E' davvero necessario accogliere Colui che viene?

IntraVedere. Cristo Gesù, Dio uomo o uomo Dio?

Qual è la cosa più straordinaria della nostra fede cristiana? È indubbiamente il fatto che il nostro Dio ha operato la venuta del Suo Figlio Gesù chiedendo l’assenso umano. In Dio non c’è traccia di alcuna imposizione. Non siamo chiamati alla sudditanza, ma solo alla figliolanza. Perché noi possediamo dentro quel principio di vita che è proprio di Dio. Ogni cosa che Dio, infatti, ci condivide è allo scopo di farcela amare. Non ha mai deciso nulla contro la nostra libertà. Anzi! L’amore di Dio, per operare cose stupende, esige, tutte le volte, la nostra collaborazione. Nulla compie da solo. Attende che noi lo ascoltiamo. Come fece Maria. E se ci pensiamo, nemmeno la creazione è conclusa, finché tutte le creature non si decidono a fare proprio il sogno stesso di Dio. È questa, sì, la caratteristica di Dio: elargisce, quanto più glielo permettiamo. Si dona a noi, quanto più lo accogliamo. La nostra libertà, non è allora un mezzo per dimostrare o imporre chi siamo o cosa bramiamo. La libertà è ben di più che un potere su qualcosa o sugli altri. È il dono dei doni, nel quale possiamo incontrare la pienezza di Dio, tutto Dio cioè! La libertà impiegata in altro, lo vediamo attorno a noi, diviene tragicamente un disordine, deliberato a discapito dell’uomo stesso, come contro-progetto al progetto di Dio. È la libertà l’affermazione del nostro essere figli di Dio. Siamo liberi perché figli! La libertà è l’agire di Dio. Ed è il Suo Spirito che ci conferisce la libertà.

In questi giorni di cammino interiore verso Betlemme, non tessiamo tele aggrovigliate di argomentazioni impossibili. Il cuore delle persone ha bisogno di sentire parole calde, essenziali, come lo sono le fasce che avvolgono il corpo di Gesù Bambino. Quando appesantiamo, snaturiamo! E tutto diventa incomprensibile. La Chiesa stessa ha necessità di continuare ad essere quella mangiatoia, che raccoglie tutti i piccoli della terra, che fa spazio a chi non ha dove posare il capo. Non sono, infatti, le nostre mani giunte o gli inchini infiniti che dicono al mondo che nei cristiani è presente l’amore portato in terra da Gesù. La gente ha bisogno di poter contare su di noi che crediamo nell’uomo Gesù che è Dio.

Non riduciamo poi l’appartenenza a Gesù come un agglomerato di soli comportamenti morali. Che triste, sì, quella “fede” che poggia solo su osservanze, su coercizioni, su repressioni! Gesù ha infuso nella nostra carne una sola cosa: l’amore verso il Padre e l’amore verso gli altri! Gesù è Dio che è presente come Uomo per gli uomini! Senza l’Umanità di Gesù non potremmo mai vivere la presenza di Dio. Continueremmo a crearci idoli, fantasia, teorie. È l’Uomo Dio, Gesù, il Rivelatore dei sentimenti di Dio. È il Dio Uomo, Gesù, che ha qualificato divinamente la nostra natura umana. Non guardiamo a Gesù come a Colui che è venuto soltanto per soffrire! È venuto soprattutto a guarirci. A liberare. A confermarci degni di amore. A restare con noi! Diciamole queste cose alle persone! Celebrandole nella vitalità! Tornando alla radice. Perché noi, nell’umanità di Gesù, non siamo più imbrattati di peccato, ma siamo un concentrato di salvezza. L’Incarnazione ha lo scopo di confermarci nell’amabilità.

