IL CAMMINO SINODALE DELLA CHIESA IN ITALIA

Cari amici,

Vi presentiamo ora, in questo inserto speciale, una decisiva scelta, fatta dai Vescovi delle Chiese in Italia, nella recente assemblea della CEI, che si è svolta a Roma, dal 24 al 27 maggio 2021. Si trattava di capire come impostare i prossimi cinque anni della realtà pastorale italiana. In gioco c’erano due opzioni:

  • Da una parte, l’invito della Santa Sede di attuare un sinodo a livello universale, proprio sulla tematica sinodale, che è stato pensato per la fine del 2023, con lo sguardo già al grande Giubileo del 2025. Intende coinvolgere tutti, a cerchi concentrici: diocesi, nazioni, continenti, mondo intero. Secondo le indicazioni del Vaticano, inizierà ai primi di ottobre 2021.
  • Dall’altra, si è pensato come Chiese che sono in Italia che un Sinodo generale, come ad esempio quello della Chiesa tedesca, sia molto difficile per la realtà italiana, così complessa e diversa, a tratti anche contraddittoria. Basti pensare la differenza tra Nord e Sud; tra città e campagne, tra i borghi interni e le periferie urbane…

Per queste ragioni, il dibattito in Assemblea fu vivace e variegato. Con tesi contrapposte. Adagio adagio, però è emersa la tesi di non realizzare un Sinodo italiano vero e proprio, ma un grande percorso di CAMMINO SINODALE. I gruppi di studio, soprattutto, hanno permesso di chiarire bene le due scelte, per giungere poi, nella mattinata di giovedì 27 maggio ad una scelta chiara: non un Sinodo italiano, ma un CAMMINO SINODALE.

Spetterà al Consiglio permanente dare ora indicazioni concrete, precise,operative per poter attuare questo percorso pastorale. A me la gioia di raccontarvi in queste pagine dello SPECIALE ASSEMBLEA CEI l’andamento del percorso attuato. Si tenga poi presene che il tutto è partito da una fondamentale riflessione: cosa ci ha insegnato la pandemia?Mettiamoci tutti alla sua Scuola!

Vi racconto dunque la bellezza di questa assise……

Ritrovarsi

E’ STATO MOLTO BELLO ritrovarsi tra noi Vescovi, nella recente Assemblea della CEI. Un sentirsi di nuovo uniti, fraternamente vicini. Un segno di coraggio e di resilienza: ci avete dato speranza, con voi abbiamo finalmente riaperto l’Hotel ci ha detto con le lacrime agli occhi la responsabile della grande struttura. Inizialmente, tanta attenzione, molteplici regole rigide. Osservate, certo, ma che non hanno impedito di guastare la fraternità episcopale.

Narrare

Ritrovarsi poi, per narrare in reciprocità quanto abbiamo vissuto in questo anno di pandemia è stato il l’inizio dell’incontro. Commovente ascoltare, con venerazione, la storia dei vescovi colpiti dal covid 19. Diverse. Ma tutte drammatiche. Alcune eroiche: l’otto marzo si è chiuso tutto. Sono sceso in curia per sistemare tante cose. Da solo. Il giorno dopo, un malessere generale. Il 10 avevo già la febbre a 39. Pochi giorni dopo, mi ritrovai in Ospedale, affrontando una quindicina di giorni intubato, tra mille ansie da parte mia ed una catena di preghiera, rassicurante, nelle chiese e nei monasteri, ci racconta commosso il Vescovo di Pinerolo. Tocca a noi, ora, raccogliere la lezione della storia e farne tesoro!

Fraterna la gioia. Ci sembrava di ritornare seminaristi. Con amici in gaiezza di sorrisi e di sogni. L’arte di narrare, infatti, resta sempre liberante. Si fa memoria di speranza. Il trauma raccontato ed ascoltato tra fratelli rende nuova la vita. Ricarica e rilancia. Condividere le sofferenze, personali, sociali o ecclesiali, ci fa sentire Dio più vicino, accanto a noi. Il nostro è un Dio che non elimina i problemi, ma li affronta con noi, ci aiuta a trasformarli, educandoci alla verità, umile e tenace, delle cose!

