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UN FUTURO “PFAS FREE”: UTOPIA O PROSPETTIVA CONCRETA?

Sarà certamente capitato ad alcuni di voi di imbattervi, in questo periodo di Black Friday e di prossime spese natalizie, in qualche offerta di pentole antiaderenti pubblicizzate come “PFAS free”. Si tratta forse dell’esempio più visibile al largo pubblico delle politiche di riduzione dell’uso dei PFAS messe in atto negli ultimi anni sia negli USA che in Europa.

I PFAS, sostanze perfluoroalchiliche, sono composti caratterizzati da una particolare struttura chimica che li rende praticamente immuni ai normali processi di degradazione naturali; da qui la loro notevole persistenza nell’ambiente (acque di falda e terreni) che li porta ad accumularsi negli organismi viventi e a risalire la catena alimentare fino all’uomo. Ad oggi i PFAS sono quindi universalmente riconosciuti come un grave fattore di rischio sia per la salute umana che per l’ambiente.

Le diverse legislazioni ambientali internazionali si sono inizialmente focalizzate sull’abbattimento delle emissioni dei PFAS in ambiente; in particolare sono state progressivamente ridotte le concentrazioni dei PFAS ammesse nei terreni, nelle acque di scarico ed ovviamente nelle acque potabili, ove attualmente i limiti hanno raggiunto il livello delle parti per trilione (ppt), ovvero una concentrazione equivalente a una goccia d’acqua in cinque piscine olimpioniche. Queste legislazioni sempre più stringenti hanno messo a dura prova i processi di abbattimento dei PFAS sinora disponibili, spingendo molte università, centri di ricerca e aziende innovative a studiare nuove tecnologie più performanti.

Il legislatore ha però poi via via compreso come, per agire efficacemente, il problema dei PFAS debba essere affrontato alla radice, cercando di ridurne progressivamente l’uso, e quindi la produzione. Da qui l’esempio lampante delle padelle antiaderenti “PFAS free”.

Nel 2023 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha proposto ampie restrizioni alla fabbricazione, all’importazione e all’uso di tutte le sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS). In seguito, nel corso del 2024, l’Unione Europea ha bandito l’uso del PFHxA (un particolare composto chimico afferente alla famiglia dei PFAS) nei prodotti tessili di consumo, negli imballaggi alimentari, nei cosmetici e in alcune tipologie di schiume antincendio.

Mentre in UE si cerca di pervenire a un approccio unitario al problema, negli USA i singoli Stati si stanno muovendo ancora singolarmente. Nel 2021 lo Stato dell’Illinois ha iniziato a bandire l’uso dei PFAS nelle schiume antincendio, per poi estendere nel 2025 il divieto a tutta una serie di prodotti per l’infanzia e dispositivi medici. La recente legislazione della California introduce invece ampie restrizioni sui prodotti contenenti PFAS aggiunti intenzionalmente, con l’obiettivo di eliminarne gradualmente gli usi non essenziali. A partire dal 1° gennaio 2028, i PFAS saranno infatti vietati nei prodotti per la pulizia, per l’infanzia e negli imballaggi alimentari; dal 1° gennaio 2030 poi il divieto si estenderà alle pentole, con esenzioni limitate fino al 1° gennaio 2031 per i componenti interni o non accessibili.

L’obiettivo del legislatore si sta tuttavia rivelando molto più ambizioso e di difficile attuazione di quanto si potesse immaginare inizialmente. Difatti i PFAS, grazie alle loro uniche proprietà chimico-fisiche, hanno trovato largo impiego non solo nel campo dei rivestimenti antiaderenti (pentole, tessuti e carta), ma anche in diversi processi produttivi dell’industria mineraria, galvanica e fino alle fonderie di semiconduttori. Infatti ancora oggi la normativa europea non pregiudica le applicazioni dei PFAS nei settori dei semiconduttori, delle batterie o delle celle a combustibile per l’idrogeno verde. Molte delle attività produttive che fanno largo uso dei PFAS si sono attivate da anni nella ricerca di alternative, con risultati tuttavia altalenanti. Ciò che possiamo fare nel nostro piccolo, come consumatori, è senz’altro premiare questo sforzo tecnologico e cercare, laddove possibile, di preferire prodotti che evitino l’uso di queste sostanze.

Giovanni Iasonna, ingegnere chimico, vive ad Altstetten (Svizzera), nella grande agglomerazione di Zurigo. Nato a Roma da madre di Jelsi e padre di Campobasso, è da pochi anni in Svizzera dove lavora come ricercatore.