre alla celebrazione degli immancabili riti religiosi ai quali partecipano con profonda fede numerosissimi fedeli, per i benefici fisici e per i doni spirituali che la Chiesa elargisce, in alcuni centri della nostra realtà regionale, nella ricorrenza della Candelora, è possibile assistere a spettacolari iniziative, che coinvolgono tutta la comunità. Manifestazioni che affondano le radici nella notte dei tempi, come la “festa dell’Orso” o “sfilata dell’Orso” o “caccia all’Orso” o “ballata dell’Orso”, in cui un uomo vestito da orso viene catturato e condotto all’interno del paese, dove viene fatto oggetto di dileggi e di scherzi. La conclusione può variare dall’uccisione dell’Orso alla sua liberazione e ritorno alla natura. Eventi che si sviluppano in un clima carnevalesco, durante il Carnevale, e che trovano cittadinanza, tanto per citare qualche paese, a Tufara e Jelsi. Nella credenza fiabesca e nelle tradizioni popolari si sostiene che l’Orso (anche sotto forma di diavolo), una volta affacciatosi sulla propria tana nel giorno della Candelora, indichi le condizioni metereologiche. Quindi, se fuori è caldo e splende il sole, l’animale rientrerà nella sua tana perché ci saranno ancora 40 giorni di freddo; se, invece, il tempo è nuvoloso, esso resterà fuori dalla sua tana in attesa del miglioramento delle condizioni climatiche.

La serata della Candelora è particolarmente sentita a San Biase ove tiene banco l’agguerritissimo gioco  della “morra”. Giocando a morra, i giocatori abbassano simultaneamente le loro mani, indicando un numero con le dita, pronunciando ad alta voce un numero (da zero a dieci), per indovinare a quanto assommano le dita (di una sola mano per giocatore). Vince chi indovina. Se  i dichiaranti indovinano, oppure sbagliano, la giocata è nulla e si ripete fino a quando qualcuno indovina da solo (si gioca due alla volta). L’origine della morra risale all’antica Roma. Era così diffuso che, per definire un uomo onesto, si usava dire: “una persona con cui si potrebbe giocare a morra al buio”.

Ma è in questo piccolo agglomerato di anime di S. Biase, nel cuore del Molise, che ancora ai nostri giorni, la tradizione viene portata avanti, anche con seri sfottò da parte dei contendenti. Un avvenimento atteso  tutto l’anno per dare sfogo alle proprie capacità di “indovino”.

Un evento che viene reiterato anche in occasione delle festività del ferragosto allorquando si registra un nutrito rientro di sanbiasesi residenti fuori.

Michele D’Alessandro