EDITORIALE

OGNI COMUNITÀ DIVENTI “CASA DELLA PACE”

Terribili sono le scene di distruzione e di morte che stiamo vedendo! Ogni giorno muoiono innocenti e queste vicende così violente, di odio sparso contro chiunque, ci dicono chiaramente che gli uomini su questa nostra terra sono ancora prigionieri di ogni sorta di guerra. Si maneggia il male, senza mai saziarsene! Si trascura invece tutto il bene della vita, disconoscendo la fraternità! Non si presta orecchio alla Parola di Dio e il mondo assume sempre più gli aspetti di un deserto.  Ed è proprio questo il punto storicamente più rilevante: la cecità e la sordità del cuore umano che producono solo grida di dolore! Ecco perché di fronte a questa tragedia hanno risuonato ancora più forti le parole che Papa Leone ha pronunziato in questo mese, prima davanti a tutti noi, vescovi d’Italia, voce piena di tutte le diocesi della penisola; successivamente nell’omelia tenuta nella domenica della Solennità del Corpus Domini, offrendo poi anche una meditazione di alto spessore ai seminaristi, riuniti per il loro giubileo. Tra questi momenti c’è un filo di speranza progettuale, d’impatto profetico. Una triplice consegna che merita lettura e assimilazione interiore.

È stato il dono di grandi proposte operative, che potremmo chiamare i grandi pilastri, fondativi per tutta la Pastorale della Chiesa italiana, sognati da Papa Leone. Lui, con delicatezza, le ha chiamate “attenzioni pastorali”, che ci hanno permesso di cogliere il suo pensiero, le sue direttrici apostoliche per le nostre chiese in Italia. Ha continuato il dialogo, stretto e confidenziale, che tutti i Papi hanno già avuto con le nostre chiese in Italia, incominciando da papa Paolo VI, il primo che è intervenuto alla CEI, nei suoi inizi, il 23 giugno 1966. E sono: l’annuncio rinnovato del Kerigma con Cristo al centro; l’impegno quotidiano per la pace; la riflessione viva sulla dignità umana; il dialogo sinodale come stile, da proseguire con decisione. Un vero programma pastorale, ben tracciato per i prossimi anni.

Fare della propria vita un dono d’amore

Papa Leone parte sempre dal Cristo. Lo pone al centro di tutte le sue esortazioni ed omelie, creando così un metodo, anche per i nostri pastori. Ci chiede un sistematico impegno di studio sulla Parola e l’approfondimento della Dottrina sociale della Chiesa, certo che da questo studio appassionato sgorgherà una vitale relazione personale con il Cristo stesso, resa testimonianza credibile sul volto dei credenti, soprattutto dei presbìteri. Un volto che parli della gioia del Vangelo, come sempre ripeteva papa Francesco, nella sua Esortazione Evangelii Gaudium, fondamento metodologico anche del nostro Sinodo diocesano. Da quel volto e da qual cuore appassionato sorgeranno “linee nuove di annuncio, capaci di intercettare anche i lontani”, in una dimensione missionaria crescente! Come si vede, qui c’è tutta la forza della devozione al Sacro cuore, che questo mese di giugno opportunamente rilancia!

Più atti d’amore per disarmare i cuori

E perché non sia un semplice appello, Papa Leone lo concretizza in alcuni precisi cammini pastorali. In primo luogo, ci chiede di tracciare metodici percorsi di educazione alla non-violenza. Che bello sentire risuonare queste parole, per noi, che siamo cresciuti alla scuola di don Lorenzo Milani, che ha fatto sentire chiara la sua voce di condanna alle armi, nella lettera d’accusa ai cappellani militari: “l’obbedienza non è più una virtù!”. Nelle parole del Papa Leone vi è tutta la tradizione teologica dei martiri, di ieri (sotto Diocleziano!) e di oggi (sotto Hitler!), quando si sono rifiutati di prestare servizio militare, per motivi di coscienza e di fede. Perché nessuna guerra è mai giusta! E solo sul rifiuto alle armi poggia il ripudio della guerra, così ben espresso nella nostra Costituzione italiana, all’articolo 11. Per questo, appare ancora più dolce la definizione di futuro che il Papa ci ha dato: “L’esempio del Signore resta per noi urgente criterio di azione e di servizio: condividere il pane, per moltiplicare la speranza, proclama l’avvento del Regno di Dio”. Parole tracciate con un filo di voce, per la sofferta realtà di Gaza, dell’Ucraina. Per questo chiede di tessere fili di mediazione nei tanti conflitti presenti al mondo, accompagnandoli con segni di accoglienza reale. Ed è forte quello che ha detto sul piazzale della Basilica di San Giovanni in Laterano: “All’appello della fame, Gesù risponde con il segno della condivisione”. Oggi, ha denunciato apertamente Leone XIV, al posto delle folle affamate ci sono interi popoli, “umiliati dall’ingordigia altrui più ancora che dalla propria fame”. Ricordiamo che sono le parole forti di un Papa che è stato per tanti anni missionario. Ogni sua espressione è fondata e dettata dall’esperienza personale.

Abbiamo bisogno di imparare ad amaree di farlo come Gesù

“Quale male dobbiamo vincere oggi?”, ci ha chiesto il nostro vescovo Biagio, durante la celebrazione del Corpus Domini vissuta in cattedrale e poi in processione col Santissimo per le strade della città. Di sicuro va vinto l’egoismo come radice delle sopraffazioni, poi le ideologie mascherate e ogni forma di potere che calpesta la dignità dei più deboli, esponendoli alla morte. Sì, sono necessari interventi di liberazione, di soccorso, di gratuità, per farci crico di chi soffre, di chi è nel bisogno e seminare vita in abbondanza. È il fervore della carità che può e deve ribaltare le situazioni attuali. Una carità che trova forza e motivazione nella preghiera e restituisce il sorriso all’Umanità che geme sotto il flagello delle guerre. Perché, come osserva Papa Leone, “Cristo è la risposta di Dio alla fame dell’uomo”. Lui è in tutti i crocifissi della storia. La storia del mondo, lo sappiamo, è segnata dalla Provvidenza di Dio e dall’ingratitudine degli uomini, ma nel marasma delle vicende umane, così aggrovigliate, l’unico riferimento resta il Cuore di Cristo, animato dall’immensa compassione.

Padre GianCarlo Bregantini, Vescovo emerito