La presenza del papa

La presenza del Papa, per l’inizio dei lavori assembleari, è stato il lancio dell’assemblea. Subito, il papa è stato stupito della sede di Albergo scelto. Siete venuti a scegliere il Vescovo più bello?. Ma poi, dopo il saluto cordiale “Che bello, finalmente ci rivediamo in presenza, dopo due anni….! Come state?”, è stato capace di farci volare, nel serrato dialogo tra lui e noi Vescovi, con domande su tutti i campi, per ogni angolo dell’attualità religiosa e sociale. Franco e aperto nelle domande, l’episcopato; acuto il papa nelle risposte, sapendo anche glissare su domande troppo imbarazzanti!

Ci ha invitati a non essere mai “rigidi” con noi stessi e con gli altri, perché “rigido è chi è invece fragile nel cuore!”. E su invito di un vescovo, ci chiede di leggere l’Amoris Laetitia non partendo dal capitolo VIII, ma dal capitolo IV, che è la proposta di un amore sereno, pieno, maturo! La vera gioia dell’Amore sponsale.

Ci ha chiesto di credere nella spiritualità e bellezza del Sinodo, aprendo il cuore al soffio dello Spirito, in ascolto del grido della terra e dei poveri (Laudato SI!), con un NO secco alle armi. E’ infatti lo Spirito il primo attore del Sinodo, poiché “ipse armonia est”!

Ci ha spinto verso i giovani, riaprendo gli Oratori, praticando il volontariato, aprendoci alle Associazioni, tracciando un percorso di crescita con i fidanzati e le giovani coppie. Anzi, ai fidanzati e alle giovani coppie chiede di frequentare un catecumenato vero e proprio. E quando il papa parla di percorsi precisi, già si intravede un Motu proprio, come è recentemente avvenuto con i catechisti, in una strada ben tracciata.

Anche ai seminari si è rivolto, con chiarezza ed energia. Occorrono parole chiare, tenendo presente che nei Seminari non formiamo delle persone che guardano alle cattedre, pur nella preziosità dello studio, ma “Pastori, tra la gente, vicini, empatici, luminosi, capaci di ascoltare tutti, anche i mafiosi”. Per questo, ha indicato la Storia della Chiesa come anello di congiunzione tra la teologia e la morale, perché fonte di concretezza esperienziale e sapienziale, in ascolto attento delle lacrime di ogni tempo e di ogni cuore! Ci ha così invitati a rendere la formazione seminaristica intessuta di esperienze esigenti, in ambienti difficili, da integrare poi con la vita del seminario.

Altre domande sono state poste al Papa, ma non possiamo registrarle tutte, pur se belle ed interessanti: sui profughi, sul Mediterraneo, sul decreto Summorum Pontificum, sui peccati dei giornalisti, sulla Libia, sui vescovi emeriti…..Dalle sue parole, ci resta nel cuore una forte spinta alla speranza, al volo del cuore verso mete alte, superando la logica della paura. Non ci ha potuto salutarci, con suo vivo dispiacere, uno ad uno come era solito fare, perché pressato da inattesi seri impegni. E lo comprendiamo, pregando sempre per lui!

La saggezza di Bassetti

Il tono con cui ci ha parlato il cardinale presidente è stato di grande saggezza. Ha l’esperienza di chi, con la sua età avanzata, sa ancora affrontare il covid e ne esce rafforzato. Per questo, usa bene l’arte del raccontare, quasi da nonno, che può dire certe cose con semplicità e chiarezza. Ci ricorda tutto il cammino fatto dalla chiesa italiana dal Concilio in poi, con vescovi coraggiosi e i grandi convegni, come quello di Verona (2006), negli ambiti affrontati: cuore, lavoro e festa, fragilità, tradizione e cittadinanza. Per ricuperare poi Firenze (2015), con le cinque vie: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Ci indica Maria, come modello di riconciliazione, lei che sulla porta del Cenacolo accoglie anche chi come apostolo ha appena lasciato morire da solo il suo Gesù. Non scarta nessuno, proprio perché fragili, invitandoci anche noi, oggi, a riconciliarci con il mondo.

