VANGELOSCOPIO

«OGNI ALBERO BUONO PRODUCE FRUTTI BUONI» (MT 7,17)

C’è sempre davanti a noi la tentazione di idolatrare qualcuno e persino noi stessi. Accade quando interrompiamo in noi il fluire fecondo della linfa santificante che è Cristo e la sterilità si attorciglia attorno alle nostre intime radici per seccarle. Non più germogli. Non più frutti. Incombe l’inaridimento. La minaccia della doppiezza è veleno che si propaga inarrestabile per tutta la pianta della nostra vita. E ciò avviene quando il volto di Dio non è contemplato abbastanza, per innalzarci fino alla pienezza della Sua Grazia. Diciamolo, è dilaniante lo stare a metà, tra il regno di Dio e le passioni terrene! Specie per i credenti. Perché la doppiezza è insana! I Padri della Chiesa la definivano addirittura un cappio della morte, fiera selvaggia che divora l’anima. Essa è subdolo e dispotico asservimento al giudizio del mondo, misto a paura e ipocrisia, proprio come ci spiega il libro dei Proverbi. Rivolgiamo l’attenzione a questo versetto così esplicativo: “L’integrità dei giusti è la loro bussola; la doppiezza dei malvagi è la loro perdizione” (Pr 11, 3).

L’affidabilità non è affatto terra incognita per chi segue Cristo. Ne è semmai il volto caratterizzante! L’antidoto alla doppiezza. Sappiamo, infatti, che è netta la differenza tra la via della bontà e quella della malvagità. Non si possono percorrere entrambe. Si può scegliere una soltanto e assumerla come propria identità. Il bene di cui parla Gesù è sempre un’unione che avviene interiormente con la Sua salvezza. Ecco perché è vitale avere in orrore tutto ciò che è condanna e rovina. La sapienza sta sempre con gli umili, perché gli umili stanno sempre con Gesù! È questa la luce che ci porta a capire il discorso che Lui rivolge ai discepoli, quando consegna loro la regola d’oro, riportata da Matteo nel capitolo sette: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. È come dire: “L’altro è un altro te! Esiste come te, per essere amato!”.

Quando arriviamo a questa vetta indicata da Cristo, arriviamo ad intendere qualcosa di veramente eccelso: l’amore che noi rivolgiamo agli altri è frutto del nostro eccomi al Suo amore. Ad amare è sempre cioè Lui tramite noi! L’albero dai frutti buoni, menzionato da Gesù, è l’albero ben piantato nel giardino della Sua Parola. È questa unione con Lui che conferisce alla nostra vita la Vita che trabocca.

Bisogna tenere impresso il monito e incorporarlo nella nostra quotidiana orazione: “Parla, opera, ama, accostati agli altri, sapendo che Cristo sta parlando, operando, amando e abbracciando coloro che sono dinnanzi a te!”. Un’altra cosa che abbiamo quasi completamente rimosso è il fatto di non tenere più costantemente alla memoria il giorno del Giudizio. Forse, per secoli, questo tema purtroppo lo si è adoperato nel segno del timore e per incutere tremore nelle coscienze, ma se ponderiamo il suo reale significato, come effetto della forza della fede, allora dedicarsi all’incorruttibilità diviene un processo più gioioso e sicuramente più liberante.

Ritengo importantissimo l’avere impresso il pensiero del giorno del Giudizio, perché è come pregustare (magari ascoltando le note di Bach nel suo Adagio in D minore) il sorriso di Gesù, mentre ci dice: “Io ero con te, quando hai aiutato, quando hai usato toni di comprensione, quando non hai fatto pesare su nessuno dei tuoi fratelli il tuo sguardo. Quando hai scaldato i cuori delle tue sorelle, allontanando tristezza ed angoscia! Io ero con te, ogni volta che hai amato! Perché l’albero buono produce frutti buoni!”. È questo il premio della Giustizia. Non rinunciamo all’innesto nella Croce Redenta!

Ylenia Fiorenza