Speciale Papa in Iraq

Iraq: La pace del Papa penetra nei campi di battaglia

Sulla via del suo ispiratore San Francesco, il Papa si è messo in pellegrinaggio quaresimale verso l’oriente e ha raggiunto la terra di Abramo, padre dei credenti nel Dio unico. Lo ha fatto affrontando la pandemia, le tentazioni e le paure che l’umanità sta vivendo, per essere vicino al suo popolo, per ribadire l’importanza del camminare insieme, tutti, musulmani, cristiani, ebrei, sabei e iazidi, come fratelli, per “costruire il futuro più su quanto ci unisce che su quanto ci divide», come già era stato espresso nella dichiarazione di Abu Dhabi.

Con sette discorsi in quattro giorni di viaggio in Iraq, Papa Francesco ha riaffermato il ruolo di questo paese nella scena internazionale come luogo di pace e d’incontro tra religioni e culture e non più come terra di conflitti, guerre e persecuzioni. Per la prima volta un Sommo Pontefice ha visitato l’Iraq, determinando un evento di importanza storica accompagnato da immenso entusiasmo, tanto da indurre il premier iracheno a proclamare il 6 Marzo giornata nazionale della tolleranza e della coesistenza.

Benedetti dal sangue dei martiri

Tacciano le armi! Si dia voce agli artigiani della pace”. Dopo queste prime parole che riassumo la sua missione in Iraq, nella Cattedrale di Sayidat al-Najat (nella quale l’attentato nel 2010, provocò 48 morti e un centinaio di feriti) il Papa ha rinnovato la fiducia nella forza della croce dichiarando “siamo benedetti dal sangue dei nostri fratelli e sorelle che qui hanno pagato il prezzo estremo della loro fedeltà al Signore e alla sua Chiesa”. Il Papa vuole che il ricordo di questo sacrificio rinnovi la fiducia nella forza della croce e nella riconciliazione.

Il Papa, essendo consapevole delle difficolta interne alla Chiesa Orientale, si rivolge ai pastori cristiani ricordando loro di essere “servitori del popolo e non funzionari dello stato”, soprattutto in un momento cosi doloroso in cui i giovani e tutto il popolo ha un immenso bisogno di essere servito e soccorso.

Tutti fratelli

Ogni incontro in nome di Dio, anche tra diversi, rivela il volto di Cristo. A Najaf, terra dell’Imam Ali famoso per la sua dichiarazione: “Gli esseri umani sono due tipi, o un tuo fratello nella religione o un tuo pari nella creazione”, il mondo ha contemplato due capi religiosi che si rivolgevano l’uno l’altro con emozione e modestia e ha capito l’importanza concreta della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose per il bene dell’intera umanità. Il fratello cristiano ringrazia per ogni gesto che difende i deboli e i perseguitati e ripete la sua preghiera a Dio, creatore di tutti, per la pace in Iraq e in tutto il mondo. Il fratello sciita chiede che “le grandi potenze diano priorità alla ragione e alla saggezza, rinunciando al linguaggio delle guerre”, e invoca libertà e sicurezza, per i cristiani e tutte le minoranze, perché sono tutti cittadini uguali.

Figli di Abramo

A Ur, tra letture e canti delle diverse religioni, ringraziando Dio per Abramo, padre comune nella fede, si sono incontrati i leader religiosi in unità per proclamare con il Santo Padre che la religione deve servire la causa della pace e dell’unità tra tutti i figli di Dio. Chi segue Dio e guarda le stelle non può non essere fratello per tutti, “l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello”. La violenza e l’odio sono un tradimento della religione. L’inimicizia e la mancanza del rispetto dell’altro conducono all’aggressività e alle guerre. Il cammino della pace, invece, comincia dalla rinuncia ad avere nemici, realizzando una profezia antica che dice che i popoli spezzeranno le loro spade e delle loro lance faranno falci.

Gli ultimi sono i privilegiati da Dio

Dalla cattedrale di San Giuseppe a Bagdad, il Papa ricorda ai cristiani sofferenti e scartati, agli iazidi e a tutti i perseguitati, che per Dio “chi ha più potere è sottoposto a un esame rigoroso, mentre gli ultimi sono i privilegiati di Dio”. Con queste parole, il Papa assicura che, alla fine, l’amore che fu più forte del male sulla croce e più forte della morte nel sepolcro, vincerà. I martiri cristiani in Iraq, che hanno subìto offese, persecuzioni e martirio, e che hanno sopportato tutto ripagando il male con il bene, rappresentano quindi una vittoria e non una sconfitta. Saranno loro i realizzatori delle beatitudini e alla base di una trasformazione dell’Iraq in una terra migliore. “Il mondo si cambia con le beatitudini” ha detto il Papa. Nell’attesa di questa trasformazione bisogna amare ed essere pazienti. “L’amore di Gesù non si sdegna e non si scoraggia ma riparte sempre”, afferma il Papa. “La pazienza di ricominciare ogni volta è la prima qualità di quest’amore”. I cristiani sono dunque chiamati a rifiutare la fuga e a difendersi con l’amore.