Le sfide che il cardinale sente urgenti sono queste:

  • Il parlare tutte le lingue, cioè la debole apertura missionaria; va invece ricuperata la grande passione deglii apostoli, nel giorno di Pentecoste;
  • La denatalità, che impoverisce fortemente soprattutto le aree interne, come il Molise;
  • La legge Zan,pur positiva nell’intento si fa ora fonte di grande confusione; richiede perciò ancora un tempo di ulteriore riflessione e confronto aperto, senza fretta;
  • Il Piano Nazionale Ripresa e resilienza, che ci coinvolge tutti, a cui noi possiamodare un nostro specifico contributo attuativo, con l’economia di Francesco, la apertura ai vaccini, la lungimiranza del cuore dei credenti, il sostegno alle povertà purtroppo sempre più diffuse.
  • Un No secco alla guerra, specie in Palestina per rendere invece mare “nostrum” in sicurezza il Mediterraneo, nel segno dell’unica famiglia dei credenti in Abramo, secondo il cuore profetico di La Pira, detestando la logica dei morti in mare, che sta facendo strage, anche di bambini!

E riassume il futuro delle nostre chiese in Italia in tre passaggi: imparare dalla pandemia la lezione della solidarietà; percorrere sentieri di riconciliazione, in ascolto delle ansie e domande degli uomini e delle donne di oggi; discernere l’essenziale. Cioè, tutti i compiti interni alla stessa proposta di un cammino sinodale per la Chiesa italiana.

La lungimiranza del Nunzio, mons. Tscherring!

Interessante la parola del Nunzi. Non un saluto freddo, ma un’analisi coraggiosa delle crisi attuali della Chiesa in Italia, con perle e rughe.

  • Parte dalla necessità di proseguire nella politica delle fusioni delle diocesi italiane, come si sta facendo recentemente con energia, in diverse regioni italiane!
  • Con i testi della Evangelii Gaudium, legge anche la debolezza della fede come è vissuta nel nostro paese: calo di missionarietà, fatica ad arrivare ai lontani nei crocicchi delle strade, gli ambienti di vita lasciati soli, senza cappellani né laici missionari (lavoro, sanità, ruralità, scuola, politica).
  • Ci chiede una conversione pastorale, basata soprattutto sull’unità dei presbiteri, nelle Unità Pastorali. Sia nelle città che nei paesi, poiché – diceva – siamo parroci di tutti!
  • Ci preoccupa la solitudine delle famiglie, specie in tempo di pandemia, che richiede da noi lo stile della custodia, per prendersi cura delle loro ansie e drammi (cfr.i femminicidi!).
  • Rilancia l’occasione di una crescita di qualità, per il Laicato, tramite il Motu Proprio dei catechisti, Antiquum Ministerium, dove è tratteggiata la figura di un catechista abile, capace, teologicamente e culturalmente preparato, che fa tesoro della sua esperienza di fede tra le periferie urbane e le zone rurali, con una catechesi incarnata e attrattiva. Solo così arriverà a tutti il Kerigma del Cristo Risorto!

 

 

La riflessione teologica del Vescovo Brambilla

 

E’ stato un intervento fondativo, relazione centrale dell’Assemblea, a cura di mons. Giulio Brambilla, teologo raffinato ed insieme pastore di lunga esperienza. Suggerisce gli atteggiamenti di fondo, sia per il Sinodo che per il cammino sinodale, con precise indicazioni che ruotano attorno a tre punti: Togliere il convegno di Firenze dall’archivio; non guardarsi allo specchio; partire dal basso.

Le indicazioni sono molto chiare. Tracciano una pista preziosa, per dirci che è necessario fare memoria della strada compiuta in questi decenni dalla Chiesa italiana. Il convengo di Firenze aveva messo al centro la figura di Cristo, come colui che parla all’uomo e lo rende più Uomo. Con lui, è possibile creare un nuovo Umanesimo. La cornice di Firenze lo aveva reso eloquentissimo. Cinque le strade indicate: uscire, abitare, educare, trasfigurare, annunciare. Con precise scelte di comportamento: una via di umiltà, per una Chiesa povera e gratuita, capace di annunciare con gioia la beatitudine del vangelo, senza potere e autoreferenzialità, priva di mantelli regali (come suggeriva il card. Montini). È la strada che deve percorrere anche oggi la chiesa in Italia, se vuole annunciare Cristo alla storia moderna, con tutte le sue laceranti contraddizioni.