Solo il volto che ci ha mostrato Gesù è il vero volto di Dio! Ritengo, infatti, che tutti gli “obblighi spegnitoio”, brevettati per farci avere invece paura di Dio e un’idea malata e falsata di Lui, di certo sono opera delle nostre umane manipolazioni. Dio è l’Innamorato! Per questo lo chiamiamo “Amore”. E, da Innamorato qual è, è Lui che s’impegna con noi, lasciandoci liberi di legarci o no a Lui. Nella Bibbia il significato di questa parola “impegno” denota, ovviamente, l’alleanza con Lui, ma nel senso più autentico si apprende che Dio si dona come “pegno”. Non si assume semplicemente l’impegno di realizzare o di dare qualcosa, ma dona se stesso, in Gesù.

Era bella quest’abitudine che praticavamo da piccoli. Con leggerezza, così per gioco. La capisco meglio oggi. Ho, ovviamente, un ricordo fanciullesco dei pegni, di quando dovevamo mantenere una promessa, assolvere una mancanza o restituirci qualcosa e davamo un oggettino personale, spesso era l’anellino che usciva in regalo nel sacchetto delle patatine, come garanzia che avremmo mantenuto la parola. Lo si custodiva come segno di quell’accordo, di quel piccolo debito di fiducia. E pur di recuperarlo, ci si adoperava a non infrangere quel patto, perché, una volta dato, qualcosa tirava dentro, fino a fare male. Ora, guardando a Dio, che si è fatto “pegno” d’amore per la nostra felicità, trovo lo spunto per entrare nell’immensa luce della culla di Betlemme, dove la divinità è data in pegno all’umanità. È questo che dobbiamo intravedere nel Dio che viene. Altrimenti ha tutto un sapore di sola tradizione e non più d’incredibile mistero. C’è tanto di Dio in noi e non ce ne rendiamo conto!  Se ripercorriamo il concepimento di Gesù, con un semplice “sì” si è compiuta la Promessa. Si evince perciò che sono i nostri “no” a Dio che ostacolano, che impediscono, che umiliano continuamente la Sua volontà di amarci. Quando penso alla venuta di Gesù, al fatto che il grembo di una donna, Maria, sia divenuto il centro dell’amore di Dio, provo un “sentimento” che è oltre la stessa gioia. Oltre l’intenerimento. È qualcosa che non ha nome, ma è quel nome soltanto: Gesù. Come non provare compiacimento nel comprendere queste cose! Comprendere la bellezza del nascere di Gesù è viverne la grandezza, la tremenda responsabilità che Lui è parte di noi, nell’adesso eterno. Ora che è uno di noi per sempre. Ora che si è fatto come noi, sì, Uomo! C’è di che gustare! La nostra umanità è da allora la sua “abitazione”. È questo che ha voluto dirci l’evangelista Giovanni col versetto del Prologo: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Gesù è l’Inizio. Per questo è la Vita. È Dio. E “senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1,3). In questo versetto ci sono dentro tutte le preghiere.

È il Bimbo Gesù che continua a sorreggere l’universo. In Lui, noi possiamo, infatti, vedere compiuto il duplice movimento che redime il mondo: quello di Dio verso l’uomo e quello dell’uomo verso Dio. Dio procede verso di noi come Uomo. E noi procediamo verso Lui, credendo che l’Uomo Gesù è Dio. Mi coinvolge, tutte le volte a messa, il gesto di chinarci, quando nel Credo preghiamo che: “per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria”. In quel gesto non c’è soltanto un atto di rispetto, di contemplazione del mistero dell’Incarnazione. È come se c’immedesimassimo in quel discendere da parte di Dio nel seno di dell’umanità, annunciato dall’angelo Gabriele, quando comunica a Maria che: “Lo Spirito scenderà su di lei” (cfr Lc 1,35). Per noi credenti questo diventa anche un modo per dire a Gesù stesso: scendi, Signore, nel nostro cuore, nelle nostre piaghe interiori, nell’intimo delle nostre speranze!”. Posto ciò, il frutto di tale consapevolezza, creduta e perciò professata, sta nel considerare che tutta la nostra fede è questa sola grande certezza: che Gesù è Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero! E noi siamo invitati a sorgere, a illuminare, a riscaldare, come stelle nelle tenebre, continuando a credere nell’Uomo Dio che è Gesù.

Ylenia Fiorenza