“Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro” (Laborem Exercens)

LA DIGNITÀ DEL LAVORO: LAVORARE PER VIVERE O VIVERE PER LAVORARE?

La Laborem Exercens, l’Enciclica di san Giovanni Paolo II,  stabilisce che “l’uomo, mediante il lavoro, deve procurarsi il pane quotidiano e contribuire al continuo progresso delle scienze e della tecnica, e, soprattutto, all’incessante elevazione culturale e morale della società, in cui vive in comunità con i propri fratelli.” Anche per Papa Francesco, a cui stanno a cuore i problemi sociali, “è il lavoro che conferisce la dignità all’uomo, non il denaro”. Il lavoro è funzionale al sostentamento, alla crescita culturale e morale sia individuale che collettiva. La Costituzione stabilisce che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Spetta allo stato rimuovere gli ostacoli che non rendono effettivo tale diritto. Il lavoro non è solo il mezzo attraverso cui ci si procura da vivere, ma anche l’occasione di mettere a frutto le proprie capacità, contribuendo al miglioramento della comunità. Anni di lotte hanno determinato, per i lavoratori, conquiste sempre più importanti. Attraverso interventi legislativi nazionali e comunitari sono stati loro riconosciuti il diritto alla tutela della salute sui luoghi di lavoro, a un’adeguata retribuzione, alle ferie, alla conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi di vita.

Lavoro e dignità

Martin Luther King affermava che “ogni lavoro ha la sua dignità”. In nome della flessibilità sono state ridotte le tutele ai lavoratori creando nuove forme contrattuali: i cosiddetti lavori atipici. Questa trasformazione ha prodotto grande disuguaglianza e impedisce ai giovani di programmare  il proprio futuro. Molte volte i ragazzi sono costretti ad accettare contratti a breve termine senza alcuna certezza del loro rinnovo. Papa Francesco dice “anche oggi ci sono tanti schiavi del lavoro per sopravvivere: lavori forzati, malpagati, con dignità calpestata”. Il diritto al lavoro è stato mercificato, i salari sono sempre più bassi; spesso si è costretti a effettuare più lavori per poter sopravvivere. L’ossessione di ridurre i costi del lavoro ha prodotto maggiori disuguaglianze, aumentate in modo esponenziale, creando persone non in grado di essere autosufficienti. Come è possibile ridare dignità al lavoratore e al lavoro? Certamente non utilizzando gli algoritmi che misurano i rendimenti e le tempistiche di lavorazione! I casi dei dipendenti di Amazon e Uber sono due esempi emblematici. Anche i lavoratori stagionali, del turismo, dell’agricoltura, dello spettacolo e quelli del sommerso, sono stati lasciati senza alcun tipo di tutela e sostegno economico.

Diritto o merce?

Ci si chiede: il lavoro è un diritto o una merce? A causa della pandemia si è passati dalla catena di montaggio alla connessione in rete. Il distanziamento imposto ha prodotto il ricorso allo smart working. A parere di chi scrive il lavoro da casa rende più difficile la difesa dei propri diritti e indebolisce la forza contrattuale del lavoratore. La pandemia, inoltre, ha evidenziato come settori fondamentali della società – sanità, istruzione, ricerca – siano stati mortificati dalle riforme che si sono succedute. Spesso il buon funzionamento di alcuni servizi è demandato esclusivamente alla buona volontà dei singoli. Occorrerà, quindi, una nuova attenzione verso questi settori strategici, investendo risorse sia umane che materiali. La ricorrenza del 1° maggio, festa dei lavoratori, sia occasione per ricordare tutte le lotte per i diritti di chi lavora e per rimettere al centro sia le prerogative che la dignità dei lavoratori. Giuseppe Di Vittorio diceva “i padroni non considerano il lavoratore un uomo, lo considerano una macchina, un automa. Ma il lavoratore non è un attrezzo qualsiasi, non si affitta, non si vende. Il lavoratore è un uomo, ha una sua personalità, un suo amor proprio, una sua idea, una opinione politica, una fede religiosa e vuole che questi suoi diritti vengano rispettati da tutti e in primo luogo dal padrone”.

                                                                                                          Silvana Maglione