Nel cuore dell’Anno Santo della Speranza, il nuovo anno scolastico si apre con segnali di cambiamento e richiami profondi alla responsabilità educativa di genitori, insegnanti e comunità
Sfida epocale e novità del rientro
La scuola, vero semenzaio e laboratorio umano, anticipa rispetto alla stagione agricola la seminagione nel suo campo speciale. Settembre riapre i battenti delle sue scuole, dall’infanzia alle secondarie superiori. Da noi, in molti comuni – non solo nel capoluogo e nei centri più grandi – anche i nidi per i piccolissimi: la risorsa umana più preziosa per un auspicabile (siamo ricolmi di Speranza in questo Anno Santo della Speranza) futuro della nostra area interna.
La storia umana è stata sempre in evoluzione: lenta o rapida e rivoluzionaria; continuamente in fieri. Oggi, però, viviamo – più spesso subiamo e patiamo – il cambiamento più radicale e globale del mondo. Così totale e mondiale da essere definito non solo post-moderno, artefice di una società senza più capisaldi valoriali e perciò liquida (Bauman) o dittatrice del relativismo (Papa Benedetto), ma addirittura transumano (oltre l’umano). Una sfida inedita persino alla natura umana, per realizzare – con la tecnica avanzata e ingenti capitali – un uomo quasi divinizzato (post-umano) che mira ad annullare i suoi stessi limiti naturali.
Le ripercussioni negative che si ri-flettono nella palestra di lunga durata che è la scuola, dall’infanzia fino alla prima giovinezza, sono sotto gli occhi di tutti. Frequente povertà educativa di base, causata da famiglie sempre più divise e frammentate, disagio adolescenziale e… addirittura infantile. Sono rimasta sbigottita leggendo in questi giorni su Avvenire che dal Pronto Soccorso pediatrico dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, in pochi anni, sono decuplicate le richieste di consulenze psichiatriche. Lo psichiatra Mario Ballantini, che denuncia questa terribile situazione – incredibile per le riflessioni precedenti solo a prima vista – propone la necessità di nuovi approcci degli adulti con i bambini: non solo terapeutici, ma stabilmente effettuativi nei rapporti quotidiani.
Così non solo la pedagogia, ma la stessa psichiatria, sempre più impegnata anche con adolescenti e giovani, insegna – ai genitori soprattutto e alla scuola dell’infanzia – inequivocabilmente l’importanza basilare delle relazioni familiari e scolastiche nei primi anni di vita. Decisivi, quando le persone ai bambini lasciano delle impronte che poi non vanno più via, perché la forma rimane, ed è inevitabile che l’anima prenda forma.
Il tempo della scuola è fondamentale, ma siamo a un’istruzione che ha un significato diverso dal coltivare l’anima. Senza la speranza non sappiamo sostenere le grandi questioni della vita (pedagogista L. Mortari). Da adulti vaccinati (genitori, nonni, insegnanti, ex insegnanti) rapportiamoci seriamente ai bambini orfani: esiste forse per loro un farmaco più potente della Speranza Cristiana? Un accompagnamento più efficace di persone care e maestre… appunto di vita, che, animate da questa sovrannaturale virtù, curano le crudeli ferite della loro orfanezza?
Ci appare provvidenziale che sempre la Speranza Cristiana, in questo Suo solenne Anno, ci offra anche due novità scolastiche che, pur essendo specifiche per le superiori, possono favorire nuovi e più proficui percorsi educativi per ogni ciclo scolastico: via anche dalle aule delle Superiori gli smartphone, e gli esami di Stato ri-nominati Esami di Maturità.
Le due novità delle Superiori
Già una circolare dello scorso giugno del Ministero dell’Istruzione disponeva, per questo nuovo anno scolastico, anche per gli studenti del secondo ciclo di istruzione, il divieto di utilizzo del telefono cellulare sia durante le ore di lezione sia per tutto il tempo di permanenza all’interno dell’istituto. L’eccezione viene riconosciuta solo a studenti e studentesse con piani didattici personalizzati che richiedono l’ausilio di tablet, mentre viene confermato l’impiego degli altri dispositivi tecnologici e digitali (PC, tablet e lavagna elettronica) solo per finalità didattiche.
