UN'ESPERIENZA DI FRATERNITÀ IN TUSCIA

INSIEME COME FRATELLI

«Oh, com’è bello e gioioso stare insieme come fratelli!» Con queste parole, tratte da un passo della Sacra Scrittura, abbiamo, insieme al nostro Arcivescovo, condiviso alcuni giorni di fraternità, probabilmente per la prima volta dopo molto tempo, dal 7 al 10 luglio scorso. Il desiderio di trascorrere del tempo insieme, lontano dai nostri luoghi di ministero, ci ha spinto a organizzare questa esperienza, grazie all’interessamento di don Giovanni Di Vito e don Antonio Arienzale. La meta scelta è stata la Tuscia, una zona che abbraccia Lazio, Toscana e Umbria. Nonostante le difficoltà di programmare l’incontro in un periodo estivo pieno di impegni, siamo riusciti a radunarci in dieci, sperando che l’anno prossimo saremo in più. In ogni caso, come in tutte le cose, ciò che conta è iniziare.

Ci siamo ritrovati lunedì 7 luglio a Bojano e con nostri mezzi di trasporto, ci siamo diretti verso la destinazione. Non siamo viaggiatori esperti e, infatti, il viaggio non è stato senza difficoltà, specialmente quando si è trattato di raggiungere il luogo di accoglienza, situato nel cuore del centro storico di Viterbo. Nonostante qualche errore di percorso, con le nostre auto che si sono trovate a percorrere strade strette tra case e specchietti dei mezzi parcheggiati, non ci siamo lasciati abbattere. Dopo qualche giro in tondo e qualche richiesta di aiuto ai paesani, finalmente siamo arrivati al Nazareth Residence, accolti con entusiasmo dai gestori. La struttura, pur non essendo un hotel di lusso, è risultata molto accogliente e dispone di una cappella che ci ha permesso di pregare e celebrare la Santa Messa insieme. Dopo aver sistemato i bagagli, ci siamo avventurati alla ricerca di un ristorante per il pranzo e nel pomeriggio abbiamo passeggiato per il centro storico di Viterbo, ammirando la bellezza di un centro medievale ben conservato. La nostra visita si è conclusa con una sosta al Duomo, dove abbiamo potuto ammirare l’imponenza e la storia millenaria del luogo.

Il martedì ci ha portato a scoprire il Museo e il Palazzo dei Papi, luoghi che raccontano la storia del primo conclave della Chiesa, celebrato tra il 1268 e il 1271. Abbiamo visitato anche la Basilica della Santissima Trinità, affidata agli Agostiniani, un altro angolo di spiritualità e storia che ci ha arricchiti. Mercoledì, invece, ci siamo recati a Bolsena, un luogo profondamente legato alla nostra Diocesi, grazie alla figura di Santissima Cristina a Sepino. Qui abbiamo celebrato la Santa Messa sull’altare del miracolo eucaristico del 1263, visitando anche le catacombe, dove ci siamo immersi nel mistero che quella terra custodisce. Nel pomeriggio, abbiamo proseguito verso Orvieto per visitare il Duomo, che custodisce gran parte delle reliquie del miracolo eucaristico di Bolsena, e la Chiesa di Sant’Andrea, costruita su antichi reperti storici. Abbiamo poi fatto un giro per il centro della città, scoprendo angoli nascosti e affascinanti.

Il giovedì, durante il viaggio di ritorno, ci siamo fermati a Castelpetroso per celebrare la Santa Messa, ringraziando Maria per questa breve ma intensa esperienza. In quei giorni, non sono mancati momenti di dialogo e confronto. L’obiettivo di questo viaggio, infatti, non è stato solo quello di visitare luoghi diversi e rilassarci un po’, ma soprattutto di sperimentare la bellezza di stare insieme. In qualità di preti diocesani, soprattutto in paesi di montagna, non capita mai di poter trascorrere più di qualche ora in vita fraterna, quindi l’opportunità di condividere insieme del tempo è stata preziosa.

Questa esperienza ci ha fatto bene e ci ha motivati a continuare il nostro ministero con la consapevolezza che non siamo soli. Abbiamo confratelli pronti a darci una mano, e il confronto con sacerdoti più esperti ci ha permesso di ricevere consigli utili per il nostro cammino. Il viaggio è stato anche un’opportunità per raccontarci le nostre esperienze, gioie, timori, certezze e perplessità, speranze e delusioni. Abbiamo capito che i nostri modi di fare e di essere, pur essendo orientati al “bene nostro e della Santa Chiesa”, necessitano di un continuo miglioramento, sempre con il Vangelo in mano e con un’apertura all’altro.

Non sono mancati anche momenti di correzione fraterna, fatta nel pieno rispetto delle persone e senza paura di essere giudicati, ma piuttosto sostenuti nel nostro cammino. In quei giorni, ci siamo anche ricordati di non prenderci troppo sul serio, imparando a sorridere di qualche piccola gaffe o episodio del passato raccontato da qualcuno. Visitando le diverse zone, siamo venuti a conoscenza di dinamiche lavorative a volte poco chiare e al limite della legalità. Questi momenti ci hanno fatto riflettere su quanto sia importante comprendere la realtà in cui vivono i nostri fedeli. È nel stare tra loro, anziché dietro la scrivania del nostro ufficio parrocchiale, che possiamo davvero ascoltare le loro esigenze.

Come ci ha insegnato don Tonino Bello, benedicendo una nuova porta di bronzo, le porte delle nostre chiese dovrebbero essere orientate verso l’esterno e non verso l’interno. Noi, come cristiani, non possiamo rintanarci nelle sicurezze delle nostre sacrestie, ma dobbiamo uscire per stare tra la gente. In questo modo, un prete può dare il meglio di sé, creando empatia con i fedeli. È solo vivendo insieme, come confratelli, che possiamo crescere in santità di vita. E, infine, è nel pregare insieme che possiamo sostenerci a vicenda, consapevoli che siamo sacerdoti per Dio, per noi stessi e per il popolo che ci è stato affidato.

don Angelo del Vescovo