Preghiere e speranze

A Mosul, capitale del governatorato di Ninawa (Ninive) e della missione di Giona, davanti ai resti della cattedrale distrutta dall’Isis, che ha distrutto anche le 14 chiese della città, rimangono solo poche decine dei cristiani. Qui il Papa ha pregato per le vittime e ha dichiarato che la perdita dei cristiani in Oriente e in Iraq è un grande male. Egli punta sulla speranza nella riconciliazione e nel ritorno dei cristiani in questa terra.

Durante la messa conclusiva del suo viaggio celebrata ad Erbil, dove i cristiani perseguitati si sono rifugiati, il Papa dichiara che l’ultima parola è il perdono. Egli sa bene che la guarigione dalle conseguenze delle guerre richiederà molto tempo, ma ciò nonostante egli incoraggia a non perdere il coraggio. La potenza e la sapienza di Dio si rivelano nella misericordia e sulla croce, non nella vendetta o nelle ipocrisie. Ciò che rende la chiesa viva e cambia la vita è il potere del Vangelo.

Alle preghiere e speranze si aggiunge il ringraziamento della Chiesa irachena a Dio e al Papa per il suo messaggio di pace che è diventato un dono per tutto il popolo.

 Dio è amore

Per sintetizzare, il Dio di tutti è Dio della vita, della pace e dell’amore. “Se Dio è il Dio della vita – e lo è –, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace – e lo è –, a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore – e lo è –, a noi non è lecito odiare i fratelli”. Con queste parole che hanno girato il mondo, il Santo Padre ha riassunto il messaggio portato in terra di Abramo. “Dio è amore”, ha proclamato San Giovanni Evangelista. L’amore fa la giustizia, la giustizia fa la pace e la pace fa bella la vita insieme.

Ora tocca a noi

“Ovunque c’è un bisogno, io sono pronto a venire” ha detto un giorno Papa Francesco. E noi sappiamo che egli è un Papa che realizza ciò che dice. Ha raggiunto l’Iraq tra mille pericoli. Non possiamo dimenticare le minacce dell’Isis che voleva arrivare persino a Roma e distruggere la civiltà cristiana.

Dopo questa visita-miracolo nella terra dove la convivenza e la diversità religiosa come grazia e preziosa risorsa umana affrontano una dura prova, ora tocca agli iracheni fare la loro parte. Occorre realizzare il cambiamento positivo e “mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile”, come ha detto il Papa già nel suo primo discorso nel palazzo presidenziale di Bagdad. Tocca ai governanti del mondo fare proprio l’atteggiamento del Papa “penitente che chiede perdono al Cielo e ai fratelli per tante distruzioni e crudeltà” e capire che “la religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza”. Il mondo, infatti, ha bisogno di governanti che si rammarichino delle distruzioni causate alla natura e alla gente, e che facciano uso della religione non più per interessi politici ed economici, ma come strumento d’innalzamento di tutti come fratelli verso il Padre nostro.

A tutti infine tocca pregare. Il Santo Padre non cessa mai di chiamare alla preghiera e alla speranza. Quanto abbiamo pregato! Si, ma perseveriamo chiedendo forza divina contro il male. La preghiera suscita sentimenti di pace e di accoglienza di cui il nostro mondo ha tanto bisogno. Tocca a noi anche, sia in Oriente sia in Occidente, accogliere i frutti spirituali del viaggio pontificale per illuminare la nostra riflessione e proporre nuove vie di conversione e di progresso.

Domande pertinenti

Come ogni notizia, la visita del Papa in Iraq, pur essendo oggi la notizia con la “N” maiuscola, cederà il posto ad altre notizie e verrà un po’ dimenticata. Nonostante questo, sicuramente resterà per sempre nella storia del mondo e della chiesa come sorgente di fratellanza e di pace. Questa visita del Papa a Abu Dhabi potrà dare origini a discussioni e polemiche come quelle sulla politica del perdente e del vincitore, sulla visione del rapporto tra religioni e una ipotizzata religione globalizzata, sui problemi infiniti del Medio Oriente soprattutto tra Palestina, Israele e mondo arabo. In gran parte però darà origine a domande pertinenti e concrete:

Torneranno i cristiani in Iraq dopo le persecuzioni fatali e dopo la perdita di tutti i loro beni?

Non sarebbe forse lo stato civile, come sistema di governo, che ridurrà i conflitti tra le religioni? Accetteranno i musulmani un sistema civile più democratico di governo?

Considerato l’annoso problema del conflitto sciita-sunnita, il Sommo Pontefice può svolgere il ruolo di mediatore tra le due correnti? Può essere addirittura un mediatore tra gli sciiti stessi che sono divisi politicamente?

Che cosa diciamo agli scettici che hanno scorto in questa visita solo un buonismo poco utile per la realtà concreta o per un umanesimo in cammino?

Possono i cristiani di oggi, soprattutto quelli responsabili della politica internazionale e nazionale, splendere con lo spirito del Vangelo e la forza di Gesù salvatore che il Papa ha dimostrato in Iraq?

Cesseranno in Iraq gli interessi di paesi terzi al fine di calmare le tensioni intra-islamiche?

Un’ultima domanda (anche se le domande non finiscono mai) la traiamo dalla prima udienza del Papa appena tornato dall’Iraq: Chi vende le armi ai terroristi?

Conclusione

Finiamo con queste parole del Papa invocando pace per tutto il mondo. “Salam, salam, salam! Dio vi benedica tutti! Dio benedica l’Iraq!”

padre Abdo Raad