Nelle ultime votazioni referendarie in Italia (8 e 9 giugno) spesso è stata citata la Svizzera in riferimento al quesito sulla cittadinanza, con argomentazioni in molti casi improponibili che denotavano una scarsa conoscenza della normativa svizzera in materia e soprattutto della realtà migratoria della Confederazione elvetica. Realtà che ha una lunga storia e una dimensione numerica straordinaria, nonostante le rigidissime norme che hanno sempre governato il fenomeno, perlomeno fino agli Accordi bilaterali sottoscritti con l’UE e l’AELS (Associazione europea di libero scambio, i cui stati membri sono Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). E nonostante i numerosi referendum per frenare l’immigrazione promossi dall’Unione Democratica di Centro, il partito della destra più conservativa, tornato recentemente alla carica: ha raccolto un numero sufficiente di firme per il suo “No a 10 milioni di svizzeri! (iniziativa per la sostenibilità)”. Secondo l’iniziativa, la popolazione residente permanente non deve superare i dieci milioni di persone da qui al 2050. Se entro il 2050 il Paese ospiterà 9,5 milioni di persone, il Consiglio federale e il Parlamento dovranno intervenire (la popolazione svizzera ha superato i nove milioni alla fine di giugno 2024).
L’iniziativa giunge in un momento in cui l’UE e la Svizzera stanno negoziando un nuovo accordo sulle loro relazioni bilaterali. L’UE ha fatto un’importante concessione alla Confederazione, accettando la richiesta di introdurre una clausola di salvaguardia contro un’eccessiva immigrazione dagli Stati dell’UE in Svizzera. Il Governo elvetico spera che ciò indebolisca la campagna a favore dell’iniziativa per limitare la popolazione.
Uno studio pubblicato in questi ultimi giorni, fondato sui dati dell’Ufficio federale di statistica, ha mostrato ancora una volta il connubio tra le migrazioni e la società in Svizzera, dove la quota di popolazione immigrata è tra le più alte al mondo: su 9 milioni di residenti, 2,5 milioni sono senza nazionalità elvetica e un numero ancora maggiore ha radici straniere. Da dove vengono? Quali sono i loro profili?
Dal 1950 a oggi il numero di abitanti è cresciuto da 4.7 milioni a oltre 9 milioni un’evoluzione demografica che include ovviamente i flussi migratori e ha stimolato positivamente il mercato del lavoro: l’economia è fiorente ma le infrastrutture sono sottoposte a forti sollecitazioni e gli alloggi sono scarsi e costosi. Come ricordano i dati dell’Ufficio di statistica, vi sono stati momenti determinanti del fenomeno migratorio, principale motore dell’evoluzione demografica in Svizzera:
– anni 1960: grande ondata di immigrazione dovuta all’elevata domanda di manodopera.
– anni 1970: decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici stranieri/e tornano ai loro Paesi di origine a seguito della contrazione economica in buona parte del mondo.
2002: entrata in vigore degli Accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE e contestualmente della libera circolazione delle persone a favore dei cittadini comunitari.
2022: scoppio della guerra in Ucraina e susseguente immigrazione record.
In totale, 1,8 milioni di straniere e stranieri sono emigrati in Svizzera tra il 2014 e il 2023. Sebbene una parte significativa se ne vada dopo pochi anni, l’immigrazione netta cumulata alla fine di questo periodo superava il milione di persone. Questo fenomeno, come hanno affermato molti studiosi, ha plasmato la società in Svizzera.
Una persona su quattro è straniera
Occorre distinguere tra immigrazione e nazionalità, che sono due concetti diversi. Di tutte e tutti i residenti con un retroterra migratorio, oltre un terzo ha la cittadinanza svizzera, per naturalizzazione o per nascita. Questo vale per una minoranza della prima generazione (meno del 30%) e per la maggioranza della seconda (70%).
Per contro, migliaia di persone di origine straniera le cui famiglie sono in Svizzera da almeno tre generazioni – quindi non considerate immigrate – non hanno la nazionalità elvetica.
La cittadinanza svizzera è di principio soggetta allo ius sanguinis (filiazione) e piuttosto restrittiva. È noto anche che alcuni segmenti di popolazione hanno meno probabilità di ottenere la naturalizzazione rispetto ad altri.
Franco Narducci, Zurigo