Nella mattinata del 17 giugno 2025, Papa Leone ha incontrato per la prima volta i vescovi italiani. Nel discorso di Leone XIV alla Conferenza episcopale italiana si riscontra una grande riflessione sulla collegialità e sulla sinodalità.
Durante l’incontro avvenuto nell’aula della Benedizione, il Santo Padre ha dettato le coordinate determinanti per il cammino futuro: annuncio del Vangelo, pace, dignità umana, dialogo. Si tratta di disposizioni pastorali, mediante le quali la Chiesa è costantemente chiamata ad incarnare e seminare la forza del Vangelo. La Chiesa, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, è il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano (LG, 1) e, in forza di questa dimensione sacramentale e missionaria, essa è istituzione di amore universale.
“Porre Gesù Cristo al centro” è l’espressione incisiva, il fulcro luminoso di tutto il discorso che il Pontefice ha dedicato ai vescovi italiani, evidenziando l’urgenza dell’impegno ad “aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui”. Per il Papa tornare al Kerigma significa “portare Cristo nelle vene dell’umanità”, discernendo modalità e linguaggi densi e autentici per far giungere a tutti la Buona Notizia, con azioni pastorali capaci di “intercettare chi è più lontano”.
Attualmente la Chiesa sta affrontando una serie di sfide riguardanti le sorti future della “citta dell’uomo” e la costruzione della civiltà della fraternità, così da dare forma di unità e compassione, specie in quei luoghi dove ancora predominano conflitti e morte. “Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili – ha detto Leone XIV – deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione”.
Giungendo al tema della pace, il Papa ha espresso un chiaro monito: “Auspico, allora, che ogni Diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro. Ogni comunità diventi una casa della pace, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”. L’attenzione per la pace inizia dalle piccole realtà, specie da quelle ecclesiali, dove è richiesto il dinamismo di tradurre il legame personale che si ha con Dio in comportamenti, in azioni sociali, in umanesimo pacifico e pacificante.
I credenti non possono che essere il “ricordo vivente” del Cristo. In tale prospettiva acquisisce sempre più valore l’immagine che usava Papa Francesco: “Amare Dio è come inoltrarsi in un fiume che scorre: più si avanza verso il centro e più la corrente spinge lontano”. Più si ama Dio e più si sente il bisogno di amare gli altri. E solo quando questo avviene, il mondo intero diventa casa della pace.
Ylenia Fiorenza



