Pastorale delle vocazioni: Santa e fidanzata

La venerabile della porta accanto: Sandra Sabattini

Santa e fidanzata. L’accostamento di queste due parole può suonare a primo acchito un ossimoro: «Ci sono gli sposi santi, i genitori santi. Ma non sarebbe bello avere anche una fidanzata santa?». Così don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, presentando Sandra Sabattini, rimarcava il suo fidanzamento vissuto non come ostacolo, ma come ulteriore prova di santità. Infatti Sandra con i suoi 23 anni ricorda al mondo d’oggi che la santità è l’esperienza cristiana vissuta integralmente, senza censure di alcun tipo, grazie alla quale può fiorire una pienezza di umanità. Sandra nasce il 19 agosto 1961 e vive con la sua famiglia a Misano Adriatico, vicino Rimini.

La sua fede cresce nel seno di due famiglie, quella naturale e la grande famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, allora ancora agli albori. Viene catturata dal carisma di don Oreste, un sacerdote che sa andare oltre gli schemi, innamorato di Cristo presente nei più piccoli. Grazie a lui nell’estate 1974 partecipa al soggiorno estivo per adolescenti a Canazei insieme a ragazzi con disabilità anche gravi. Sandra, tornando a casa, riferisce alla madre: «Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai». Così è stato.

Da quel momento Sandra non è tornata più indietro. Nel fine settimana e durante le vacanze estive condivide la vita con i tossicodipendenti nelle strutture di recupero della Comunità. «Era capace di farmi sentire una persona speciale», aggiunge un’amica e collega, «dopo la sua morte, ho scoperto che era la stessa cosa per tutti quelli che l’avevano conosciuta». Viveva con impegno la scelta di condivisione con gli ultimi ed in questa scelta non era sola, c’era anche il suo fidanzato Guido, anche lui volontario. Per loro il fidanzamento non era una gabbia, un modo per mettere al sicuro il proprio futuro, al contrario, si trattava di un dono che rendeva ancora più bello il dono per eccellenza: la vita. Scrive Sandra nel suo diario: «Non è mia questa vita che sta evolvendosi, ritmata da un regolare respiro che non è mio, allietata da una serena giornata che non è mia. Non c’è nulla a questo mondo che sia tuo. Sandra, renditene conto! È tutto un dono su cui il “Donatore” può intervenire quando e come vuole. Abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l’ora». Il 29 aprile 1984, domenica, si reca in auto con il fidanzato e un amico a Igea Marina, per partecipare all’assemblea della Comunità Papa Giovanni XXIII. Appena scesa dalla macchina, viene violentemente investita da un’altra auto. Le sue condizioni appaiono subito gravi e il 2 maggio Sandra nasce al Cielo.

Quando si approssima la canonizzazione di alcune figure giovani come Sandra, si corre spesso il rischio di parlarne in chiave iperbolica, trasformandoli in eroi e rendendoli distanti, fino a renderli antipatici nella loro perfezione. La verità è che stiamo osservando una ragazza normale che faceva una vita del tutto simile a quella di tanti ragazzi della sua età: frequentava il terzo anno di Medicina, amava lo sport, la musica, studiava il pianoforte, cantava in un coro. Tuttavia Sandra è beata e noi oggi ci chiediamo quale sia il suo monito, quale opera degna di nota possa aver lasciato una ragazza che semplicemente non teneva ad essere annoverata nel numero dei tanti “buoni cristiani”.

Nessuna grande impresa, se non vivere pienamente. Sandra appartiene alla schiera dei “santi della porta accanto”, come li ha definiti Papa Francesco (Gaudete et Exultate n.7), coloro che vivono vicino a noi e riescono ad essere un riflesso della presenza di Dio. Questi santi hanno i piedi ben piantati per terra, ma vivono questa esistenza con lo sguardo rivolto a Dio. Sanno cos’è la gioia di vivere, la speranza e le trasmettono nei gesti più semplici. Tale santità, come testimoniato dai quaderni e biglietti sparsi lasciati da Sandra, è alimentata da un fiume sotterraneo di preghiera e offerta quotidiana. È una santità “trasparente”, ovvero che traspare dal centro stesso di una personalità non adulterata. L’umanità esce così allo scoperto coi suoi pregi e difetti, non celati artificiosamente, perché nell’amore non c’è spazio per il timore (cf. 1Gv 4,18). Il monito di Sandra e il dono che il Signore vuole fare a ognuno di noi è proprio questo, un’umanità riconciliata con sé stessa e con il prossimo.

Gregory Pavone