Decisione normativa che salutiamo come benvenuta (anche se avremmo preferito una scuola con il metodo preventivo di San Giovanni Bosco, senza bisogno di divieti), perché numerosi studi hanno evidenziato i danni educativi e sanitari (riduzione della capacità di concentrazione e di apprendimento, rischi di ansia, insonnia) di un eccessivo uso dello smartphone da parte degli adolescenti, con conseguente isolamento sociale. Leitmotiv anche di Papa Leone, non certo digiuno di uso digitale. Nelle giornate giubilari dei giovani ha rimarcato che la bulimia delle connessioni dei social media sta ammalando la società, sta riducendo l’uomo a strumento di mercato, merce a sua volta.
La persona non solo non è merce da trattare a piacimento, ma nemmeno solo intelligenza e… ancor più solo intelligenza artificiale. Gli insegnanti, sia quelli con una minima consapevolezza pedagogica e didattica sia gli altri eccellenti – che non mancano – tutti quelli che uniscono alla competenza la passione, sanno che solo innescando processi integralmente educativi (favorendo relazioni, inclusioni, emozioni, motorietà, conoscenza di sé stessi, delle proprie attitudini, del mondo reale, responsabilità collettiva) possono portar fuori (ex ducere, dal latino) il meglio dei propri discenti.
Una scuola, insomma, intesa come comunità educante: non luogo di prevalente o esclusiva istruzione finalizzata a premiare i meritevoli – dai quali osa prendere il nome – e a scartare i non meritevoli. Ma questo come, pratico e sperimentale, è tutt’altro che assicurato, mi riferiva, con profonda consapevolezza, una prof.ssa di lettere della Scuola Media Inferiore. Manca, secondo lei, una sistematica e supplementare preparazione pedagogica-didattica che accompagni gli insegnanti nella temperie dell’attuale emergenza educativa.
E aggiungeva: non bastano più i corsi e corsetti che ci offrono e le nuove linee nazionali del nostro Ministero che nuove non sono affatto: non vanno oltre i programmi scolastici, costituiscono semplicemente un rimescolamento di argomenti del passato senza rispecchiare le nuove esigenze didattiche epocali dei ragazzi.
Siamo, secondo questa docente, appena all’inizio. Inizio dell’inizio, che segna già, comunque, l’alba di una nuova mentalità e visione scolastica da parte dei docenti. Ma l’alba può diventare meriggio con l’altra novità, più strettamente educativa: non più esame finale di Stato all’ultimo anno delle superiori, verifica sostanzialmente di prestazioni contenutistiche, ma più propriamente ritorno all’Esame di Maturità, che ci auguriamo diverso dal precedente.
Novità sostanziale, non più differibile. È stata sollecitata – resa operativa, infatti, solo pochi giorni prima dell’apertura della scuola – in sede di esame orale, dalla contestazione coraggiosa ed esemplare di pochissimi studenti, questi sì meritevoli, che o si sono rifiutati di parlare o ne hanno criticato il procedimento.
La maturità scolastica, come fondamentale paradigma educativo, richiede a tutta la Scuola un balzo a 360 gradi. Non riguarda solo l’esame finale, ma la qualità dell’intero percorso scolastico. Chiama, altresì, a raccolta tutti gli altri rapporti educativi. In primis i più diretti, quelli familiari. Solo una scuola che fa crescere, maturare, tutti i bambini, i ragazzi, i giovani più giovani (nessuno escluso), in ogni fase del loro sviluppo evolutivo, può… finalmente definirsi nuova!
È tornata a suonare la campanella annuale, ma per la prima volta anche un’altra storica: quella di mettersi in gioco in maniera nuova.
Rosalba Iacobucci