L’ottica con cui lavorare sarà soprattutto l’ascolto dello Spirito santo. Non di schemi astratti. Chiedere alle Chiese locali una nuova infornata di missionarietà radicale dalla base. Così ora per noi, come chiesa italiana, è urgente sentire che il sinodo non è una Parlamento cattolico, non è un gioco di maggioranze né un percorso di diplomazie raffinate. Ma è un evento spirituale, che ci chiede soprattutto conversione e tanta comunione, retti dalla sinodalità come stile di vita ecclesiale. La forza starà nell’unire le due anime: la sinodalità e i gesti di comunione. Cioè, lo spirito e il corpo. Infatti, una sinodalità senza gesti di comunione effettiva diventa populismo. Come pure una comunione senz’anima sinodale è un cuore senza volto!

Ed il discorso è andato allora al grande Tommaso d’Aquino: unire la prudenza con il consiglio, nell’arte del discernimento, nello stile della misericordia, per leggere la realtà locale fatta consiglio reciproco, da vivere poi nell’eucarestia, come “plebs adunata nel nome del Padre, di Figlio e dello Spirito santo” (L.G. 4). La misericordia allora diventa inclusione di tutti, accompagnamento attento ed integrazione delle diverse componenti della chiesa locale. E’ la grande fatica di ogni sinodo: includere tutti! Anche i nemici, anche chi sembra non significativo.

E ci presenta infine un altro criterio che ci dovrà guidare: la laicità. Cioè l’attenzione alla storia, alla concretezza dei luoghi così diversi in Italia, con le loro tipicità, lo stile popolare vasto, che comprende il mondo giovanile, lo stile accademico, l’arte e la tecnologia, l’economia e la politica con l’attenzione ai media (cfr E.G 227). Tutte queste realtà così diverse vanno messe in dialogo diretto!

Gli interventi di alcuni vescovi.

Riporto per la sua chiarezza, che è poi risultata decisiva, l’intervento del Vescovo di Milano, mons. Del Pini, che ha chiesto di distinguere bene i due termini. La chiarezza terminologica infatti ora si rende necessaria, davanti alle scelte operative, tra Sinodo e cammino sinodale.

  • Per Sinodo si intende allora il programma prospettato dalla santa Sede, per il futuro Sinodo, che riguarderà proprio la stessa tematica sinodale, indetto per il 2023, ma che va iniziato nelle diocesi già dall’ottobre 2021. E’ un Sinodo dalle grandi prospettive, a cerchi concentrici: le diocesi, le nazioni, i continenti, il mondo intero. Tende a produrre un documento preciso, con scelte coraggiose e chiare, per un fecondo cambiamento di costumi.
  • Il cammino sinodale, invece, si concentra sulle attività ordinarie, vuole rilanciare i luoghi ordinari della sinodalità effettiva già in atto nelle parrocchie e nelle diocesi. Si estende al quotidiano, è interessato alla dimensione locale, affina i cuori, purifica gli animi nella fraternità e nel dialogo. Non è un evento, ma uno stile. Non tende a produrre documenti, ma punta sul cambiamento di stile, specie tra il clero e tra i vescovi. Valorizza soprattutto i consigli pastorali. Non è una cosa in più, ma un modo diverso di vivere le cose già messe in atto, già avviate. Vuole creare una maggiore comunione, per una più feconda missione pastorale! E’ un percorso, non un documento, nello stile delle indicazioni preziose offerte nella dalla E.G. 232! Il cammino sinodale è permanente; il sinodo è temporaneo!

            A questo punto ho inserito anche la nostra esperienza di sinodo della chiesa di Campobasso-Bojano, per evidenziare che abbiamo seguito le indicazioni orientative delle cinque vie di Firenze, aggiungendovi la figura di Maria, come Madre della Consolazione nel dolore diffuso. Ed il Liber Sinodalis, nella sua bellezza grafica e cura di ogni cosa, rende in pieno questo cammino, che ruota attorno ai sei doni: terra alleata, cuore rimotivato, casa aperta alla vita, famiglia che trasmette la fede ai figli, mete alte per i giovani, il dolore consolato in Maria Addolorata.

