Come di consuetudine, ogni anno nel giorno delle celebrazioni in onore del suo Santo Patrono, Campobasso riscopre le sue radici più vere, genuine e profonde, fatte di costumi tradizionali, di rievocazioni storiche e di atti di fede, semplici ma fortemente autentici.
La messa nella piccola chiesa di San Giorgio, che apre lo sguardo sull’intera città, la tradizionale processione, la folla dei fedeli in corteo ed il discorso del Sindaco dal Palazzo Municipale.
Sì, questa sarebbe stata la cronaca della festività. Tuttavia, è rimasta stravolta nelle modalità e nella programmazione dalla sopraggiunta scomparsa del Santo Padre. Papa Francesco ha lasciato questa terra la mattina del lunedì dell’Angelo, dopo averci condotto, con non poca fatica, “come ha potuto” attraverso i riti della settimana Santa, fino alla Domenica di Resurrezione.
Come un papà con i suoi figli, ci ha tenuti per mano fino all’ultimo, fino al momento in cui i suoi occhi si sono chiusi sul mondo e spalancati sulla luce eterna di Dio.
Quella luce del Cristo Risorto che ha vinto le tenebre del male in cui l’umanità tanto facilmente sprofonda, oggi anche più di ieri, mentre assistiamo attoniti a questa terza guerra mondiale a pezzettini; quella luce evangelica che ha illuminato il pontificato di Francesco, il Papa dei piccoli, degli emarginati, dei derelitti, dei carcerati e di tutti gli ultimi del mondo.
Un modo di vivere la fede come testimonianza quotidiana dell’amore di Dio in mezzo all’umanità, riconoscendo nello sguardo di ogni fratello la luce di Dio e la potenza del bene contro il male.
In questo turbinio di riflessioni ed emozioni, rinnovare il culto di San Giorgio Martire acquisisce un significato ancor più straordinario, poiché la sua storia è di per sé celebrazione del trionfo del bene sul male. E la simbologia del drago, come anche l’immagine del gagliardo e atletico “Soldato di Cristo” che libera la città dalla peste, ne rappresenta una perfetta esemplificazione, che porta fino a noi la narrazione leggendaria delle gesta eroiche del Santo, per lasciarci il messaggio profondo che solo con fede autentica l’uomo può sconfiggere ogni forma di male. In particolare nel Medioevo, la lotta tra Sa Giorgio e il drago diviene simbolo dell’eterna lotta del bene contro il male in cui l mostro, in particolare, rappresenta l’incarnazione del paganesimo.
Mons. Colaianni, nell’omelia del giorno della festività ha, poi, ben sottolineato l’essenzialità di questo significato, aldilà del mito. Perché, quando tutto vacilla e l’incertezza ci assale, ricordiamoci di quell’immagine, del drago che vince il male. “Ma siamo certi che ciò sia accaduto? Se non lo siamo, significa che la morte di Gesù è stata vana”.
E, dunque, san Giorgio ancora oggi è vessillo di forza e coraggio per noi, uomini fragili tra le turbolenze del mondo, affinché ciascuno nella sua quotidianità sia testimone e riflesso della luce del Cristo Risorto.
Don Luigi Di Nardo, parroco della Chiesa di San Giorgio e San Leonardo, in Campobasso, ci ha rilasciato qualche breve pensiero in occasione delle celebrazioni in onore del Santo Patrono. In primis, una breve riflessione sul significato e sulla potenza comunicativa ancora oggi del culto di San Giorgio, che nella Sua figura fonde qualità personali quali fede, coraggio e forza. “San Giorgio – ha detto – sebbene sia una figura che affonda il suo vissuto in tempi lontani secoli dal nostro, è quanto mai attuale. Egli infatti evoca il coraggio, la forza improrogabile di avversare il male, e più che mai in questo frangente storico è necessario e urgente. Come ci ha richiamato spesso il compianto Papa Francesco, in questo anno giubilare: «Mai perdere la Speranza».
Dunque, quali sono le lezioni spirituali che possiamo trarre dalla storia di San Giorgio, e cosa possiamo fare, nella quotidianità, per integrarle nella nostra pratica di fede? “Dico sempre ai miei parrocchiani che noi abbiamo due grandi santi di riferimento: San Leonardo, il Santo della Carità e San Giorgio, il Santo del coraggio. Nella vita di ogni credente, del resto come di ogni uomo e di ogni donna, di tutti i tempi, bisogna compendiare queste due grandi qualità, la carità e il coraggio, per sapere vivere bene ogni relazione umana. Affratellati in cammino verso una stabilità di rapporti, in cui a fare da padrona non è l’arroganza, ma lo spazio incondizionato dell’altro, non visto come avversario, ma prossimo”.
Concludendo, che tipo di messaggio si sente di esprimere ai giovani del nostro tempo, ispirandosi alle virtù del Santo Patrono? “San Giorgio, in tutte le rappresentazioni iconografiche, è raffigurato sempre con un volto radioso, delicato e giovane. Ispira alla bellezza. Ed è, allo stesso tempo, destriero, guerriero, combattivo. Ecco, questo mi sento di dire ai giovani: teneri e pieni di vita, come si è nell’età giovanile, e, impavidi, determinati nelle scelte per un futuro solido, e vedere orizzonti di luce, non di morte, di speranza, mai di rassegnazione”.
E in questa atmosfera dei festeggiamenti quest’anno così dimessi ed essenziali, arriva inaspettato il dono grande di un nuovo inno dedicato al Santo Patrono, composto nelle parole e nella musica dal M° Marco Columbro.
In esso si raccontano le gesta eroiche di San Giorgio e le vicende leggendarie che lo legano alla città di Campobasso, sviluppandosi in un brano ispirato al trionfale stile bandistico ottocentesco.
Scritto ad una voce, con mero intermezzo di una seconda, l’inno è caratterizzato da quartine di ottonari in rima. Il maestro Columbro, affermato autore di numerosi brani di musica sacra ed apprezzato direttore di coro, ha fatto dono alla città della inedita composizione, riservandosi la sola paternità dell’opera, al fine esclusivo di dar “maggior lustro al nostro Santo Patrono”.
Mariagrazia Atri