DIO SI INCONTRA NELLA SEMPLICITÀ

Jean-Baptiste Porion Certosino Brano tratto da “Amore e silenzio - Introduzione alla vita interiore”

Vivere la presenza soprannaturale di Dio per mezzo della fede, della speranza, della carità. Come vi si può arrivare?

Dio non sarebbe l’infinita Bontà e Sapienza se, ricercando ed esigendo la nostra intimità, non ci desse allo stesso tempo i mezzi necessari per comunicare con Lui.

Tali mezzi dei quali noi possiamo essere assolutamente sicuri, e che ci permettono di entrare in contatto immediato con Dio, sono le virtù teologali e i doni che ci vengono con esse. Per mezzo della fede, noi aderiamo alla verità della vita divina che ci è proposta. Per mezzo della carità, questa vita diviene nostra.

Per mezzo della speranza, noi siamo certi, con l’aiuto della grazia, di viverla sempre di più e di ottenerne il possesso immutabile in cielo. Ecco l’essenziale di ogni orazione solida e profonda.

Invece di sparpagliare la nostra meditazione su questo o quel punto, invece di filosofare su Dio, moltiplicando gli sforzi dell’intelligenza, della volontà e dell’immaginazione, per farcene degli schemi, per rappresentarci delle scene, noi possiamo andare a Dio nella semplicità del nostro cuore:

«CercateLo con cuore semplice» (Sap 1,1). Nostro Signore stesso c’invita: «Siate semplici come le colombe» (Mt 10,16).

L’uomo è un essere complicato e sembrerebbe, purtroppo, che egli cerchi di divenire ancora più complicato perfino nelle sue relazioni con Dio. Dio, invece, è la semplicità assoluta. Più noi siamo complicati, più rimaniamo lontani da Dio; e nella misura, invece, in cui noi diverremo semplici, ci potremo avvicinare a Lui. Abbiamo visto che Dio, nostro Padre, è presente in noi. Un bambino, per parlare con suo padre, va forse a prendere un manuale di corrispondenza o un codice di belle maniere?

No, il bambino parla con semplicità, non cerca frasi fatte, né si perde in formalismi. Facciamo lo stesso col nostro Padre celeste. Nostro Signore ce l’ha detto: «Se non vi convertirete e non diverrete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Si stanca forse una madre ad ascoltare il proprio figlio che le dice: «Mamma, io ti voglio bene»?

Lo stesso succede con Dio: più la nostra preghiera è infantile, e più piace a Dio. Perché è Lui stesso che ha scelto, tra tutti, questo nome di Padre: «E che voi siate figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre» (Gal 4,6). Ed è ancora Lui che pone nella nostra bocca le parole ispirate della Sacra Scrittura e i testi liturgici.

Quale sarà dunque la nostra preghiera? Semplicissima, la più semplice possibile.

Ci metteremo in ginocchio e faremo con tutto il cuore gli atti di fede, di speranza e di carità. Non c’è metodo di meditazione più sicuro, più elevato e più salutare.