Come Vescovo di una piccola arcidiocesi delle aree interne, ho pure evidenziato due priorità pastorali, che sono per noi profezia di futuro: la pastorale rurale e la presenza nelle aree interne, insidiate dallo spopolamento, dalla crisi identitaria e dalla crescente scristianizzazione, con la scelta necessaria delle Unità pastorali, con quel Mai senza l’altro che vede in Maria di Magdala l’icona dell’annuncio nella gioia del Vangelo, che pone in sinodalità la corsa diversa di Pietro e di Giovanni, verso il Risorto!

LE SCELTE FUTURE DELLA CHIESA IN ITALIA

  • Far tesoro della pandemia.

La pandemia ci ha molto verificato e stimolato. E’stata una profezia, un autentico segno dei tempi, per noi tutti e per la nostra Chiesa in Italia. Ora ne dobbiamo fare tesoro, per cogliere il dito di Dio, partendo dalla grande veglia del 27 marzo 2020, in piazza san Pietro, presieduta dal papa Francesco.

  1. La pandemia ci ha stimolati a dare centralità alla Relazione, all’ascolto diretto, al valore del corpo nella sua fragilità, alla preziosità della prossimità come antidoto alla orfanezza (C.V. 217).
  2. Ha richiesto a tutti di ritornare all’essenziale, davanti al dolore e al lutto, per ripensare la nostra Teodicea e la nostra offerta di Escatologia, in una rinnovata centralità e qualità della fede.
  3. Ci chiede di essere creativi, a livello spirituale e pastorale, senza cadere nelle lagne o nei confronti nostalgici di un tempo passato, caduco, senza aver paura di perdere potere.
  4. Sentiamo che il Signore ci chiama ad inventare linguaggi nuovi, non inadeguati, cogliendo la diffusa attesa di felicità che si sta diffondendo, sapendola guidare, superando le tensioni limitate (legge Zan).
  5. La crisi e la povertà diffusa diventino per noi, come Chiesa, religiosi e preti, una grande occasione di nuove forme di solidarietà diffusa.
  6. Essere cioè credibili nella verità, come comunità senza trucchi, chiamando le cose con il loro nome, in un nuovo libero rapporto con la politica e con i soldi.
  7. Tanta vicinanza ai nostri preti, specie ai parroci messi in crisi per la fragilità delle presenze domenicali, empatici nelle loro solitudini; ravvivare lo zelo dei religiosi e suore; stimolare le associazioni laicali nella testimonianza eroica nel mondo, raccogliendo gli esempi belli che in tempo di pandemia ci sono stati offerti, anche tramite le recenti significative canonizzazioni.
  • avviare UN CAMMINO SINODALE

Perciò, raccogliendo questa lezione che ci viene dalla pandemia, in risposta alle indicazioni che ci sono state offerte da papa Francesco sul sinodo universale, la Chiesa italiana sceglie di COMPIERE UN FECONDO CAMMINO SINODALE, affidando ad un secondo tempo la scelta di vivere un vero e proprio Sinodo della Chiesa che è in Italia.

Come è stato scritto sopra, raccogliendo le indicazioni del Vescovo di Milano, la scelta è quella di dare valore alle realtà partecipative che sono già in atto nelle chiese locali. Rafforzare così la spiritualità e la mens sinodale. Essere attenti alle realtà del luogo. Non pensare ad un documento specifico, ma ad uno stile partecipativo e comunionale da diffondere. La chiesa italiana vuole DIVENTARE SINODO, PER POI CELEBRARE UN SINODO! Vanno perciò valorizzati i tantissimi sinodi della Chiesa in Italia, celebrati in questi anni fecondi di benedizione. Anzi, vanno tutti valorizzati!

Questa dunque la decisione finale: “Noi vescovi italiani decidiamo di dare avvio al CAMMINO SINODALE, affidando al Consiglio Permanente il compito di costituire e organizzare un gruppo di lavoro, con tempi e modi da suggerire, in sintonia con le indicazioni del Papa in risposta alla Nota del Sinodo universale (21.5.21), secondo le linee espresse nella carta di intenti e con le feconde riflessioni espresse in questa Assemblea CEI, che potrà essere ripetuta in Novembre 2021”.

Penso che questo inserto sarà prezioso per tutta la nostra Chiesa locale. Grazie a chi vorrà dialogare con me, su queste scelte, in limpido confronto.

p. GianCarlo Vescovo