Il suo volto pieno di lentiggini. Il suo sorriso. La sua semplicità. La sua personalità così coinvolgente. L’affanno degli ultimi giorni. La sua ultima benedizione Urbi et Orbi, impartita dal balcone della Loggia centrale della Basilica di San Pietro, proprio nella domenica della Risurrezione. La papamobile bianca che trasportava il suo feretro alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Dall’elezione al suo funerale, tutto resta impresso in noi di Papa Francesco. E tutto ci suscita gratitudine, commozione e nostalgia.
Nel segno che lui lascia alla Chiesa, ciascuno vi può leggere insegnamenti, esortazioni, testimonianza, dedizione, amore al Vangelo. Dopo questi dodici anni intensi di pontificato, sappiamo che la fede per Papa Francesco consisteva nell’incontrare Gesù, tutti i giorni, con le nostre vittorie e le nostre debolezze e che una fede che non dà frutto nelle opere non è fede. Ed è da qui che bisogna ripartire, da questo suo testamento, perché solo nell’incontro con il Dio vivente possiamo costruire la vita sulla roccia, che è il Suo amore perenne. Nei suoi scritti abbiamo tesori ancora da scorgere e fare nostri. Vanno sicuramente approfonditi, studiati, ruminati, per rafforzare la personale testimonianza. Come ha fatto lui.
Ha lasciato questo mondo da persona che ha amato e che è stata molto amata dal popolo. Nelle immagini trasmesse, emergeva questo bisogno di abbracciarlo, di ringraziarlo, di omaggiarlo di gesti e parole di tenerezza, fino all’ultimo istante della tumulazione avvenuta sotto lo sguardo di Maria.
Francesco lascia molta ricchezza spirituale, nel segno di un’umanità che si è spogliata, fin dal primo giorno di pontificato, della rigidità dei protocolli, e si è vestita di vicinanza, di simpatia, di carezza per vicini e lontani. “La normalità della vita – lui ce lo ricordava spesso – esige dal cristiano fedeltà alla sua elezione e non venderla per andare verso una uniformità mondana”. Ha gettato le reti nel nostro cuore, Papa Francesco, e come Pietro, una volta ascoltato il Maestro, le ha riempite di nutrimento per le nostre anime.
Resta una pietra miliare il testo dell’omelia che il Santo Padre non è riuscito a leggere nella domenica di Pasqua e che ha affidato al Card. Angelo Comastri. È un testo che non deve sfuggirci, che dobbiamo meditare con attenzione. Riprendiamo perciò alcune frasi per immedesimarci nel momento di soglia che Papa Francesco stava vivendo, ormai ad un passo dal cielo: “Gesù è risorto dalla morte e perciò non si trova più nel sepolcro. Bisogna cercarlo altrove. Questo è l’annuncio della Pasqua: bisogna cercarlo altrove. Cristo è risorto, è vivo! Egli non è rimasto prigioniero della morte, non è più avvolto nel sudario, e dunque non si può rinchiuderlo in una bella storia da raccontare, non si può fare di Lui un eroe del passato o pensarlo come una statua sistemata nella sala di un museo! Al contrario, bisogna cercarlo e per questo non possiamo stare fermi. Dobbiamo metterci in movimento, uscire per cercarlo: cercarlo nella vita, cercarlo nel volto dei fratelli, cercarlo nel quotidiano, cercarlo ovunque tranne che in quel sepolcro. Cercarlo sempre. Perché, se è risorto dalla morte, allora Egli è presente ovunque, dimora in mezzo a noi, si nasconde e si rivela anche oggi nelle sorelle e nei fratelli che incontriamo lungo il cammino, nelle situazioni più anonime e imprevedibili della nostra vita. Egli è vivo e rimane sempre con noi, piangendo le lacrime di chi soffre e moltiplicando la bellezza della vita nei piccoli gesti d’amore di ciascuno di noi”. Ci fa piangere con queste parole, di gioia e insieme di dolore, perché le ha scritte mentre il suo corpo era ormai immobile, senza più forze.
È incredibile, sì, è forte questo suo messaggio, l’ultimo che bagna di luce tutta la terra: “La fede pasquale, che ci apre all’incontro con il Signore Risorto e ci dispone ad accoglierlo nella nostra vita, è tutt’altro che una sistemazione statica o un pacifico accomodarsi in qualche rassicurazione religiosa. Al contrario, la Pasqua ci consegna al movimento, ci spinge a correre come Maria di Magdala e come i discepoli; ci invita ad avere occhi capaci di “vedere oltre”, per scorgere Gesù, il Vivente, come il Dio che si rivela e anche oggi si fa presente, ci parla, ci precede, ci sorprende. Come Maria di Magdala, ogni giorno possiamo fare l’esperienza di perdere il Signore, ma ogni giorno noi possiamo correre per cercarlo ancora, sapendo con certezza che Egli si fa trovare e ci illumina con la luce della sua risurrezione”.
Ed eccolo ora, il nostro Papa Francesco, davanti alla porta del paradiso, dove ci piace immaginare che lo stia accogliendo proprio lei, l’apostola degli apostoli come l’ha proclamata lui stesso, la Maddalena, per l’ultima corsa, quella eterna, verso Cristo Risorto. Vivi con Lui ora e per sempre nella gioia, Papa Francesco!
Con Gesù, veramente, tutto ricomincia…
Ylenia Fiorenza